L’urlo a pieni polmoni dalle penne nere per l’avvio del 10° raduno del glorioso battaglione, tornato dopo due anni di sospensione causa Covid e uno per la concomitanza con il raduno nazionale degli alpini a Udine
TARVISIO. Mai Daûr. Il motto del Battaglione Gemona è risuonato, sabato 13 aprile, lungo le vie di Tarvisio, urlato a pieni polmoni dalle penne nere che, in qualche centinaio, si sono date appuntamento in città per l’avvio del 10° raduno del glorioso battaglione che, dopo due anni di sospensione causa Covid e uno per la concomitanza con il raduno nazionale degli alpini ospitato a Udine, quest’anno è tornato.
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L’urlo che si è levato dalla sfilata ha causato un brivido di emozione nei tanti presenti. Alpini in congedo, studenti dell’istituto omnicomprensivo Bachmann con le bandierine tricolori in mano, cittadini assiepati ai bordi delle strade o affacciati alle finestre di casa. Un brivido profondo in una giornata di caldo estivo, con un cielo indicibilmente terso a incorniciare le montagne, ha regalato la quinta ideale alla manifestazione.
Arrivati da tutto il Friuli, ma anche da Verona, Modena, Vicenza e Treviso, come ieri raccontavano con un efficace colpo d’occhio vessilli e gagliardetti, gli alpini si sono ammassati a Tarvisio bassa, in via Dante Alighieri, per poi proseguire in via Vittorio Veneto e imboccare via Roma, fino a piazza Unità, dove la sfilata ha fatto sosta al tempio ossario per la deposizione di una corona d’alloro, benedetta da don Alan, e l’onore ai caduti.
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Quindi ancora avanti, fino alla caserma Italia, ultima “casa” del battaglione Gemona, oggi base logistica addestrativa dell’esercito sotto il comando del tenente colonnello Natale Romeo.
«Questo tipo di commemorazioni – ha esordito il comandante – consentono di apprezzare il vero significato del tricolore, che tra poco sventolerà dietro di me, dell’amor di patria, nonché di mantenere vivo il ricordo di tutti coloro che hanno servito l’Italia, in tempo di pace e di guerra, e che si sono sacrificati per la Patria, consentendo a tutti noi di vivere nel mondo libero in cui siamo».
Ad aprire il corteo, la banda del Santuario di Pontebba e i gonfaloni dei Comuni che hanno ospitato il battaglione – nato nel 1887, passato all’8° reggimento nel 1909 assieme a quelli di Tolmezzo e Cividale, per essere infine soppresso nel 2005 –, Gemona dunque, quindi Pontebba e Tarvisio, rappresentati rispettivamente dagli assessori Davis Goi, Antonino Alongi e Renzo Zanette.
A seguire tanti vessilli. A partire da quello dell’associazione Mai Daûr, scortato da Daniele Furlanetto, presidente del sodalizio nato nel 2013 per tenere viva la memoria del battaglione e trasformato l’anno scorso in associazione di volontariato.
E ancora quello della sezione di Gemona, accompagnato dal presidente Ivo del Negro, deus ex macchina insieme a Furlanetto della due giorni. In prima fila, con gli amministratori locali e il comandante della caserma Italia, si sono contati anche il vicepresidente del consiglio regionale Stefano Mazzolini, il capitano Francesca Quattrin, comandante della 115 compagna a Venzone, e il maggiore Enrico Bozone, comandante della compagnia Carabinieri di Tarvisio.
Dopo la tappa al tempio ossario, la sfilata è proseguita verso la caserma Italia dove al saluto del comandante Romeo è seguita l’alzabandiera, accompagnata dall’esecuzione dell’Inno di Mameli. Un altro momento di grande emozione, specie per i ragazzi del Bachmann, rappresentanti delle nuove generazioni, più volte chiamate in causa durante le allocuzioni quali future custodi della storia, della cultura e delle tradizioni degli alpini e del glorioso battaglione Gemona.
Protagonista – come ha ricordatolo speaker Paolo Graziani – di tanti momenti drammatici della storia recente: dalle dorsali irsute dell’Eritrea al pantano greco nel Golico, passando per l’affondamento del piroscafo Galilea fino alla guerra di Russia. «Gli alpini hanno dato prova certa e sicura di coraggio, onore, lealtà e fedeltà assoluta alla Patria, per questo non possiamo assolutamente dimenticarli» ha aggiunto Graziani introducendo la deposizione di un’altra corona d’alloro, stavolta ai piedi del monumento ai caduti.
Del Negro e Furlanetto hanno quindi voluto celebrare pubblicamente la collaborazione con l’istituto Bachmann, premiandone la dirigente Doris Siega, collaborazione che trarrà giovamento dall’emendamento proposto al consiglio regionale (e approvato all’unanimità) dal vicepresidente Stefano Mazzolini, che ieri ne ha spiegato il fine: «Darà la possibilità ai ragazzi delle scuole di imparare cosa sono stati, cosa sono e cosa saranno in futuro gli alpini, emblema della nostra regione».
E certamente anche di Tarvisio, come ha ricordato il sindaco Zanette: «Gli alpini rappresentano la parte migliore della nostra società: il prezioso servizio reso alle nostre comunità, il passato glorioso legato agli atti eroici, il principio di altruismo e volontariato fa di loro un esempio da seguire, soprattutto per le nuove generazioni».
Ha quindi ricordato, il primo cittadino, come Tarvisio sia stata, per i tanti che vi hanno reso il servizio di leva, alle caserme La Marmora e Italia, «una seconda casa».
«Si percepisce dalla vostra emozione che qui avete lasciato il cuore. Oggi quelle caserme sono chiuse – ha concluso Zanette –, ma non sarà mai chiuso il ricordo di voi».