Ve la immaginate una squadra con Haaland, Mbappé e Lewandowski da una parte, contro un’altra in cui ci sono Messi, Neymar e Vinicius? No, non sono le ennesime mire di mercato del Manchester City (ci siamo vicini) o del Psg (talmente vicini che in pratica lo hanno già realizzato), ma parliamo di un ipotetico All-Star Game del calcio: in questo caso, Europa contro Sud America. E se invece fosse un All-Star Game tra i migliori undici di ogni campionato? La Serie A, in avanti, potrebbe schierare un tridente Leão-Vlahovic-Dybala, mica male. La Premier sì che farebbe paura, con gente come Haaland, Salah, De Bruyne e Kane. L’undici della Liga avrebbe Benzema come ovvio trascinatore, attorniato da talenti del calibro di Vinicius, Pedri e João Felix. La Bundesliga avrebbe mezzo Bayern, e forse qualcosa in più, non parliamo della Ligue 1, che sarebbe una sovrapposizione in toto del Paris Saint-Germain.

Ok, non esiste niente di tutto questo, almeno al momento: perché nelle ultime settimane si è mormorato, sempre con maggior insistenza, di possibili sviluppi di un evento del genere. Sul modello di quanto accade negli Stati Uniti, dove nelle leghe professionistiche dei vari sport (anche nel calcio) ci si ferma per un weekend per dare spazio a un appuntamento che metta insieme spettacolo e intrattenimento, e che al tempo stesso soddisfi le fantasie più estreme di ogni appassionato di calcio. Non abbiamo mai visto Messi e Cristiano Ronaldo giocare insieme: soltanto un All-Star Game avrebbe reso possibile tutto questo.

La suggestione lanciata dal numero uno del Chelsea

Modello americano, dicevamo, e non poteva che essere un figlio degli States e della loro cultura sportiva a uscire allo scoperto, per la prima volta, sul tema. Todd Boehly, neo-presidente del Chelsea, rilevato da Abramovich per circa cinque miliardi di euro, ha già fatto parlare molto di sé nei suoi primi mesi nel mondo del calcio: in estate ha speso quasi 300 milioni di euro sul mercato, poi tra lo stupore generale ha esonerato Thomas Tuchel, l’uomo che ha riportato a Londra la Champions nel 2021, quindi ha fantasticato a proposito di un network calcistico che faccia capo al Chelsea, sul modello del City Football Group o di Red Bull. Infine, la suggestione: organizzare un All-Star Game della Premier League, che metta di fronte il Sud contro il Nord (in pratica, Londra contro Liverpool e Manchester). Aggiungendo: «In Mlb (la lega di baseball americana, nda), abbiamo guadagnato 200 milioni di dollari in un lunedì e martedì».

In pratica, la parata di stelle del calcio inglese – e magari anche europeo: ci arriviamo – sarebbe il modo migliore per consegnare alla nuova platea globalizzata il prodotto calcistico per eccellenza. Dove l’idea dello show scalza, foss’anche soltanto per novanta minuti, quella del risultato a tutti i costi: un evento con l’ambizione di diventare iconico, o quantomeno audace e spiazzante. Un match che possa attirare l’attenzione di un’audience autenticamente allargata, superando il concetto di tifo. Una soirée di gala più seducente di un Manchester City-Liverpool o di un Chelsea-Manchester United, nettare purissimo per televisioni e sponsor. 

Manchester City vs Liverpool, Premier League

Shaun Botterill/Getty Images

Un All-Star Game anche in Serie A?

Un momento: il calcio inglese è già una miniera d’oro, se si pensa che dai diritti tv, per il triennio in corso, il campionato incassa oltre dieci miliardi di sterline (mettendo insieme tanto gli accordi nazionali quanto quelli internazionali). Forse questa idea potrebbe essere perfetta per chi la Premier tenta disperatamente di inseguirla? La Serie A, per esempio: «L’idea di un All-Star Game di Serie A merita attenzione: studieremo il progetto e valuteremo tutti i pro e i contro», ha detto Lorenzo Casini, presidente di Lega. Anzi: le riflessioni sarebbero già a uno stato avanzato, come suggerisce il Times, che riporta ipotesi, seppur in fase embrionale, di un All-Star Game che coinvolga i quattro principali campionati europei, vale a dire Inghilterra, Italia, Spagna e Germania.

