Voghera. «In due anni e mezzo non ci ha mai chiesto scusa, dopo aver tolto la vita a nostro figlio di soli 11 anni: una morte che si poteva evitare» così i genitori di Richard Camellini parlano di Piero Suppa, unico imputato per omicidio colposo stradale per la morte di loro figlio. «Non l’ho visto, davvero. Avrei voluto portare fiori sulla sua tomba, non c’è giorno che non ripenso a quel 2 ottobre 2021. La mia vita è cambiata» ha detto poi Suppa in aula.
Per la prima volta dopo due anni e quattro mesi dall’incidente del 2 ottobre 2021, i genitori e i parenti di Richard Camellini, il ragazzino di 11 anni travolto e ucciso, mentre era in bicicletta, da un camion al semaforo all’angolo tra via Papa Giovanni XXIII e corso Rosselli, si sono trovati di fronte all’unico imputato per omicidio stradale colposo. Alla sbarra c’è Piero Suppa, 52enne di Pozzolo Formigaro che era alla guida del camion. I genitori di Richard, che sono parte civile nel processo insieme ad altri parenti (avvocati Gianfranco Ercolani e Simona Virgilio).
Il dramma dei genitori
«Da quel giorno la mia vita si è fermata: i miei due figli stavano andando in bicicletta al campo Giovani per fare atletica, ci saremmo dovuti vedere là - ha detto Roy Camellini, padre di Richard -. Una morte che si poteva evitare, da quel giorno non ho più guardato una foto ed un video di mio figlio. Aveva la vita davanti, gli è stata tolta. Tra l’altro la persona che ha tolto la vita a Richard era già stata coinvolta in un altro incidente mortale. E continua a fare la sua vita, vacanze e feste con i suoi figli».
Poi ha parlato anche la madre del bambino, una testimonianza dolorosa quella di Rosita Vignone: «Mai un gesto di vicinanza, mai una parola: non ci ha chiesto scusa nemmeno per interposta persona» ha detto la mamma di Richard. Durante la deposizione la donna si è commossa, il giudice monocratico Vincenzo Giordano ha sospeso per qualche minuto l’udienza. «Quel giorno ho ricevuto la chiamata dell’altro mio figlio, più grande di due anni, che urlava: hanno investito Richard - ha aggiunto la mamma del bambino -. Sono corsa là, la mia vita si è fermata in quel momento. Voghera dovrebbe essere un posto sicuro, i miei figli andavano in bicicletta fin da piccoli». Entrambi i genitori hanno ricordato come da quel giorno «il fratello maggiore di Richard non abbia più usato una bicicletta.
L’imputato alla sbarra
Durante l’udienza di ieri ha testimoniato un collega di Suppa, con cui era al telefono quella mattina: «Stavamo parlando, poi la linea è caduta: solo un’ora dopo ho saputo, da altri della tragedia - ha ricordato il collega -. Quella tragedia ci ha scosso». Suppa poi ha reso l’esame di fronte agli avvocati e al pubblico ministero Valeria Biscottini, è la prima volta che compariva in aula.
«Avevo due auto davanti, il semaforo era rosso. Quando sono partito avevo già chiuso la telefonata - ha detto Suppa, difeso dagli avvocati Angelo Cremonte e Claudia Capodieci - Ho iniziato la manovra per attraversare l’incrocio, ho guardato gli specchietti. Non ho visto niente, poi pochi istanti dopo ho visto un uomo con un giubbotto giallo da lavoro con le mani nei capelli, sono sceso. C’era il bambino sotto il camion, ho subito chiamato il 118. Davvero, non l’ho visto. Non c’è giorno che non penso a quello che successo, avrei voluto mettere dei fiori sulla tomba di Richard. Ma non sapevo quale sarebbe stata la reazione della famiglia, dopo l’incidente per qualche tempo non ho guidato il camion, ho fatto un percorso dallo psicologo».
Le difese di parte civile hanno mostrato poi dei fotogrammi presi da Facebook, dove si vede Suppa mentre si riprendeva alla guida del camion: «L’ho fatto, ma ero in autostrade sgombre: è sbagliato, ma non ho creato pericoli». Suppa ha anche sottolineato «che parecchi anni fa mi è stata tolta la patente per guida in stato d’ebbrezza dopo un pranzo e che nel 1993 ero stato coinvolto in un incidente mortale, ero alla guida di un furgoncino a Predosa (Alessandria) quando dalla strada laterale si è immessa un’auto». Il conducente dell’auto, un 74enne, era molto sul colpo. Il processo riprenderà il 26 marzo, con le conclusioni delle difese e dell’accusa. In primavera la sentenza.