Sconcertante storia di maltrattamenti dietro alla tragedia di Gabriela e Renata Arrivarono a fare cinque denunce in un anno. Ma tutto era in via di archiviazione
Castelfranco «Non dava più un soldo a moglie e figlia, ma impediva loro di lavorare. Così erano ridotte alla fame, e per avere letteralmente di che mangiare la signora aveva dovuto vendere gli ori di famiglia». Lo sottolinea Annalisa Tironi, l’avvocato di Gabriela Trandafir, la 47enne uccisa lunedì a fucilate assieme a sua figlia Renata Alexandra, 22 anni, dal marito reo confesso Salvatore Montefusco, 69 anni, nella casa in cui abitavano alla Cavazzona.
Ieri in Tribunale dovevano esserci due udienze decisive: quella per la separazione e quella in cui il giudice per le indagini preliminari doveva decidere in merito alle denunce della donna per maltrattamenti e atti persecutori, per le quali il pm aveva chiesto l’archiviazione. Su questo fronte il giudice ha rinviato al 5 luglio: l’intenzione sembra quella di proseguire le indagini, anche alla luce delle due nuove denunce presentate dalla figlia ad aprile. Ma bisogna capire se la Procura intende assorbire il fascicolo in quello degli omicidi o se proseguirà in un percorso separato. Anche se le denuncianti sono morte, il fascicolo mantiene tutta la sua ragion d’essere, anche perché resta un figlio 17enne che è anche lui parte lesa nei maltrattamenti. Sul fronte della separazione, il giudice è stato informato del duplice omicidio e si è riservato di valutare la situazione nel contesto che si è creato: la moglie che voleva il divorzio non c’è più, ma va riconsiderato tutto nella prospettiva del figlio rimasto, per cui potrebbe essere disposto un obbligo di mantenimento da parte del padre.
Al di là di quelle che saranno le decisioni finali, mano a mano che emergono particolari sulla situazione famigliare, si resta sempre più perplessi sul fatto che, a fronte di ripetute denunce, non siano mai state disposte misure cautelari da codice rosso a tutela delle due donne. Il marito infatti non è mai stato allontanato da casa, l’unica misura nei suoi confronti è stata il ritiro del porto d’armi (era un cacciatore provetto) che però non gli ha impedito di tenere in casa lo stesso il fucile a canne mozze che ha usato per il massacro. Si sa che la foto di un’arma tenuta in casa, quella o un’altra, era stata inserita da Gabriela nella denuncia, a rafforzare i suoi timori.
La moglie aveva fatto la sua prima denuncia a luglio 2021, andando da sola dai carabinieri di Castelfranco perché non poteva permettersi un avvocato. Annalista Tironi l’ha poi presa in carico in gratuito patrocinio. La seconda denuncia già nell’agosto 2021, legata al fatto che l’arma era sparita in casa e questo amplificava i timori. La terza a dicembre 2021, per il gps attaccato alla sua macchina. A sua volta Renata aveva fatto altre due denunce tra l’aprile e il maggio 2022, per violenze psicologiche e verbali.
La prima denuncia è stato un punto di non ritorno: «Da allora il marito ha tolto alla famiglia il sostentamento – sottolinea il legale – non versava più sul conto corrente un euro dalla sua pensione. Era arrivato ad affamare le due donne, al punto che ad agosto si ridussero a mangiare delle uova andate a male». E lui non volle per loro nemmeno le cure: «Stettero male, chiamarono il 118 ma lui rimandò l’ambulanza indietro – prosegue – se vollero essere portate in ospedale dovettero contattare la sorella di Gabriela che dal Veneto richiamò l’ambulanza dicendo che doveva tornare lì perché c’erano delle persone che stavano veramente male».
Oltre alle privazioni, le minacce, sempre più gravi: «Dopo le denunce, diceva alle due donne: “Ve la farà pagare, ve la faccio vedere io. Vi leverà tutto, farò di tutto per levarvi tutto” con toni sempre più aggressivi». Aveva attacchi d’ira tremendi: «A gennaio 2022 sfasciò il giardino, ma il figlio riprese tutto col telefonino. Rompeva anche le suppellettili in casa nelle sue scenate. Una volta fu ripreso di notte armeggiare attorno all’auto della moglie, che alla mattina se la ritrovò con tutte e quattro le gomme tagliate. E tanti altri episodi».
Montefusco aveva conosciuto Gabriela nel 2000 e per lei lasciò la precedente moglie con cui viveva a Riolo e con cui aveva avuto tre figlie. Andò a vivere con Gabriela nella casa che lui stesso aveva costruito in via Cassola di Sotto, allietata nel 2005 dalla nascita del suo primo figlio maschio. L’intestò a lei, che a sua volta decise di donarla al bambino e a Renata, disponendo l’usufrutto per la madre. Il matrimonio arrivò solo nel 2019. Ma dopo le nozze le cose iniziarono a peggiorare.
Lunedì l’avvocato Tironi aveva visto madre e figlia alle 9 nel suo studio: «Erano rimaste fino alle 10.30, contente che il giorno seguente finalmente tutto sarebbe finito con la separazione – rimarca – ne avevano patite tante, ma non immaginavano assolutamente quel che sarebbe loro accaduto rientrando a casa. Sapevano che era violento, ma non lo avrebbero mai immaginato capace di compiere un massacro del genere». l
D.M.
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