foto da Quotidiani locali
VIGEVANO. Il trasferimento del calzaturificio Moreschi toglierà a Vigevano tra i 15 e i 20 milioni di euro d’indotto all’anno. Come già annunciato, a settembre la Moreschi spa lascerà lo stabilimento di via Cararola e trasferirà l’intero ciclo produttivo fuori città. Dovrebbero essere trasferiti i 21 dipendenti che non si occupano direttamente della produzione, mentre gli altri 59 impegnati nella realizzazione delle scarpe dovrebbero essere licenziati, secondo le intenzioni dei dirigenti aziendali.
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«Fino al 2019, e quindi prima della pandemia – dice un ex dipendente Moreschi –, nonostante le crisi che avevano cominciato a colpire il settore calzaturiero, il calzaturificio Moreschi aveva un fatturato annuo che si aggirava sui 50 milioni. Nei periodi migliori, ovvero quando c’erano merci e ordini, riuscivamo a produrre anche mille scarpe al giorno».
A grandi linee, tra gli ordini ai fornitori, i terzisti, l’acquisto e la manutenzione di macchinati, qual era la spesa annua? «Ogni anno venivano comprati quintali di colla, gomma, pelle e cuoio – prosegue l’ex dipendente –. Da settembre, e forse già da adesso, tutto quel materiale non verrà più ordinato, così come non verrà più richiesta la manutenzione dei macchinari o i pezzi di ricambio. In azienda ci sono 12 tavoli da taglio dell'Atom e la manutenzione è obbligatoria, perché se uno di questi si rovinasse sarebbe davvero un guaio. Ci saranno un sacco di imprese di Vigevano a cui mancheranno gli ordini ed i lavori commissionati dalla Moreschi. Stiamo parlando di complessivamente una spesa tra 15 e 20 milioni. Quindi a pagare il trasferimento del calzaturificio non saranno solo i miei ex colleghi».
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La decisione di spostare l’azienda appare irreversibile. I macchinari che si trovano all’interno dello stabilimento potrebbero essere rivenduti? «Se non è cambiato qualcosa – conclude l’ex dipendente –, tutta la parte della giunteria e la manovia sono abbastanza moderne. E anche la parte del taglio. Anche la parte del magazzino è moderna: aveva addirittura una parte dedicata al packaging. Io non so dire se è rivendibile perché non è il mio mestiere, da quello che sento dire, nel settore calzaturiero c’è talmente poco lavoro e così tanta cassa integrazione che non so se ci siano imprese interessate a comprare quei macchinari».
Selvaggia Bovani