Appunti su come legare Giulia Cecchettin. Sono stati trovati dagli investigatori nel portatile di Filippo Turetta. Come pure tracce di un programma attraverso il quale lui poteva controllare gli spostamenti di lei, attraverso lo smarthphone della giovane, che non è stato ritrovato. File cancellati e che sono stati recuperati non senza difficoltà dai consulenti della Procura. E la ricerca online di corde, badili, manette.
Note di un femminicidio: sono tra le prove che la Procura di Venezia ha messo a carico di Turetta, per contestargli l’accusa di aver premeditato l’omicidio della giovane ingegnera, appassionata di grafica per l’infanzia, aggredita, accoltellata, uccisa nella notte dell’11 novembre e poi abbandonata in una scarpata nei pressi del lago di Barcis, dove è stata trovata una settimana dopo. Uccisa – è l’accusa – da quel giovane che aveva conosciuto tre le aule di Ingegneria a Padova, che per qualche tempo era stato il suo compagno, che lei aveva lasciato perché ossessivamente geloso, ma che ancora ogni tanto frequentava, temendo che lui potesse suicidarsi. Invece, è morta lei. Uccisa. Omicidio premeditato -«almeno dal 7 novembre» - scrive ora la Procura nell’atto di chiusura delle indagini: accusa potenzialmente da ergastolo.
A Turetta il pubblico ministero Andrea Petroni e il procuratore Bruno Cherchi – che hanno coordinato le indagini dei carabinieri del comando provinciale di Venezia e dei Ris di Parma – contestano l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e anche dall’aver agito con crudeltà, per «l’efferatezza e la spietatezza del delitto», come raccontano le 75 ferite e contusioni contate dal medico legale sul corpo di Giulia Cecchettin: tagli profondi, molti altri superficiali, una ventina da difesa sulle mani della giovane donna, alcuni concentrate al volto: al collo quello mortale.
E, ancora, la Procura contesta al 22enne padovano le accuse di sequestro di persona ai fini dell’omicidio, porto d’arma continuato, occultamento cadavere. E, infine, stalking, perché «avendo una relazione con lei non ha accettato la cessazione del rapporto affettivo e ha posto in essere azioni moleste e minatorie».
«Aveva pianificato nel dettaglio l’omicidio di Giulia Cecchettin, compreso l’occultamento del cadavere, e la sua fuga», ha detto il procuratore Bruno Cherchi incontrando la stampa, «abbiamo ritenuto che per la premeditazione siano emersi elementi sia dalle indagini sia dalle consulenze tecniche. Con una attività del Turetta di “pre ordinazione” dell’omicidio: la ricerca dei luoghi in Internet, lo scotch acquistato per immobilizzarla, legandola con il nastro adesivo su bocca, polsi, caviglie, ginocchia.
L’acquisto di una cartina d’Italia con alcune località segnate. Si è poi premunito di materiale per la fuga, ha ricalcato una cartina di montagna dove nascondere il cadavere facilmente e così via….pianificando l’acquisto di beni strumentali all’azione criminosa, progettando le fasi violente dell’azione e quindi il silenziare la persona offesa ».
Quando all’aggravante della crudeltà, «le numerosissime coltellate, l’occultamento del cadavere, i cerotti per silenziarla». La lunga durata dell’azione, che le avrebbe fatto capire quanto stava accadendo.
Un progetto pianificato almeno da quattro giorni prima del delitto, è l’accusa.
«Acquistando quanto necessario per porre in essere il proprio proposito criminoso e la propria fuga: nastro isolante per immobilizzare la vittima, nonché cartina stradale cartacea per fuggire senza dover utilizzare strumenti elettronici connessi a Internet, sacchi neri per occultare il cadavere”, si legge nel capo di chiusura indagini.
Dopo una prima aggressione nel parcheggio di Vigonovo, al termine di una serata passata insieme al centro commerciale la Nave de Vero – sempre secondo la ricostruzione dell’accusa – Filippo ha costretto Giulia, già ferita, a rientrare in auto. Una videocamera nelle strade industriali di Fossò mostra lei aprire la porta dell’auto in movimento e provare a scappare, lui inseguirla, raggiungerla, colpirla alla testa e poi prenderla in braccio e depositarla nel sedile posteriore della sua Fiat Grande Punto Nera. Dove è morta. Qui i carabinieri dei Ris hanno trovato l’auto impregnata del sangue della giovane: Filippo Turetta avrebbe infierito con il coltello su di lei.
Ieri, i magistrati hanno notificato alle parti la chiusura delle indagini: il cosiddetto 415 bis. L’avvocato difensore Caruso avrà 20 giorni di tempo per chiedere un interrogatorio, avanzare richieste di approfondimento (anche un’eventuale richiesta di perizia psichiatrica). Poi la Procura chiederà a un giudice per le udienze preliminari il rinvio a giudizio. Se il gup manterrà le accuse con le aggravanti, sarà la Corte d’Assise con giudici e giuria popolare a processare Filippo Turetta: rischia una condanna all’ergastolo.
A questa indagine mancano ancora risposte che solo il giovane – se lo vorrà – potrà dare: il coltello trovato nella Gran Punto al momento dell’arresto in Germania non è detto sia quello utilizzato nell’omicidio; la borsa e il cellulare di Giulia Cecchettin mai trovati.