Shmuel Peleg affitta un’abitazione a Pavia per garantire una presenza più stabile in Italia dei parenti israeliani del bambino
PAVIA. Una casa a Pavia vicino al Naviglio, adatta ad accogliere tutta la famiglia di Israele. Shmuel Peleg, il nonno materno di Eitan, l’ha affittata a ottobre, sollecitato dal tutore del bambino, Andrea Cascio di Monza, che ha chiesto una collaborazione tra tutti i familiari del piccolo, unico sopravvissuto alla strage del Mottarone, e una presenza più stabile in Italia dei parenti israeliani.
La circostanza della casa è emersa durante l’udienza preliminare che si è svolta mercoledì a Verbania, che vede imputate otto persone per la tragedia della funivia costata la vita, il 23 maggio 2021, a 14 persone. Eitan, che oggi ha 9 anni, perse nell’incidente la madre, Tal Peleg, il papà Amit Biran, il fratellino Tom di due anni e i bisnonni Barbara Cohen Konisky e Itshak Cohen.
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Da unico sopravvissuto il bambino, attraverso l’avvocato Fabrizio Ventimiglia, si è costituito parte civile per la richiesta dei danni contro tutti gli imputati. Il fronte penale, che riguarda le responsabilità nella tragedia e i risarcimenti per le vittime (finora hanno risarcito Reale Mutua, la compagnia delle Ferrovie, e Leitner, il gruppo che si occupava della manutenzione dell’impianto) si intreccia, ma stando su un piano distinto, con i procedimenti per l’adozione del bambino, chiesta dalla zia paterna Aya Biran e, dall’altro lato, dalle zie materne Gal e Avi Peleg.
Il tribunale dei minori di Milano si deve ancora pronunciare (si è conclusa la consulenza sulle famiglie), ma le zie di Israele hanno intensificato la loro presenza a Pavia. La base è proprio la casa affittata in zona Naviglio.
Il nonno Shmuel Peleg ha preso un’aspettativa dal lavoro e sta preparando i documenti di soggiorno, perché l’intenzione è di fermarsi a lungo, comunque per il tempo necessario a seguire il processo ma soprattutto stare vicino al bambino.
Il nonno e i familiari di Israele lo vedono diversi giorni al mese, in alternanza con la zia Aya Biran, dove il bambino resta collocato con un tutore esterno. Da quanto si è saputo la frequentazione del bambino si svolge ancora con la supervisione degli educatori, così come aveva stabilito il tribunale di Pavia, ma la durata degli incontri e la loro frequenza si è allungata.
Alcuni giorni fa, ad esempio, i familiari di Israele e il piccolo Eitan hanno potuto trascorso una giornata a Genova e il nonno è andato a scuola a parlare con le maestre del bambino.
A sottolineare la necessità di una unità tra le due famiglie, peraltro, è stato lo stesso nonno rispondendo ai cronisti a margine dell’udienza che si è svolta a Verbania. «Eitan ha già perso molto, ora dobbiamo fare quello che è meglio per lui – ha dichiarato il nonno materno –, non per qualcuno delle famiglie, che devono stargli vicino insieme».
E sulla sua richiesta di costituirsi parte civile nel processo che dovrà ricostruire le responsabilità della tragedia ha aggiunto: «Lo faccio per seguire da vicino il processo. Non ho aspettative, voglio essere qua per mia figlia e la mia famiglia. Ma non voglio vendetta». Subito dopo l’udienza il nonno è andato a Stresa, per salire fino al Mottarone, sul luogo della tragedia dove oggi una stele di pietra ricorda le 14 vittime. Poi è tornato nella casa di Pavia.