A Nonantola funerale sobrio ma pieno di testimonianze toccanti, applausi e battute in memoria del leggendario ristoratore. La sorella: «Ricordati dei meriti della Bruna»
NONANTOLA Lacrime, abbracci, risate, pacche sulle spalle. È iniziato il grande ritrovo in sua memoria. Alle tre e mezza, sotto un caldo umido soffocante, il sagrato della splendida Pieve di Nonantola si riempie e alla vista del carro funebre scoppia un applauso liberatorio. Il funerale di Ermes Rinaldi, il più famoso oste di Modena, titolare della trattoria di via Ganaceto - uno dei locali più celebri nel mondo per la cucina tradizionale emiliana - diventa l’occasione per stare ancora una volta insieme a lui.
Come ricordano proprio i più intimi, “Gli amici di Ermes”, il gruppo che per mille volte ha pranzato da lui e per mille volte si è dato da fare per attività anche benefiche. Saranno proprio loro - visibilmente tesi ed emozionati - a portare a spalla la bara nell’antica Pieve di Nonantola, paese d’origine dell’oste e dal quale non si è mai staccato: a salutarlo al funerale ci sarà una rappresentanza dei vecchi amici non solo del famoso “Tavolaccio” della trattoria ma anche degli amici di infanzia de La Grande, quelli che giocavano con lui al bar di suo padre e guardavano tutti insieme la tv mentre Ermes gettava sul tavolo sacchetti di romelline.
Che dire della messa funebre? Sobria ed essenziale, ma anche occasione per parlargli ancora una volta. Don Graziano esordisce con una frase degni di Ermes: «Salutiamo il Gabbiano che ha iniziato a volare molto in alto». In prima fila Bruna, moglie di Ermes e regina della cucina per quasi sessant’anni, e i figli Anna e Andrea insieme a parenti e amici più stretti. Poco prima della messa, il sindaco Gian Carlo Muzzarelli e Bruna si erano abbracciati forte, segno che il legame tra Modena e la trattoria non passa con la morte del patron. Don Graziano, forte della sua esperienza decennale a Sant’Agostino, parrocchia sotto la quale cadeva anche “Ermes”, ha raccontato il senso profondo e intimo della sua vita. Un uomo che, fuori dalla maschera burbera e bonaria dell’oste spiccio, in realtà era molto attento all’accoglienza, secondo l’antica tradizione modenese, sempre pronto a offrire un posto a tavola senza fare distinzioni.
Un uomo generoso che portava spesso a Sant’Agostino tutto ciò che avanzava in cucina dopo il servizio per darlo ai poveri del quartiere. Che interrompeva l’omelia per salutare il parroco dalla porta laterale, comparendo col suo grembiule unto e bisunto. E che si era fatto in quattro, coi suoi fedelissimi, per i bambini poveri di Nairobi. «Ricordo ancora quanto brillavano i suoi occhi quando mi parlava del Kenya», ha detto don Graziano - la sua apertura di cuore non aveva confini ed era felice di essere stato in Africa». «Gabiàn, ci mancherai. Sappiamo che sei dal Signore. Dì qualche preghiera per noi, e non esagerare a servire lambrusco», ha concluso la sua omelia in collegamento diretto col paradiso. Il finale è stato l’occasione per alcuni interventi toccanti e divertenti. Il sindaco Muzzarelli, con voce rotta e secondo alcuni con gli occhi lucidi, ha ricordato il senso di comunità che sapeva creare alla trattoria. Per “Gli amici di Ermes”, è stato detto che la sua morte non deve fermare il gnocco fritto per beneficenza. Infine, la sorella di Ermes gli ha dato una strigliata finale facendo esplodere la Pieve di risate e gioia: «Arcòrdet, Gabiàn, ch’i merit che ed tòlt eren tot ed tu muièra». Un riconoscimento d’obbligo a Bruna che in quasi sessant’anni di lavoro quotidiano ha avuto un peso pari se non superiore per la fama della trattoria, anche se in sala il mattatore era uno: Ermes. l