CASSOLNOVO. Una condanna a 18 anni di carcere, già ridotta per la scelta dell’abbreviato. È la richiesta, formulata mercoledì nell’udienza davanti al giudice Luigi Riganti, del pubblico ministero Andrea Zanoncelli per Massimo Rondinelli, il 35enne di Cilavegna coinvolto nell’inchiesta sull’omicidio di Ibrahim Mohamed, il 44enne ucciso a colpi di pistola e fucile in un capannone a Cassolnovo e trovato senza vita, il 14 gennaio di un anno fa, nella sua auto bruciata alla frazione Morsella di Vigevano.
L’imputato, che si trova in carcere a Torre del Gallo, si è presentato in tribunale, accompagnato dal suo avvocato, Giovanni Tragella. Tra gli imputati per le accuse di omicidio volontario e occultamento di cadavere è l’unico ad avere parlato con i magistrati, confessando il delitto.
Gli altri imputati
Secondo la procura insieme a lui, nel capannone di Cassolnovo, c’erano anche il padre, Antonio Rondinelli, 65 anni, e il fratello Claudio, di 40 anni, anche loro in carcere con l’accusa di avere avuto un ruolo nell’omicidio. Entrambi hanno rinunciato all’udienza preliminare e andranno subito a processo. Un ruolo quantomeno morale nella pianificazione dell’omicidio lo avrebbe avuto, secondo la procura, anche la moglie di Antonio Rondinelli, Carmela Calabrese: per lei la procura ha chiesto il rinvio a giudizio per concorso in omicidio. «Sono innocente», ha dichiarato al termine dell’udienza. La difesa, sostenuta dall’avvocata Rosemary Patrizi, ha chiesto l’assoluzione. Il giudice deciderà per lei e per il figlio Massimo Rondinelli il 2 febbraio.
Ucciso nel capannone
Ibrahim Mohamed, secondo la ricostruzione della procura, è stato ucciso da Antonio Rondinelli e dai due figli nel capannone di Cassolnovo, di proprietà della famiglia di Cilavegna che lo aveva poi ceduto alla vittima - compagno della figlia di Antonio Rondinelli, Daniela, con cui aveva avuto una figlia - perché potesse mandare avanti l’attività di frutta e verdura. Elementi per ricostruire la dinamica dell’omicidio li ha forniti proprio Massimo Rondinelli. Nella sua confessione l’uomo non indica mai le persone che erano con lui al capannone, ma precisa le sequenze del delitto: «Io ho preso i fucili, gli altri hanno preso la pistola. Con i fucili ho sparato due colpi con la doppietta in pancia, e poi un colpo con l’altro fucile. Ho colpito Ibrahim una volta in pancia e una sul fianco. Si muoveva ancora. Poi abbiamo spostato il corpo vicino a una pianta, l’ho tirato io dai piedi per nasconderlo sotto un cumulo di lamiere».
Iin tribunale c’era anche Elisa Rondinelli, la sorella. La sua posizione (era accusata di favoreggiamento) è stata archiviata, mentre si trova ancora sotto accusa (e ora in carcere ad Alessandria dopo l’aggravamento della misura) il fidanzato Luigi D’Alessandro, 38 anni. L’uomo aveva collaborato alle indagini e, per la sola accusa di occultamento di cadavere, ha chiesto di patteggiare. —