Pavia, tre anni di carcere per i prelievi dai conti di alcuni clienti tra il 2012 e il 2015. Buco da 24mila euro. La difesa spiega: «Ha restituito tutto già da tempo»
PAVIA. A oltre dieci anni delle prime contestazioni arriva una sentenza di condanna in primo grado a 3 anni per Cinzia Galvi, 64enne di Cava Manara ed ex direttrice dell’ufficio postale di corso Garibaldi a Pavia. Era accusata di peculato e sostituzione di persona per dei prelievi di denaro dai conti postali di tre clienti tra il maggio 2012 e la fine del 2015.
Le indagini sono durate a lungo, perché prima sono state interne alle Poste. Poi c’è stata la denuncia, l’udienza preliminare in cui la gup Maria Cristina Lapi ha derubricato l’accusa da peculato ad appropriazione indebita, anche se poi il tribunale monocratico ha cambiato nuovamente l’imputazione in peculato rinviando il processo di fronte al collegio.
La vicenda
In particolare a far scattare l’allarme, nella primavera 2012, era stato un assegno di 2.800 euro staccato dal conto di un cliente che era da poco deceduto: se n’era accorto il suo amministratore che aveva segnalato il caso. Poi c’erano stati accertamenti interni che avevano portato alla luce altri prelievi “sospetti”, in tutto circa 24mila euro secondo quanto quantificato ieri dal tribunale di Pavia. Non c’erano comunque parti civili nel processo. Anche perché, come ha spiegato ieri durante l’arringa difensiva l’avvocato Massimo Zucca, «i clienti erano già stati risarciti dalla ex direttrice».
L’accusa
L’accusa sostenuta dal pubblico ministero Roberto Valli però ha puntato sul fatto «che è stata la stessa ex direttrice a confermare di aver prelevato soldi collaborando durante le fasi d’indagine» ha sottolineato il pubblico ministero durante la requisitoria. Per questo il pm Valli ha chiesto la condanna a 3 anni e 4 mesi per il solo reato di peculato ritenendo la ex direttrice un pubblico ufficiale. «Erano state anche le indagini interne delle Poste ad accertare che i prelievi erano avvenuti con le credenziali interne dell’imputata e in un caso con quella di una dipendente dell’ufficio postale di Pavia centrale: la dipendente sentita in aula ha riferito che le aveva chiesto un favore proprio Galvi». Il pm invece ha chiesto il non luogo a procedere per «intervenuta prescrizione» del reato di sostituzione di persona.
La difesa
La difesa, oltre a puntare sui soldi che Galvi avrebbe ridato ai clienti, ha chiesto di derubricare il reato in appropriazione indebita «in quanto le Poste nella loro parte bancaria non rappresentano un servizio pubblico e già la gup aveva cambiato l’imputazione». A sostegno della derubricazione la difesa ha allegato anche delle massime della Cassazione. Il collegio giudicante (presidente Elena Stoppini, a latere Carlo Pasta e Luisella Perulli) però ha giudicato comunque Galvi con l’accusa di peculato. Condannadola a 3 anni, alla confisca di 24mila euro e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. L’imputata non era in aula. Le motivazioni della sentenza saranno depositate nell’arco di 60 giorni.
