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Questo Zverev romano è forse il favorito n.1 anche al Roland Garros-

Impressionante il modo in cui ha dominato Jarry nei suoi 10 turni di servizio, cedendo appena 5 punti. Aveva raggiunto tre semifinali di fila a Parigi quando c’erano tutti i migliori che quest’anno…non saranno tali

Da Roma, il direttore

Non mi era mai capitato di assistere a una finale di un torneo sulla terra battuta – e soltanto fra Roma (50) Montecarlo (50) e Roland Garros (48) ne ho viste 148 – nella quale un giocatore avesse vinto 37 punti dei primi 39 al servizio.

Avrebbe potuto accadermi, ma confesso che non lo ricordo, a Wimbledon quando l’erba non era… erba battuta come nel terzo millennio e chi aveva un gran servizio – tipo Ivanisevic per ricordare uno che ha disputato 4 finali all’All England Club anche se ha vinto soltanto l’ultima quando nessuno se lo aspettava più perché ormai era n.125 del mondo – poteva diventare ingiocabile.

Ivanisevic, che aveva perso una finale con Agassi e due con Sampras, vinse 9-7 al quinto una magnifica partita su Pat Rafter un lunedì del 2001. Ma già l’anno dopo l’erba non era la stessa e Lleyton Hewitt, l’australiano che gridava “com’on!” ad ogni punto vinto, trionfò sull’argentino David Nalbandian alla fine di una partita in cui l’unica discesa a rete avvenne al momento della stretta di mano finale. Zero volée! Roba da non credere. Ma prima Wimbledon era sempre stato il regno dei grandi battitori. Non a caso Sampras vinse sette volte negli anni Novanta, dal ’93 in poi, con un’unica interruzione nel ’96 quando a vincere fu un altro gigante dal grande servizio, Richard Krajicek.

Jarry ha certo vissute giornate migliori in risposta, però Sasha Zverev è stato oggettivamente di una solidità impressionante per bissare il trionfo di 7 anni prima, quando era n.17 del mondo e sorprese in finale il n.2 del mondo Djokovic in un torneo in cui Rafa Nadal aveva perso da Thiem.

Il tedesco, che 7 anni fa entrò per la prima volta tra i top ten e stavolta sale a n.4 del mondo scalzando Daniil Medvedev – ed è cosa che può fare una discreta differenza…perché significa non incontrare uno dei primi 3 prima delle semifinali al Roland Garros, anziché imbattervisi nei quarti – non ha solo servito benissimo, ma è stato regolarissimo sia di rovescio (come sempre) dove ha costantemente aggredito Jarry da fondocampo, sia di dritto (e questo è meno consueto), sbagliando poco o nulla pur tirando notevoli randellate.

Non è una novità che per essere alto un metro e 98cm Sasha si muova benissimo. Anche in questa finale ha recuperato una quantità enorme di traccianti “alla del Potro” scagliati di dritto da Jarry.

Il quale, coprotagonista della finale più…alta di sempre a Roma – 2 metri e 01 vs un metro e 98 – però non è quasi mai riuscito a “sfondare” il tedesco che recuperava come fosse un polipo qualunque fendente.

I soli due momenti in cui Zverev ha giocato in modo conservativo sono venuti sui match point consecutivi che si era procurato sul 5-4 del secondo set. Lì è stato poco aggressivo e ha subito pagato pegno. Segno che se a Jarry avesse dato un po’ più di spazio, il cileno sarebbe stato probabilmente in grado di approfittarne.

Però Sasha ha continuato a tenere i propri game di servizio con tale disinvoltura che non è mai stato sotto stress. Poteva giocare sereno i game di risposta, perché tanto prima o poi gli sarebbe riuscito il break.

Infatti ha servito 49 volte e fatto 44 punti, cedendone appena 5. Uno dei 5 punti persi è stato un suo doppio fallo, l’unico di una partita praticamente perfetta. Ha servito 10 volte, tenuto a zero 6 volte il proprio turno di battuta (4 nel primo set, 2 nel secondo), tre volte a 15, una sola a 30 sul 4 pari del secondo set. Uno schiacciasassi.

Può essere che Jarry, seguito al Foro Italico dalla moglie, dalla cognata, dal nonno, dai due figlioletti, fosse un po’ emozionato mentre giocava la sua prima finale in un 1000 che gli comporterà comunque il best ranking, n.17, da n.24 che era prima del torneo. Avesse vinto sarebbe salito al n.15, appena un posto dietro al best ranking di suo nonno Jaime Filllol che fu avversario degli azzurri a Santiago quando l’Italia di Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli vinse la sua prima Coppa Davis nel 1976.

Zverev ha così vinto il suo sesto Masters 1000, quattro in Europa (dopo 2 Madrid diventa multiplo vincitore anche a Roma, come nel terzo millennio sono stati soltanto Nadal, 10, e Djokovic 6) e due in Nord America (Canadian Open e Cincinnati), ma due vittorie più importanti sono certamente state anche quelle nelle finali ATP di Londra 2018 e di Torino 2021.

Non ha mai vinto ancora uno Slam, anche se ci andò vicinissimo all’US Open del 2020 quando era avanti due set a zero con Thiem, subì la rimonta, ma servì per il match sul 5-3 nel quinto. Erano anni in cui la seconda di servizio lo tradiva spesso, commetteva una caterva di doppio falli pur cercando di battere pianissimo. Contro Thiem ne fece quindici! E nei frangenti più decisivi.