Del resto, siamo nell’epoca calcistica in cui non c’è più da meravigliarsi di nulla: che siano Mondiali a novembre e dicembre, nuovi tornei come Conference League o Nations League, progetti sulla carta come Mondiali per club allargatissimi, sul modello di quelli per Nazionali. Più partite, più spettatori, più introiti. Non per forza un aspetto positivo, come ha tuonato Jürgen Klopp, tecnico del Liverpool, rispondendo direttamente a Boehly: «Quando trova una data libera, che mi chiami pure. Negli sport americani i giocatori hanno quattro mesi di pausa».

La top undici di Serie A? È già esistita

In sintesi: sarebbe un incubo per calciatori e allenatori, strano per i tifosi più tradizionalisti, una favola per i newcomer del calcio, che siano addetti ai lavori o semplici appassionati. A dirla tutta, appuntamenti del genere, in passato, sono già stati organizzati. Proprio con la Serie A come protagonista. La prima volta fu nel 1960: la rappresentativa del nostro torneo, con in campo giocatori come Boniperti e Altafini, vinse 4-2 contro una selezione di giocatori inglesi. L’idea dell’allora presidente della Lega Nazionale Professionisti, Giuseppe Pasquale, era partita da un semplice presupposto: la nostra Nazionale non aveva mai battuto l’Inghilterra (sarebbe stato così fino al 1973), perciò perché non provarci con l’aiutino dei giocatori stranieri? Detto, fatto.

Questa “stravagante” Nazionale sarebbe rimasta in piedi ancora per qualche decennio, scendendo in campo ancora negli anni Sessanta e poi, a cadenze sempre più irregolari, negli anni successivi. Un altro tentativo fu fatto nel 1988, quando la selezione di Serie A, che vantava anche Diego Armando Maradona, pareggiò 2-2 un match contro la Polonia, con gol di Tassotti e del fuoriclasse argentino. Tre anni dopo, le stelle del nostro campionato affrontarono una selezione del torneo inglese, e non ci fu storia: come poter mettere sullo stesso piano una squadra formata da Van Basten, Matthäus e Careca, contro una formazione legata ancora a un calcio tutto corsa e tackle durissimi? Van Basten, Careca e Simeone firmarono il 3-0 finale. A Napoli ci furono appena 15mila spettatori, comunque diecimila in più dei presenti, a San Siro, della gara del 1988. L’esperimento fu, così, definitivamente accantonato.

Europa contro Resto del Mondo e altre parate di stelle

Altri sfide in stile All-Star Game furono organizzate a livello internazionale, per esempio mettendo di fronte Nazionali contro rappresentative che comprendessero il resto del mondo o anche partite che mettessero di fronte selezioni di continenti diversi. Anche qui, l’Italia ha avuto il suo momento di visibilità. Nel 1998, per festeggiare il centenario della Figc, la Nazionale azzurra sfidò a Roma una selezione di migliori giocatori al mondo: finì con un pirotecnico 6-2, con tripletta di Chiesa, gol di Inzaghi, Di Francesco, Fuser, mentre per le World Stars andarono a segno Batistuta e Weah. 

La selezione Resto del Mondo è stata a lungo protagonista di varie partite speciali, contro avversari di volta in volta diversi (e dunque rimodulandosi di volta in volta), su spinta della Fifa: la prima volta nel 1963 contro l’Inghilterra, quindi sfide contro Brasile, Argentina, Germania, Asia, Russia, persino Real Madrid (nel 2002, l’ultima apparizione). Ci sono state anche due partite che hanno messo di fronte l’Europa contro il Resto del Mondo, come succede oggi con la Laver Cup di tennis: nel 1982 a New York, con la nostra Nazionale fresca di titolo mondiale, con vittoria europea per 3-2 e gol decisivo del nostro Giancarlo Antognoni; in seguito, nel 1997, stavolta con vittoria del Resto del Mondo con doppiette di Ronaldo e Batistuta.