Roberto Bassi riconosce le qualità del 32enne padovano con cui ha volato per oltre 150 ore: «Le variabili su cosa sia accaduto sono molte»
Fitta vegetazione, dirupi, forre, un elicottero scomparso nel nulla sull'Alto Appennino Tosco-Emiliano, teorie di ogni genere sul mistero che avvolge un velivolo che trasportava sette persone, ma ancora nessuna notizia certa: Roberto Bassi, il presidente della Scuola Nazionale Elicotteri «Baracca» di Lugo di Romagna, non si riesce a spiegare come sia potuto capitare a Corrado Levorin, il pilota 32enne padovano con cui ha volato per oltre 150 ore, a cui ha insegnato a volare per 14 mesi e al quale alla fine ha consegnato il brevetto.
Bassi, si è fatto un'idea su cosa possa essere accaduto?
«Le variabili possono essere molte. Noi piloti abbiamo un gergo a volte sarcastico, ma che può rendere l'idea. Le chiamiamo “nubi con l'osso”».
Intende dire una nuvola che nasconde una montagna?
«Sì. Ma ci sono tanti altri fattori da considerare, in una situazione che resta come minimo molto strana. Quando si lavora per i privati, per esempio, a volte entra in gioco la fretta dell'operatore o del committente, che magari insiste perché si voli comunque anche in condizioni di maltempo. Non dico che sia accaduto questo, ma è una possibilità».
Lei conosce bene Levorin, era un tipo da prendersi azzardi?
«Assolutamente no. È venuto alla mia scuola che aveva 22 anni e aveva già l'imprinting del vero professionista. Una persona ponderata, molto esigente con sé stessa, sempre modesta. Non era una testa calda. Pensi che una volta credeva di non aver eseguito correttamente una delle manovre del corso, invece aveva fatto tutto bene. Voleva sempre migliorarsi e stava molto attento alla sicurezza».
I soccorsi coordinano le ricerche basandosi sull'ultima cella telefonica agganciata dallo smartphone del pilota. Perché crede che l'ELT, il radiofaro d'emergenza per elicotteri, non abbia inviato alcun segnale d'aiuto?
«L'ELT dovrebbe esserci sempre, ma non è detto che ci sia. Dovrebbe entrare in funzione in casi d'emergenza, ma, se per esempio è stato installato in una parte vulnerabile del velivolo, come il muso, e questa parte subisce un impatto, può danneggiarsi e non funzionare. Andrebbe testato una volta ogni trenta giorni, per evitare falsi allarmi e quindi non è detto che non si sia guastato dall'ultimo test. C'è poi un aspetto da non dimenticare: quando in caso d'incidente non si inviano segnali d'allarme, è perché si hanno le mani impegnate altrove e ci si trova in una situazione critica».
Si discute anche sul piano di volo. Sembra che non sia mai stato fatto.
«Passando dalla regione di controllo dell'Italia Meridionale, a quella dell'Italia Settentrionale, come nel caso di questa rotta, il piano di volo deve essere fatto. Non so perché non ci fosse, ma può anche darsi che Roberto intendesse compilarlo mentre era in volo, per guadagnare tempo. Avrebbe potuto farlo, per esempio, se fosse arrivato all'aeroporto di Pavullo, dove doveva fare rifornimento, per poi proseguire verso Treviso».
Sembra che il segnale d'allarme ai soccorritori sia arrivato tardi.
«Questo non è possibile. C'è una procedura standard per cui, in assenza di comunicazioni particolari, 30 minuti dopo il tuo mancato arrivo a destinazione, scatta il protocollo di soccorso. Si calcola il carburante che avevi a bordo e partono a cercarti».
Si discute anche sulle condizioni meteo. Le stazioni meteorologiche degli impianti sciistici in zona, non registrano precipitazioni e misurano il vento in picchi massimi di 30 km/h, un'inezia per un elicottero. C'erano però delle nubi.
«Le montagne serbano sempre delle sorprese. Io è da ieri che riguardo i bollettini meteo, ma i bollettini dicono per esempio, nubi a quota di 2000 metri, poi quando uno arriva lì, le nuvole si sono spostate a 1000 metri. Un pilota queste cose le valuta al momento, poi bisogna vedere qual è stato l'inquinamento del processo decisionale, per convincerlo a proseguire, magari cercando una vallata più bassa attraverso gli Appennini, e non a tornare indietro o cambiare rotta».
A più di un giorno di distanza dalla scomparsa del velivolo, c'è ancora speranza?
«La speranza c'è ancora. Possono essere ancora tutti vivi o almeno qualcuno di loro. Io spero che Corrado stia vagando per i boschi e che torni presto a casa».