PAVIA. Tre anni e mezzo per avere reso un inferno la vita della sorella, alla quale dovrà pagare 50mila euro di danni a titolo di anticipo del risarcimento. E il braccialetto elettronico come misura di protezione per la vittima, che dovrà però indossare il dispositivo come il suo stalker, affinché possa ricevere un segnale in caso di avvicinamento a meno di 800 metri. La giudice Daniela Garlaschelli ha condannato ieri mattina G. Z., il medico di 61 anni (da tempo non più in servizio) che la mattina del 25 luglio del 2023 esplose un colpo di arma da fuoco in via Bonetta, nella zona di porta Calcinara, con una pistola portata fuori casa senza autorizzazione. Un colpo di pistola che spinse la procura ad approfondire e che svelò, da un punto di vista dell’accusa, un quadro di persecuzioni ai danni della sorella, che duravano da anni.
L’uomo è stato condannato ma è libero (erano stati già revocati gli arresti domiciliari), anche se ha il divieto di avvicinarsi alla sorella e deve restare a una distanza di almeno 800 metri. Per far rispettare il provvedimento il tribunale ha deciso di applicare il braccialetto elettronico a lui ma anche alla sorella. È il primo caso, in provincia di Pavia, in cui questo dispositivo di tutela viene impiegato su una vittima di stalking.
Quali accuse
L’uomo, difeso dagli avvocati Daniele Cei e Davide Steccanella, è stato condannato per atti persecutori e porto abusivo di arma ma assolto dall’accusa di tentato omicidio, come peraltro chiesto dalla stessa procura, per essersi appostato sotto casa della sorella con la pistola carica.
Secondo la ricostruzione del pm Andrea Zanoncelli la sorella e altri familiari dell’indagato (si omettono le generalità solo per tutelare le vittime del reato) ricevevano da tempo minacce. Una situazione degenerata dopo la morte del padre dell’imputato, che per anni lo aveva sostenuto anche economicamente.
La notte prima dello sparo in strada l’indagato aveva chiamato più volte la sorella sul telefono e non riuscendo a mettersi in contatto con lei aveva mandato, all’alba, dei messaggi al cognato, con minacce di morte. Poi era andato sotto casa della sorella, appostandosi per un’ora circa, come registrato dalle telecamere del palazzo.
Quindi era tornato verso casa sua e in via Bonetta, scendendo dell’auto, aveva esploso un colpo di pistola (una Tanfoglio calibro 9X21 con il permesso per detenerla scaduto da tempo). Si era barricato in casa ed era stato poi arrestato.
Il braccialetto
L’indagato, dopo un ricovero in psichiatria al San Matteo, era stato collocato agli arresti domiciliari in una comunità a Lecco. Dopo la revoca della misura la giudice aveva prima applicato e poi revocato il braccialetto elettronico. Ma la misura di protezione è stata ripristinata, con una importante modifica: il braccialetto, infatti, sarà applicato anche alla vittima, che dovrebbe ricevere un allarme nel caso in cui il fratello si avvicini a meno di 800 metri da lei. La donna ha dato il consenso diverse settimane fa ma il braccialetto elettronico non le è stato ancora applicato.
Il legale di parte civile
«Siamo soddisfatti per la condanna per stalking, anche con pena più alta rispetto alla richiesta del pubblico ministero – dichiara l’avvocato della donna, Luigi Fornari –. Sul tentato omicidio faccio invece fatica a comprendere l’assoluzione, anche se con formula dubitativa: nelle immagini della videosorveglianza si vede nitidamente l’imputato con una pistola (carica) in tasca all’interno del palazzo dove abita la mia assistita. Leggeremo le motivazioni ma ora l’importante è che siano finalmente attuate le protezioni della vittima decise dalla Gup».
«Anche io condannata a portare il simbolo del male ricevuto»
«Con tutte le misure cautelari, di sicurezza e di prevenzione che la legge mette a disposizione, i magistrati hanno scelto di condannare me, vittima, a portare un vergognoso e vistoso braccialetto da carcerata, che mi impedirà qualsiasi privacy e mi ricorderà ogni attimo il male ricevuto e il pericolo che corro». È lo sfogo della sorella dell’imputato condannato ieri mattina in tribunale contro la decisione di applicare anche a lei il braccialetto elettronico. «Hanno invece lasciato libero mio fratello persecutore, pur avendo accertato i fatti commessi e documentato i suoi disturbi psichici, di far del male a se stesso e agli altri, senza dover, a differenza mia, comunicare dove si trova, dove vive e se si cura. Ad ogni modo, ad oggi a distanza di un mese dal provvedimento di libertà, io non ho alcun braccialetto di protezione e neppure lui di controllo – aggiunge la donna –. Quindi potrei trovarmelo sotto casa stasera nell’indifferenza generale. Nessuno ha risposto alle disperate richieste di aiuto della famiglia». La donna chiede da tempo un intervento delle istituzioni per la presa in carico del fratello come paziente psichiatrico. In una lettera inviata al Cps, all’Ats, all’Unità operativa di psichiatria, al sindaco del Comune di Pavia e ai Servizi sociali, si chiede il ricovero in una struttura di cura. Nella richiesta di aiuto la vittima fa il paragone con la vicenda di Alice Scagni, uccisa a Genova dal fratello.