In provincia di Pavia calano le iscrizioni nella fascia fino a 6 anni. «Precariato e costo della vita riducono le nascite»
PAVIA. L’inverno demografico gela anche le scuole della provincia più vecchia di Lombardia: crollano le nuove iscrizioni alle scuole d’infanzia ed elementari, in due anni sono 534 in meno. Questi i dati dell’Ufficio scolastico provinciale rielaborati dai sindacati. «Meno bambini nascono e meno andranno a scuola. L’andamento degli studenti segue quello della natalità. Le difficoltà lavorative, il costo della vita e delle case influenzano la propensione a fare figli e riguarda anche le famiglie straniere che arrivano in Italia» argomenta Carla Ge Rondi, demografa già docente dell’ateneo di Pavia. Con un effetto: l’anno scolastico tuttora in corso è partito con 8 classi in meno tra infanzia e primaria. Per il prossimo, il calo è già all’orizzonte.
Il calo senza fine
Attesi duecento alunni in meno per l’anno scolastico 2024/25 in partenza a settembre: questa la previsione dell’ufficio scolastico provinciale, che ha condiviso con i sindacati i primi numeri sulle iscrizioni chiuse lo scorso febbraio. Si tratta di 130 bambini della scuola d’infanzia (fascia 3-6 anni) e 70 delle elementari (dai 6 anni) che mancano all’appello perché le nascite sono sempre meno, come comunicato dalla Cisl scuola. Ma il calo demografico non è cominciato quest’anno: secondo i calcoli di Flc Cgil (sindacato della scuola) sui numeri del provveditorato, il calo di piccoli alunni è realtà già da tempo. Basta guardare gli iscritti all’anno scolastico in corso, che si concluderà in estate: rispetto al 2022/23, si contano 334 alunni in meno (241 all’infanzia e 93 alla primaria), con gli alunni 3-10 anni della provincia che scendono da 7.215 a 6.974. Una decrescita in fase iniziale, poiché l’inverno demografico non ha ancora aggredito le superiori che anzi vedono un aumento degli alunni, mentre all’infanzia e alla primaria diminuiscono i “rimpiazzi” per i bambini che crescono e prosegono gli studi. «L’inverno demografico attraverserà le scuole di ordine più basso, poi le medie, le superiori e infine il mondo del lavoro» spiega Simone Gerzeli, docente di Statistica sociale dell’Università, che commenta il calo del tasso di fecondità delle madri in provincia. Tra il 2010 e il 2022, il numero medio di figli per donna è sceso da 1.4 a 1.2, diminuzione in linea con l’andamento regionale e italiano. «Il dato può apparire come un freddo calcolo statistico – prosegue il docente – ma testimonia l’inverno demografico che stiamo vivendo». Il fenomeno è monitorato anche dall’Istat (l’istituto nazionale di statistica) che ha bollato il 2022 come anno nero: due anni fa sono nati appena 393mila bimbi in Italia, mai così poche nascite dal 1861. «Neanche durante le guerre mondiali c’è stato un calo delle nascite così netto – conclude – Gerzeli – tra le altre cose, dipende dalla riduzione del numero delle madri e dal calo della propensione a procreare». Nel frattempo, anche in provincia diminuiscono i bimbi tra i 3 e i 6 anni, cioè quelli che frequentano la scuola d’infanzia.
1.300 bimbi in meno
Come se, in cinque anni, un Comune popoloso quanto Lardirago fosse sparito dalla cartina provinciale: questo l’effetto della denatalità sulla popolazione 3-6 anni, che tra il 2019 e il ’23 è diminuita di 1.300 unità, mentre cala anche il tasso di natalità per mille abitanti.
Scenario che si ripercuote anche sulle scuole della provincia: «Sfatiamo un fatto – aggiunge Ge Rondi – non è sempre vero che il comportamento riproduttivo delle famiglie straniere sia diverso da quelle italiane. La società in cui viviamo condiziona la natalità, e chi arriva in Italia incontra gli stessi problemi che abbiamo noi, abitazioni care, costo della vita e di mantenimento dei figli. Non si può parlare di stranieri in generale: chi arriva dall’Est europeo, per esempio, arriva da un contesto geografico dove la natalità è già modesta».