SIZIANO. Ricorda l’aggressione, ma in modo molto confuso. Dopo avere ripercorso con il suo avvocato quei momenti, in cui ha detto di avere «visto la morte in faccia», le condizioni di Stefano Suriano, il 39enne accoltellato in via Castello a Siziano durante una lite per motivi di lavoro, si sono ancora aggravate. La prognosi resta riservata: dopo l’intervento chirurgico eseguito all’ospedale San Matteo per ricomporre le lesioni provocate dai fendenti, in particolare quelle all’addome, sono subentrate altre complicazioni.
Per il ferimento si trova in carcere, con l’accusa di tentato omicidio, Paolo Ceroni, 41 anni, di Siziano.
«E’ molto provato»
La legale di Suriano, l’avvocata Lidia Agoni, è andata a trovare il ferito in ospedale. Il 39enne non è stato ancora sentito dagli inquirenti, perché non è in condizione di parlare, ma è riuscito a riferire alla sua avvocata qualche dettaglio dell’aggressione avvenuta la sera del 7 febbraio, mercoledì. «È molto provato, sia fisicamente che psicologicamente – spiega la sua avvocata –. Non si aspettava quella reazione: era andato solo per chiarire una faccenda di lavoro con il suo collega. Ricorda l’aggressione ma in maniera molto confusa».
La donna che lo ha soccorso
Tra i ricordi c’è quello di una donna, una familiare di Ceroni, che lo ha soccorso. «Mi teneva la mano, avevo paura di morire, lei ha provato a rassicurarmi», ha spiegato l’uomo dal suo letto di ospedale. La donna è stata sentita dai carabinieri della compagnia di Pavia e ha confermato di avere chiamato i soccorsi.
I carabinieri, invece, sono stati allertati dagli operatori del 118. Quando i militari sono arrivati sul posto hanno trovato alcuni familiari di Paolo Ceroni, tra cui il fratello. I parenti della vittima ora cercano altri testimoni che potrebbero avere assistito alle fasi che hanno preceduto l’aggressione a colpi di coltello.
Ancora in carcere
Ceroni si trova in carcere a Torre del Gallo dopo che la giudice Daniela Garlaschelli aveva confermato la misura e respinto la richiesta di domiciliari presentata dalla difesa, sostenuta dall’avvocata Valentina Zecchini Vaghi.
Durante l’interrogatorio di garanzia Ceroni aveva spiegato di essersi difeso da un’aggressione di Suriano, collega di lavoro del fratello, con il quale il ferito aveva avuto un battibecco attraverso messaggi telefonici, e di avere impugnato il coltello trovato per caso in un vaso di fiori, dove era stato collocato dalla madre con l’obiettivo di rinvasare le piante.
Una versione a cui la giudice però non ha creduto. L’arma, un coltello da cucina, secondo la ricostruzione dell’accusa era già nelle mani di Ceroni prima che i due si affrontassero nei pressi del cancello della casa dei Ceroni, in via Castello. In ogni caso, secondo la giudice, c’è stata una sproporzione nella reazione di Ceroni, che «con assoluta mancanza di autocontrollo» ha affrontato con un coltello un uomo che era a mani nude.
Colpito più volte
La vittima, inoltre, è stata colpita più volte, con almeno cinque fendenti alla testa, al torace e all’addome. Colpi che hanno causato ferite gravi e profonde, al punto che il 39enne non può ancora essere considerato fuori pericolo. Per questo, secondo la giudice, non si possono concedere i domiciliari ma l’indagato, ritenuto socialmente pericoloso, dovrà restare in carcere.
Le indagini, comunque, sono ancora in corso: i carabinieri hanno sentito diverse persone, quasi tutte però appartenenti alla famiglia Ceroni. Si stanno cercando telecamere che potrebbero avere ripreso la scena o i momenti che hanno preceduto l’aggressione. —
