Non chiamatelo distillato, il sake (rigorosamente senza accento), è il risultato di una doppia fermentazione del riso, innescata da una muffa e dall’aggiunta di un lievito peculiare. Di fatto è una bevanda alcolica, con una gradazione che varia dai 15 ai 18 gradi, che oggi nel mondo, a dimostrazione della sua crescente popolarità, ha un giorno dedicato, il 1 ottobre, il World Sake Day. In Giappone di sake ne esistono infinite varierà, e dipendono dal tipo di riso che viene lavorato. Le più comuni, sotto cui si sviluppa tutto il mondo del sake, sono tre: Junmai, Junmai Ginjo e Junmai Daiginjo.

Il mondo dei sake

Ogni sake si differenzia da un altro fondamentalmente per il grado di sbramatura del riso, oltre che per le caratteristiche specifiche di profumo e sapore. Tutto ciò rende questa bevanda più o meno strutturata, più leggera o più corposa, più o meno aromatica, così come può essere per il nostro vino. La percentuale di levigatura del chicco in media è del 70% per il Junmai, del 60% per il Junmai Ginjo, e del 50% per il Junmai Daiginjo. Il Junmai è tra tutti, quello con più struttura e corpo, che si traducono in persistenza e aromi intensi. Il Junmai Ginjo ha una media struttura mentre il Junmai Daiginjo è quello più fine, delicato e più elegante in bocca. Come il vino, ha tempi precisi e ineludibili: la produzione inizia a ottobre con la raccolta dei chicchi e termina a marzo. Del vino non ha tuttavia la longevità, dal momento che solitamente si consuma entro l’anno, eccezion fatta per i sake invecchiati, i Koshu, che acquistano nel tempo sentori di spezie e di frutta secca, un corredo aromatico più complesso che li rende perfetti per piatti più strutturati.

Come si consuma il sake


Tradizionalmente in Giappone si serve nei choko, che sono piccoli bicchieri alti pochi centimetri. Per apprezzarlo al meglio oggi si utilizzano calici trasparenti, come quelli adottati per il vino bianco, con una coppa non troppo ampia e una apertura contenuta. La temperatura di servizio ideale è quella ambiente, oppure a 8-12°, in base al gusto personale. Un tempo si era soliti servirlo caldo, ora questa usanza è indicata per i sake Junmai e Honjozo, proposti a 40-45°, per percepirne appieno il gusto e l’aroma. Fondamentalmente la temperatura corretta dipende dal tipo di sake: quelli secchi si servono a 45-50°, quelli più morbidi a 40°.

Gli abbinamenti con la cucina giapponese

Gli abbinamenti del sake con la cucina giapponese richiamano risonanze di territorio e di tradizione, ma anche in questo caso è fondamentale non cadere nella trappola dell’apparente semplicità degli accostamenti. Un concetto simile a ciò che accade con il vino per noi. Grassezza, acidità, sapidità e dolcezza di un alimento vanno bilanciate con la delicatezza o la struttura di un sake, affinché le note di questo si possano integrare con il corredo aromatico del piatto. Per non sbagliare, ci viene in aiuto Federico Zhu, direttore di Aji – brand di IYO Group specializzato nel settore delivery e take away – che propone una selezione di sake premium caratterizzati da una spiccata delicatezza che consenta di esprimere al meglio le proprietà organolettiche dei cibi. Protagonisti della sua selezione sono i sake più pregiati, i Junmai Daiginjo.  “Come dicono in Giappone, il sake più buono è quello più puro, delicato e neutro. Il trucco per il pairing perfetto sta nella capacità di valorizzare il piatto, senza incidere eccessivamente sul gusto. A differenza del vino, il sake non completa la cucina giapponese, ma le dà supporto nell’esaltazione dei sapori” spiega Federico Zhu. Materie prime delicate richiamano un sake dal sapore neutro, mentre è preferibile uno strutturato se il piatto presenta una certa complessità di sapori. Quindi, se siete a casa e volte godervi un buon bicchiere di sake accompagnandolo con un piatto gourmet, “Scegliete il Dassai 23 – avverte Zhu - delicato e fine, e abbinatelo a un Gunkan Rose o a una Tartare Hamachi miso. In questo caso la lieve percentuale di acidità della bevanda sarà perfetta per sgrassare la parte più oleosa del pesce. Se avete nel bicchiere un sake dalla struttura media come il Dassai 39, scegliete gli Shinkai Roll, in cui si combinano la delicatezza della ricciola e le note speziate dell’jalapeño: in questo caso avrete un equilibrio perfetto. Se invece volete degustare un sake importante e complesso come il Dassai 45, optate per Sushi e Sashimi. In questo caso avrete nel calice una proposta bilanciata, capace di sposarsi con infinite varietà di pesce, strutturate e non”. 

…e con la cucina italiana

Il sake è così versatile che si può accostare a tutte le cucine del mondo, dalle più aromatiche e speziate alle più delicate. Quindi anche alla nostra. “L’unica differenza, rispetto all’abbinamento con il vino – afferma Zhu - è che il sake non deve essere in concordanza o in contrasto con il piatto, ma lo deve integrare”. Può essere servito con una insalata caprese, con del Parmigiano Reggiano, con le lasagne e persino con un dolce, il classico tiramisù. “Con un Parmigiano di 12, 24 o 30 mesi - spiega Zhu - si possono degustare tre tipi di sake diversi. Un Junmai o Ginjo dall’umami più presente e strutturato, è perfetto con un 30 mesi, mentre un Ginjo o un Daiginjo, più floreali e delicati, stanno bene con un 12 o 24 mesi.  Spaghetti al pomodoro con olio di oliva e Parmigiano sono ancora più facili da abbinare perché l’acidità del pomodoro, l’umami del parmigiano e la parte untuosa dell’olio si sposano con sake strutturati come Junmai o Ginjo. L’abbinamento con il Parmigiano poi, potrebbe essere molto interessante anche con un Honjozo (un sake con aggiunta di alcol) o un Tokubetsu (un Junmai con sbramatura del chicco più importante) o ancora con un Sake Edo. Quest’ultimo appartiene a uno stile antico di sake, in cui veniva fatta una sbramatura del chicco meno importante. In questo modo rimane nella bevanda una parte di amido che durante la fermentazione si trasforma in saccarosio e regala un gusto dolce e consistente. E’ il sake perfetto per accompagnare un dessert al cioccolato o il classico tiramisù”.

Idee per conservare il sake a casa

Come per il vino, anche per il sake sono necessarie alcune attenzioni: fonti di luce, di calore, vibrazioni e rumori molto forti possono influire sul mantenimento della bevanda. Il sake solitamente non è un prodotto da invecchiamento, ma deve essere consumato entro sei mesi, o un anno al massimo, perché rimanga fresco. Importanti sono temperature e umidità: dai 2° ai 16° e 70-80% sono i valori ottimali per una conservazione perfetta. 

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