LIVORNO. Un clima incandescente, come c’era da aspettarsi. Con controlli rigidissimi. Anche nei confronti del sindaco di Livorno, Luca Salvetti, arrivato a Pomezia con la sua auto per assistere al ritorno della finalissima playoff, purtroppo persa ai calci di rigore, e perquisito dalla polizia di Stato come tutti i tifosi. «Ho seguito la partita da uno dei 24 posti in tribuna a noi assegnati – commenta il primo cittadino all’indomani della sconfitta contro la squadra laziale – e l’accesso dei supporter amaranto era per tutti lo stesso. Io dovevo andare sugli spalti e un agente mi ha fatto tirare fuori la carta di identità, affiancandola alla mia faccia, facendomi una ripresa video. Dopodiché, salutandolo, gli ho detto: “Buonasera, sono il sindaco di Livorno”. Lui e i colleghi sono rimasti un po’ interdetti dopo queste parole, comunque a me importa poco e non voglio certo lamentarmi. In ogni caso, al di là di questo episodio che denota comunque attenzione da parte delle forze dell’ordine, ho avvertito un clima molto pesante nei confronti dei tifosi livornesi, sicuramente non bello per una partita di calcio».
Il primo cittadino, che di trasferte sportive se ne intende visto che per decenni ha seguito il Livorno calcio come giornalista televisivo oltre che come tifoso, è rimasto in tribuna durante i 90 minuti regolamentari e anche per i tempi supplementari. Nello spazio riservato ai tifosi di casa, fra l’altro, non sono mancati – come documentato da diverse foto scattate domenica scorsa – i saluti romani, con le braccia destra alzate. Poi, prima dei calci di rigore, «ho chiesto di andare via, preferendo seguirli da sotto lo stadio, perché appunto la situazione era molto pesante».
Il sindaco, insomma, è stato letteralmente schedato dalle forze dell’ordine laziali. Come ogni altro tifoso amaranto che si è recato allo stadio di Pomezia per seguire il Livorno in trasferta. Ritrovandosi davanti alle telecamere – non quelle di Telegranducato, ma quelle della digos di Roma – con la carta di identità aperta dove c’è la foto affiancata alla sua faccia, per dimostrare che effettivamente era lui la persona che stava accedendo sugli spalti con il biglietto. «Lo ripeto: un clima non bello per una partita di calcio quello nei confronti dei livornesi».
