Le regole e le restrizioni draconiane che hanno costretto quasi 25 milioni di persone in casa per mesi a Shanghai restano pronte a scattare in qualsiasi momento
Si andrà avanti a combattere «fino alla vittoria finale». Il 10 marzo 2020, da Wuhan, Xi Jinping aveva dichiarato vinta la prima battaglia contro «il demone» del virus. Oltre due anni dopo, sempre da Wuhan, Xi Jinping proclama che la guerra non è ancora finita e chiarisce quello che la Cina aveva capito già da tempo: la strategia zero Covid proseguirà ancora a lungo. In visita nella città nella quale ha avuto origine la pandemia, il presidente cinese ha spento le speranze di chi sperava in un cambio di rotta nel breve periodo.
La pandemia è «un grande test», ha affermato Xi, che si è detto pronto (come già peraltro ampiamente dimostrato) a mettere in secondo piano la crescita per vincere la sua guerra personale. «Meglio influenzare temporaneamente un po’ lo sviluppo economico che danneggiare la vita e la salute delle persone, in particolare per proteggere anziani e bambini», ha detto il leader cinese, che poggia proprio sui numeri più bassi di morti e contagiati rispetto ai paesi occidentali la presunta superiorità del suo modello.
Ergo, la presunta superiorità del modello cinese tout court, al cui centro ci può essere solo e soltanto il Partito comunista. Solo e soltanto Xi stesso, che vuole appuntarsi una medaglia sul petto per mettere al sicuro il suo terzo mandato in occasione del XX Congresso del prossimo autunno. Secondo Xi, le misure di prevenzione della pandemia made in China «sono le più economiche ed efficaci». E ha ribadito: «Abbiamo la fiducia necessaria per coordinare il lavoro di prevenzione e controllo delle epidemie e lo sviluppo economico e sociale, e ci sforziamo di raggiungere un livello migliore di sviluppo economico quest'anno. La tenacia è vittoria».
L'avviso del nuovo timoniere arriva in una congiuntura a dir poco particolare. Nelle scorse ore le autorità hanno annunciato che sarà dimezzata la quarantena centralizzata necessaria per chi arriva dall'estero o per chi ha avuto contatti con contagiati. L'isolamento passa da 14 a 7 giorni. Ma le parole di Xi chiariscono che non si tratta di un rilassamento della strategia zero Covid. Il governo non ha ancora nessuna intenzione di convivere con il virus, nonostante la direzione intrapresa dal resto del mondo, ma di eradicarlo. Secondo molti analisti anche o soprattutto per la scarsa fiducia nei confronti dei vaccini cinesi, gli unici per ora disponibili nel paese.
Per questo le regole e le restrizioni draconiane che hanno costretto quasi 25 milioni di persone in casa per mesi a Shanghai restano pronte a scattare in qualsiasi momento. Anzi, una dichiarazione di due giorni fa ha scatenato panico e rabbia tra i cittadini. In una comunicazione scritta di Cai Qi, il segretario del Partito comunista di Pechino, è comparsa un'indicazione inquietante: «Nei prossimi cinque anni, Pechino si impegnerà senza sosta per la normalizzazione della prevenzione e del controllo delle epidemie». Cioè, altri cinque anni di zero Covid. L'avviso è stato pubblicato per la prima volta dal Beijing Daily e ripubblicato da altri media statali.
Si è diffuso ampiamente sui social media, ma presto il riferimento ai «cinque anni» è stato rimosso dalla maggior parte delle pubblicazioni online. L'annuncio e la successiva modifica hanno scatenato rabbia e confusione tra gli utenti cinesi. I censori digitali hanno rapidamente cancellato l'hashtag «i prossimi cinque anni», che era immediatamente diventato virale attirando diverse critiche contro le politiche pandemiche del governo.
C'è anche chi azzarda si sia trattato di un test, o di un segnale mandato a Xi, per mostrare il malcontento popolare verso la durezza e la scarsa flessibilità di una politica che nonostante gli annunci continua a creare grandi incognite sul futuro economico e sociale della Repubblica Popolare.