foto da Quotidiani locali
LUBIANA. Una Corte autorevolissima che come Pilato – ma forse non poteva fare altrimenti - se ne lava le mani, stabilendo che le petizioni a essa rivolte erano «inammissibili e manifestamente infondate». E allora non sorprendono i titoli di quei quotidiani sloveni che hanno parlato senza mezzi termini di «fiasco in tribunale». Il fiasco riguarda i tantissimi pescatori sloveni che si erano rivolti, sostenuti dalle autorità di Lubiana, alla Corte europea per i diritti dell’uomo (Cedu), chiedendo giustizia sulla questione delle multe ricevute dalle autorità croate per aver pescato nel Golfo di Pirano. La pesca era avvenuta in acque croate secondo Zagabria, in quelle slovene secondo i pescatori, secondo Lubiana e secondo la sentenza d’arbitrato del 2017, che la Croazia però non ha riconosciuto.
La Cedu, letteralmente inondata da ricorsi di pescatori sloveni – più di 450 – ha infine deciso di esprimersi su tre casi ritenuti rappresentativi dell’intera questione, inglobati in quello che sarà ricordato come il procedimento “Chelleri e altri contro la Croazia”, dal nome di uno dei tre pescatori di Isola, Rene Chelleri (gli altri sono Robert Radolovic e Jan Virant) che si erano rivolti alla Corte. Corte che ha ricordato, si legge nelle motivazioni, il quadro complicato che riguarda i discussi confini marittimi, nato con la dissoluzione della Jugoslavia nel 1991 e culminato poi, nel 2017, con una sentenza di arbitrato che «concesse tre quarti del Golfo di Pirano alla Slovenia, il resto alla Croazia».
Peccato, ha ricordato sempre la Corte, che la Croazia si fosse ritirata dalle procedure arbitrali prima della decisione e che «le autorità» di Zagabria insistano nell’affermare che l’arbitrato «non ha alcun effetto». La Cedu così ha aggiunto che non è nelle sue competenze «decidere sulla validità del ritiro della Croazia» dall’arbitrato, ricordando inoltre che «l’estensione» delle acque territoriali «è precisamente definita dalla legge croata», con il confine marittimo posto, per Zagabria, a metà della Baia. Per questi motivi, ha chiosato la Corte, le cause intentate dai pescatori sloveni contro la Croazia sono inammissibili.
Cosa accadrà ora? I pescatori sono «delusi», con la Cedu che ha accolto appieno la posizione croata, ha detto la loro rappresentante, Maja Menard. Pescatori che vengono sanzionati quotidianamente – con multe che avrebbero superato i 3,4 milioni di euro – e non hanno intenzione di mollare la presa, ha informato la Radio pubblica slovena. I pescatori sono «vittime» e lo Stato continuerà a dare assistenza, ha assicurato da parte sua il ministro sloveno dell’Agricoltura, Mateja Calusic. A esprimersi è stato anche il ministero degli Esteri di Lubiana, che ha sostenuto che la decisione della Cedu non impatta sulla validità della sentenza di arbitrato e che la Slovenia continuerà a battersi per la sua piena applicazione. Come? Lubiana ha fatto appello a Zagabria a prender parte alla nomina di una commissione congiunta sul confine marittimo. Ma intanto i suoi pescatori continuano a pagare il fio della discordia, tra vicini.