foto da Quotidiani locali
TRIESTE Otto bambini palestinesi, cinque con ferite di varia entità e tre affetti da gravi patologie, troveranno cure e accoglienza all’Irccs Burlo Garofalo e poi presso religiose e famiglie della regione Friuli Venezia Giulia, sfuggendo agli orrori della guerra. Un’operazione umanitaria complessa e messa in moto da una macchina della solidarietà creata da privati cittadini e rimbalzata attraverso vari Stati, dal Regno Unito alla Romania. È la prima operazione di questo tipo in Italia.
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I bambini palestinesi precedentemente arrivati nel nostro Paese, infatti, erano giunti grazie ai corridoi umanitari, trasportati a spese dello Stato. Questa volta, invece, un aereo privato ha ricevuto il difficile via libera dall’Egitto ad atterrare in una base militare, e i bimbi e i parenti che li accompagnano hanno ricevuto l’ok a lasciare il Paese nordafricano. I bimbi e i familiari, 21 persone in tutto, se tutto va come da programma, dovrebbero arrivare a breve all’aeroporto di Ronchi dei Legionari.
«Li accoglieranno ambulanze e furgoni messi a disposizione dalla Regione tramite la Protezione civile», spiega Barbara Fari, la responsabile dell’accesso all’offerta sanitaria per i pazienti non iscritti al servizio sanitario nazionale del Burlo e organizzatrice della missione su mandato del direttore generale Stefano Dorbolò. «Saranno poi trasportati al Burlo – prosegue Fari –, dove gli sarà fatta una prima visita». In una prima fase «alcuni saranno ospitati alla foresteria dell’ospedale, altri nella struttura della Abc (l’Associazione per i Bambini Chirurgici del Burlo)», spiega ancora Fari.
«I bimbi con amputazioni, una volta stabili, saranno accolti da delle religiose a Udine e continueranno a venire al Burlo per i controlli – continua – fino a che non potranno andare a Budrio in Emilia per ricevere le attenzioni di un centro specializzato in protesi e riabilitazione». Mentre i restanti bimbi «saranno accolti da famiglie già coinvolte in precedenza nell’accoglienza di piccoli ucraini e le loro famiglie. Il prefetto ci ha detto che non c’era posto per i bambini e le loro famiglie nel sistema di accoglienza, satura per la rotta balcanica», conclude Fari.
Tutto nasce dall’Ong inglese Save a Child, guidata da Sally Becker, un’organizzazione con cui collabora Marino Andolina, già pediatra del Burlo, in pensione, che con la Ong è andato in vari teatri di guerra, incluso l’Iraq ai tempi dell’Isis. Save a Child identifica i bambini da portare in salvo, Andolina contatta il Burlo e riceve il via libera da parte del direttore generale, che così «riporta il Burlo all’attività internazionale di cura che lo caratterizzava e che stava perdendo», commenta il medico in quiescenza.
Alcuni dei bimbi hanno bisogno di cure a ferite e protesi, altri sono affetti da talassemia e necessitano di un trapianto, altri hanno altre patologie. Becker riesce a raccogliere i quasi 80 mila euro necessari per provvedere al viaggio dell’privato. Nel frattempo «il vescovo greco-cattolico di Oradea in Romania, Virgil Bercea sensibilizza il vescovo emerito di Udine, Andrea Bruno Mazzoccato – racconta Fari – il quale organizza l’ospitalità a Udine».
Ma dal momento in cui iniziano le trattative passa un mese, «in questo tempo abbiamo perso un paziente – commenta con amarezza Andolina –, una famiglia si è tirata indietro perché non è stato concesso loro di far uscire il fratello maggiore del bimbo a rischio di vita perché a 17 anni poteva essere un combattente». «Questo piccolo in particolare aveva già ricevuto un trapianto in Israele – prosegue il medico – ma non aveva funzionato. Tutti avevano ricevuto cure nello Stato ebraico, la comunità medica è diversa dalla classe politica», specifica Andolina.
Ieri la conferma: ci sono i visti per l’Egitto per Andolina e Fari, c’è il disco verde all’atterraggio del velivolo privato in un aeroporto militare egiziano e i bimbi sono usciti dal valico di Rafah. Andolina e Fari partono in macchina per raggiungere Milano e decollare poi da Malpensa. Andolina aggiunge: «Appena tornata, Barbara partirà per il Kurdistan iracheno e io per la Libia».
Il giornalista e scrittore Paolo Rumiz si è fatto intanto portavoce dell’iniziativa per «sollevare un’onda emotiva forte» a suo sostegno. «È stata attivata una raccolta fondi - annuncia Rumiz -. Le offerte andranno fatte con bonifico alla Fondazione Burlo Garofolo Ets con causale “Supporto bambini di Gaza trattati dal Burlo”». Rumiz si è attivato subito, anche perché «è il riconoscimento che esiste anche un’altra città di Trieste, non solo quella del Silos», afferma.
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