foto da Quotidiani locali
Come quello dell’Usl 6 Euganea, anche il bilancio consuntivo 2023 dell’Azienda Ospedale-Università di Padova si è chiuso con un rosso, in questo caso di 54, 5 milioni di euro. Mica pochi, si dirà.
E comunque sono quasi la metà dei 96 con cui si era chiuso il consuntivo precedente e ben al di sotto dei 140 ipotizzati nel bilancio di previsione. I conti della sanità, insomma, non sorridono.
Curare costa e costerà sempre di più e sempre di più i conti presentati dai direttori generali delle Aziende ospedaliere saranno messi sotto la lente. Perché a rilevare, infine, sono le cosiddette “performance”: spendere bene per ottenere i risultati prefissati.
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Il bilancio 2023 dell’Azienda ospedaliera padovana si è chiuso con un valore della produzione pari a 791,2 milioni di euro a fronte di costi complessivi, imposte comprese, pari a 821,5 milioni di euro.
Nella colonna delle entrare, la principale voce è quella dei ricavi da prestazioni sanitarie e sociosanitarie che ammontano a 577,3 milioni di euro: la stessa voce l’anno precedente si era fermata a 549 milioni. Dalle prestazioni verso soggetti extraregione i ricavi sono stati di 58,2 milioni.
La compartecipazione dei ticket ha portato nelle casse di via Giustiniani 11,7 milioni. Passando alla colonna dei costi, la voce principale è quella riferita al personale: 302, 3 milioni. L’acquisto di beni ha richiesto 288 milioni, di 144 milioni per farmaci ed emoderivati.
Per i dispositivi medici sono stati spesi 118 milioni. L’acquisto di servizi è costato 136,5 milioni di euro, di cui 62 per servizi sanitari. Per i servizi non sanitari sono stati spesi 73,8 milioni, fra cui 11 milioni per il riscaldamento, 9 per l’elettricità, 8 per la mensa, 8 per le pulizie e 5 per il servizio di lavanderia
«Il risultato, migliorativo rispetto al precedente bilancio e alla stessa previsione» sottolinea una nota della Direzione amministrativa, «è stato raggiunto grazie a significative dinamiche di miglioramento sia sul fronte dei ricavi che dei costi. Rispetto al primo, è da rilevare l’aumento dei ricavi da prestazione per circa 27,8 milioni di euro a conferma della significativa ripresa dell’attività assistenziale programmata.
Sul fronte dei costi, si è rispettato il tetto di spesa regionale per i farmaci al di sotto del valore soglia, per i dispositivi medici l’incremento del costo è giustificato dall’aumento di attività, per i servizi non sanitari incide la riduzione dei costi dell’energia, sul personale pesa l’adeguamento contrattuale pur rimanendo sotto il tetto regionale».
Da non sottovalutare la fine dell’emergenza Covid e delle conseguenze sui conti: «Il risultato» conferma l’Azienda, «denota la capacità di ripresa delle attività assistenziali dopo il periodo pandemico. I conti beneficiano di un incremento dell’attività di produzione sanitaria - sia in termini di ricoveri che di prestazioni ambulatoriali - che ha contribuito al contenimento delle liste di attesa proprie e dell’Usl 6 Euganea e da maggiori finanziamenti regionali e statali comprese le risorse del Pnrr per gli investimenti».
Efficienza e monitoraggio sono le stelle polari seguite: «È stata data particolare attenzione all’efficientamento e al governo dei costi con l’attivazione di una metodica sistematica di monitoraggio degli stati di avanzamento dei budget e contemporaneamente al potenziamento tecnologico e strutturale per le attività di eccellenza sanitaria».
Con il medesimo obiettivo sono stati ottimizzati i processi amministrativi. «Da sottolineare» chiude la nota, «l’incremento dell’attività formativa rivolta al personale e la revisione e implementazione del sistema di incarichi professionali».
«Vedere rosso in chiusura di un bilancio fa sempre un certo effetto» il commento del direttore generale Giuseppe Dal Ben, «vanno tuttavia considerate alcune cose: tutti i bilanci degli ospedali finiscono nel bilancio generale della sanità regionale ed è a quello infine che si deve guardare.
Verremmo penalizzati se i costi sostenuti non fossero giustificati dal risultato in termini di attività ed efficienza. Per quanto ci riguarda, poi, ci sono molte prestazioni - particolarmente in ambito pediatrico ma non solo - non riconosciute dai Drg, cioè non rimborsate. Significa che per noi sono un costo.
L’alternativa sarebbe non farle» rileva Dal Ben, «ma questo ovviamente non è in discussione».