foto da Quotidiani locali
PAVIA. Cinque contenitori di cartone per la pizza sono impilati su un cassettone dello studio. Xante Battaglia, storico esponente del movimento di figurazione concettuale esploso negli anni Sessanta anche in Italia, li ha appena prelevati da un cassonetto e «salvati dalla morte», nobilitandoli con tratti veloci di pennello. A una parete i grigi contenitori delle uova, aperti e ripetuti in sequenza, diventano un’opera concettuale con un semplice gesto di appropriazione: un bollo con un colore primario, rosso, blu, giallo.
La casa-studio pavese
La casa-studio di Battaglia racconta molto di chi ci abita. Ma anche senza salire le scale fino all’ultimo piano di una palazzina anni Sessanta della periferia Ovest di Pavia - dove viveva la madre dell’artista - è possibile ripercorrere il suo lungo «camaleontico e poliedrico» percorso, per usare la definizione del critico Giosuè Allegrini, in una mostra che viene inaugurata oggi, 15 febbraio, alle 17.30, nella Galleria Marco Fraccaro del collegio Cairoli.
Una mostra antologica, cento opere dagli esordi a oggi, Dal pre-arcaico al post consumismo. Dalle donne velate agli sfregi dei Miti, che rimarrà aperta fino a 2 marzo e sarà visitabile nelle giornate di giovedì, venerdì e sabato dalle 17 alle 19.
Originario di Gioia Tauro, ha vissuto per mezzo secolo a Milano (dove ha insegnato Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera, oltre che a Venezia e Torino per citarne solo tre). Cinque sue opere sono esposte al Quirinale.
A Pavia espone per la prima volta, pur essendo legato a doppio filo alla città. «Mia mamma viveva qui, mia sorella ci abita ancora – racconta – Mio padre invece era partito dalla Calabria per New York, commerciava in agrumi».
La sua opera
I colori della sua terra, gli ocra, i marroni, dominano le prime opere: le donne matrone, dalle forme generose. «Il critico Carlo Franza le ha battezzate Donne velate, rifacendosi alle donne dell’Islam – racconta l’artista 81 anni portati con grinta, cappellino in testa e cravatta gialla griffata con un suo disegno – In realtà sono le donne del mio Sud, sempre vestite di nero, archetipi che rimandano alla Magna Grecia».
Sulla scrivania due lattine di caffè in una teca raccontano della sua critica al consumismo, così come i cartoni della pizza. Sono una delle numerose cifre della sua arte, «alla portata di tutti, anche da un punto di vista della comprensione universale» fa notare Allegrini.
In mostra ci sono gli sfregi ai Miti (alla Gioconda, a Marilyn Monroe) «per contestare i poteri e contro la Pop Art, anche se – dice Battaglia – Andy Wharol l’ho conosciuto e ci siamo stimati a vicenda».
Un uomo senza qualità, libro d’artista su Bettino Craxi, gli aveva provocato qualche antipatia. «Da lui discende tutto quello che poi è successo in politica in Italia» spiega. Si gioca sul sistema binario, il tutto e una parte, un dettaglio da enucleare. Così come la cancellazione selettiva delle parole di un testo: sul foglio rimane solo la parola chiave scelta, ripetuta con timo martellante, per invitare chi guarda a una lettura critica. —