Ma il suo talento non è mai stato messo in discussione. Tre semifinali consecutive al Roland Garros gli fanno dire che la terra rossa è la sua miglior superficie, ma è stata la terza semifinale quella più dolorosa, perché è nel corso di quella che giocando contro Nadal – ed essendo riuscito a metterlo in gravissima difficoltà – si è storto disastrosamente la caviglia fracassandosi i legamenti in un modo tale che per 7 mesi non ha più potuto competere e gli ci sono poi voluti altri mesi per tornare sui suoi migliori livelli. Soltanto a fine luglio avrebbe vinto il torneo nella città dove è nato 27 anni fa, Amburgo.

Quello di Roma 2024 è il suo titolo n.22. A Roma contro giocatori fuori dai top 5 Sasha aveva perso soltanto con il nostro Matteo Berrettini (che era n.33 nel 2019) in 22 partite.

Ero al Roland Garros nel 2022 prima della sua sfortunata partita del 3 giugno contro Rafa Nadal – al termine della quale comunque Sasha diventò n.2 del mondo – che incontrai Marc Rosset, lo svizzero campione olimpico a Barcellona 1992 (le mie prime Olimpiadi seguite da giornalista…Rosset battè Jordi “Medalla” Arrese al termine di una maratona infinita) e Rosset mi disse: “Io sono sicuro che Zverev può diventare n.1 del mondo. Ha tutto l’arsenale che serve per diventarlo. Ha un gran servizio, uno splendido rovescio, può far male anche di dritto…il giorno che si decide a essere un po’ più aggressivo, a stare un po’ più vicino alla riga di fondocampo, anche se non è un volleador nato come il fratello…ha una tale apertura di braccia che se viene avanti è difficilissimo passarlo. E lo smash (al contrario di Djokovic…; nota di UBS) non lo sbaglia mai”.

Adesso vedremo se a Parigi Sasha sarà in grado di arrivare in fondo e conquistare il suo primo Slam. Il suo stato di forma, e di morale, non potrebbe essere migliore. Mentre quello degli altri candidati al successo finale di certo non lo è.

Di Sinner e Alcaraz non è sicura neppure la partecipazione. E se anche giocheranno non si sono certamente preparati come avrebbero voluto.

Nadal e Djokovic a Roma non hanno certamente impressionato favorevolmenteTsitsipas ha giocato bene a Montecarlo, meno bene a Barcellona, e fra Madrid e Roma non ha davvero convinto. Idem i vari RuudRuneMedvedev e compagnia.

Non so quali saranno le quote dei bookmakers. Ma se ci fosse una buona quota Zverev campione a Parigi sarebbe da prendere, più di tutti quelli che ho appena citato. Anche se è vero che le gare tre set su cinque sono sempre molto diverse da quelle due set su tre.

Leggerete a parte la conferenza stampa finale di Zverev, le sue risposte non sono state banali.

In precedenza la vittoria di Sara Errani e Jasmine Paolini (6-3,4-6,10-8) aveva messo tutti di buon umore a prescindere dal livello tecnico non esaltante di una finale in cui la Errani, pur con i soliti problemi al servizio (battute a 100km orari, 106,108,114, 115 cui non siamo più abituati: Swiatek serve sopra i 190 km, Sabalenka anche sopra i 200) era chiaramente la giocatrice che aveva le idee più chiare su quel che si doveva fare mentre la neozelandese Erin Routcliffe, a dispetto della sua sorprendente (almeno per me…) classifica di n.6 WTA in doppio a inizio torneo (e n.3 adesso!), ha davvero sbagliato tutto lo sbagliabile con le volée quando si ostinava a seguire a rete il servizio – quattro errori in 4 volée nel super tiebreak più un doppio fallo per concedere 3 minibreak su 4 servizi – anche se il doppio fallo finale sul match point lo ha regalato alle nostre ragazze Coco Gauff, forse sorpresa e distratta dal grande e assai poco sportivo applauso che ha fatto seguito alla sua prima palla di servizio sbagliata. Vincere a Roma contro un tennista italiano una volta era quasi impossibile. A Bjorn Borg lanciarono addirittura delle monetine, mente giocava la finale del 1978 contro Panatta. E lo svedese disse apertamente: “O la piantate o me ne vado”.

Quest’anno ci sono stati momenti di scarsissimo fairplay. Nel match fra Cobolli e Korda si è raggiunto il peggio del peggio, ma come abbiamo visto i tennisti italiani hanno perso ugualmente nei primi turni. Ma mancavano Sinner, Berrettini e, per certi versi, anche Musetti.

Quella italiana nel doppio femminile è stata una vittoria certamente a sorpresa, per l’inesperienza di Jasmine Paolini in doppio e per l’età non più verdissima di Sara Errani, 37 anni ma irriducibilmente guerriera nonostante tanti momenti non facilissimi vissuti in carriera, in particolare per essere stata trovata positiva a un controllo antidoping del 2017.

Prima di quel doppio femminile che consente a Sara Errani di fare il bis 12 anni dopo una vittoria ottenuta al Foro Italico accanto a Roberta Vinci, compagna di 5 vittoriosi Slam – allora Sara costruiva il punto da fondo e Roberta intercettava e chiudeva quel che poteva a rete, mentre con Jasmine è Sara a fare la Roberta e Jasmine a fare la Sara di 12 anni fa – c’era stato il doppio maschile in cui i giustizieri di Bolelli e Vavassori, Arevalo e Pavic, erano stati nettamente ridimensionati (6-2,6-2) dalla coppia n.1 del mondo formata dallo spagnolo Granollers e dall’argentino Zeballos, 38 e 39 anni che scontano entrambi la sfortuna di non poter giocare alle Olimpiadi dove sarebbero quasi certamente andati a medaglia.

Il torneo di Roma è finito, ma non c’è soluzione di continuità. Comincia Parigi già questo lunedì con le qualificazioni. Arrivederci Roma e au revoir à Paris.

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