Ci si può pentire di essere diventate madri? Sì, ma non si può dirlo. O meglio, è possibile, ma correndo il rischio di essere guardate con perplessità o disprezzo dall’interlocutore di turno.
Ad esporsi, scoperchiando il velo di Pandora, ci ha pensato, in Brasile, Karla Tenório, attrice e scrittrice 38enne che su Instagram ha aperto il profilo @maearrependida , in portoghese mamma pentita, dando vita a un vero e proprio movimento di donne che, se potessero tornare indietro, non metterebbero al mondo bambini.
Quello che afferma è molto chiaro: «Amo mia figlia ma odio essere madre». Una frase indubbiamente forte e che sembra un paradosso ma non lo è.
Al contrario, invece, pone una questione complessa da affrontare, soprattutto in Italia, ma non solo, visto che un dibattito aperto sulla maternità non esiste e la chiave di lettura è unica: essere madri è bellissimo e ogni donna considera questa la gioia più grande.
Indubbiamente per molte è così ma per le altre? Per chi non vede nell’avere figli la realizzazione della vita e bambini non ne vuole o, peggio, li fa spinta da pressioni esterne, ma poi se ne pente?
Per loro non c’è via d’uscita, nessuna spalla alla quale appoggiarsi, nessun perdono.
A dire basta a questo pensiero a senso unico ci ha pensato Karla Tenório, che come prevedibile, sta ricevendo pareri contrastanti sul suo operato. Chi la considera una persona orribile e chi le riconosce il merito di essersi presa la responsabilità di dire le cose come stiano, almeno per alcune donne.
Quasi 19.000 fino ad ora i followers della pagina Instagram, donne che da tutto il mondo le raccontano ogni giorno le loro storie di maternità forzate e che non rifarebbero.
MADRI PENTITE ONLINE E A TEATRO
Karla, come è nata l’idea di creare questo gruppo?
«A spingermi è stata la voglia di parlare di maternità obbligatoria e riflettere sulla crudele pressione sociale e psicologica imposta alle donne che non amano essere madri, anzi odiano l’atto materno, affinché si sentano accolte nel loro dolore, trasformando la maternità in qualcosa che si possa esercitare in modi individuali, diversi e plurali. Di solito dico che il profilo Instagram Mãe Arrependida sia stato il via libera per affrontare questo tema, e personalmente per potermi assolvere come madre pentita. Oltre alla pagina social, Mãe Arrependida è anche uno spettacolo teatrale che ho fortemente voluto perché credo nell’arte come veicolo di trasformazione sociale, capace di scardinare idee radicate nei sotterranei della nostra coscienza moralistica».
UN MOVIMENTO GLOBALE
Karla non è la prima mamma pentita a dirlo pubblicamente. Prima di lei nel 2017 aveva affrontato il tema la sociologa israeliana Orna Donath, nel suo libro Pentirsi di essere madri, nel quale quasi una trentina di donne intervistate, esattamente come l’attrice brasiliana, affermavano di amare alla follia i propri figli ma di non sopportare tutto il resto, ovvero il rito sociale dell’essere genitore, le incombenze, gli obblighi, le cose da non poter fare, quelle da capire per forza, le pressioni psicologiche e le aspettative sociali.
«L’ambivalenza tra essere una madre pentita e amare mia figlia non è contraddittoria. Si parte dalla consapevolezza che la maternità e l’essere umano siano cose diverse. Io e mia figlia ci rispettiamo e ci amiamo nella nostra individualità. Questa è la relazione che stiamo costruendo insieme, basata sull’amore e sulla verità», spiega Karla, che alla domanda sul perché abbia messo al mondo una figlia pur non volendola, risponde con franchezza.
LA PRESSIONE SOCIALE
«Non sono mai stata convinta ma all’inizio mi sono fatta trascinare dall’entusiasmo del mio compagno. Con il senno di poi mi sono resa conto di aver assecondato un desiderio non mio, e questo ha portato a depressione post partum e con il tempo a un senso di inadeguatezza e frustrazione pressoché continuo. Mi ero chiusa in me stessa, pensavo solo alla bambina, volevo essere una buona madre a tutti i costi ma non ero più io».
Adesso, a distanza di 10 anni, con l’accettazione della propria situazione psicologica e una figlia che adora e che definisce una ragazza incredibile, le cose sono notevolmente migliorate.
Cosa significa per te essere una mamma pentita oggi?
«Lottare ogni giorno per andare avanti, senza deprimermi o abbassare la testa, non rinunciare all’amore, avere pazienza e portare la verità nella propria voce».
Ti scrivono molte donne che si ritrovano nella tua situazione?
«Sì, sono tantissime in tutto il mondo quelle che condividono il mio stesso pensiero e altrettante coloro che vivono situazioni ancora più drammatiche, soprattutto nella mia terra. Purtroppo il Brasile è un Paese sessista e tante donne e ragazze sono vittime di abusi e violenze di cui la società non si interessa e a cui nessuno presta ascolto».
Cosa ti senti di dire a una donna che stia vivendo la maternità in questo modo e si senta in colpa?
«Liberati e sappi che siamo in tante là fuori. Non sei sola, apriti con noi e non sarai giudicata. Rilassati, dire finalmente quello che provi non ti renderà un mostro. L’amore arriva solo quando il colpevole se ne va».