C’è un super potere che vorrebbe proprio avere. E recentemente ha detto un sì importante a qualcuno a cui tiene molto. Lo racconta mentre inanella due no di seguito. Il primo, «non ci sarà una quarta stagione di Shtisel», ma poi torna sui suoi passi, «in effetti la terza è arrivata a cinque anni di distanza dalla fine della seconda, chi può dirlo». Il secondo no è per i ruoli religiosi, «sono stata la Madonna e una delle sue amiche, ora basta con quel filone…», salvo poi vedersi proporre il ruolo di Libbi nella serie tv di Netflix, e accettarlo. Hadas Yaron, 30 anni, israeliana, arriva all’intervista direttamente da New York: «Mio fratello si è sposato e non potevo mancare, ma preferisco mille volte l’Italia all’America», dice in un italiano perfetto. Un po’ italiana lo è anche lei. L’abbiamo già vista in La felicità è un sistema complesso, di Gianni Zanasi e tre anni dopo in Troppa grazia, dello stesso regista. Sempre in Italia era stata nella giuria del Torino Film Festival e a Venezia aveva vinto la Coppa Volpi per La sposa promessa di Rama Burshtein (premio trasformatosi in un Academy Award d’Israele). Dal 30 settembre è di nuovo in un nostro film, I nostri fantasmi, di Alessandro Capitani, presentato alle Giornate degli Autori dell’ultima Mostra del cinema di Venezia. Hadas è Myriam, madre di una bambina di due anni in fuga dalla violenza del marito. Incontrerà Valerio (Michele Riondino), anch’egli in fuga ma dai servizi sociali, a cui cerca di sottrarre il figlio. Si capiranno e si riconosceranno. Galeotto, il sottotetto di una casa.
Quanto ha impiegato a imparare un italiano così perfetto?
«Sei settimane di corso intensivo. Per il film di Gianni Zanasi mi hanno dato un’insegnate eccellente a Roma. Da allora ogni volta che torno da voi sono subito capace di recuperare il filo, le lingue mi risultano facili. E le confesserò una cosa…».
Vuole insegnarlo agli italiani.
«Vorrei migliorare l’uso del condizionale! Se mi chiedesse quale super potere vorrei, le risponderei che è poter parlare tutte le lingue del mondo. L’ebraico per me è una specie di codice segreto, so che se scrivo qualcosa in genere nessuno è in grado di leggerla e comprenderla».
Intanto sarà in I nostri fantasmi.
«La costumista del film mi ha detto che secondo lei nella vita passata mio padre era un italiano. Io so solo che quando arrivo In Italia mi sento bene».
Con Riondino è stata bene?
«È molto gentile, una persona calda che lascia spazio agli altri. Abbiamo condiviso molto con questo lavoro».
Miryam è una madre in difficoltà, braccata da un marito violento a cui cerca di sfuggire.
«Un’amica mi ha chiesto di descrivere questa donna, e cercando di farlo ho capito che è difficile afferrare chi vive in uno stato di sopravvivenza, percepire chi è davvero. E nei momenti più leggeri riesci solo a intuirla».
Ha sentito il salto di notorietà avuto grazie a Shtisel?
«Non me ne sono accorta. Se stai a casa e fai la tua vita, le persone non ti vedono diversamente da prima. Il punto è che continuano ad arrivarti proposte simili ai personaggi che fai…».
Vuole dire basta con le donne religiose?
«Mi ero detta “è abbastanza, a meno che non mi propongano qualcosa di pazzesco…”, e lo hanno fatto! E poi in Israele scrivono di due argomenti, religione o militari, i nostri temi sono quelli».
Dica la verità, lei e Michael Aloni non vi siete mai innamorati per davvero?
«Mai. Aveva una compagna e quando si sono lasciati ho frequentato più lei di lui. Siamo vicini di casa, abitiamo a 400 metri di distanza».
Dov’era quando è scoppiata la pandemia?
«Sono tornata dall’Ucraina, dove stavo girando un film, ho fatto la mia quarantena ma ho incontrato comunque mia madre. Non ho avuto malati fra amici e parenti, il periodo è stato sereno. Siamo strani, da noi tutto succede in modo diverso, adesso abbiamo già fatto il terzo vaccino».
Ha preso decisioni importanti, cose da momenti speciali?
«Ho deciso di vivere e mi sono sposata. Io e Lio (Lior Amsterdamski, ndr) eravamo insieme da sei anni, ma scappavo sempre dall’argomento, stavolta qualcosa è cambiato. È uno scrittore di sceneggiature, ed è cambiato anche lui. Ha iniziato a lavorare in modo più stabile, anch’io ho iniziato a pensare più a questo tema».
Il prossimo film?
«Le riprese inizieranno a gennaio in Israele. È la storia di una donna che ha una depressione post partum e ha un’amica che ha lo stesso problema. Ma entrambe non se ne rendono conto».
Ultima domanda: studia ancora il tip tap?
«Ho preso solo due lezioni in vita mia, poi ho continuato studiando in rete. Ballare mi fa così felice che ho comprato anche le scarpe. Pratico anche lo yoga, fa bene al corpo e all’anima. Soprattutto mi ricorda di respirare, cosa che dimentico spesso».