Cara Scuola,
quante domande ognuno di noi si pone in questo particolare periodo storico. Da un mondo in cui eravamo abituati a pensare di conoscere tutto ci siamo trovati catapultati in una nuova realtà dove tutto è incerto e le risposte non si trovano.
Un anno fa le nostre vite sono cambiate radicalmente, seppur abbiamo avuto qualche raggio di normalità e alcuni spiragli di miglioramento, oramai quei momenti sembrano terminati, come ricordi lontani non più raggiungibili, come le foto d’estate che riguardiamo mentre fuori dalla nostra finestra nevica.
Durante il primo lockdown noi studenti e anche i professori ci siamo dovuti adattare a un nuovo metodo di apprendimento, del tutto diverso e lontano dalla realtà scolastica a cui eravamo da sempre abituati. Da un giorno all’altro ci siamo trovati reclusi nelle nostre case, magari senza neanche i libri scolastici rimasti a scuola e magari con la speranza di tornare a prenderli, quei libri.
Speranza, questa è la parola con cui descriverei la primavera del 2020, quei mesi senz’altro duri, ma anche ricchi di speranza: probabilmente dovuta all’inconsapevolezza che c’era su questo virus, alla primavera che aleggiava nell’aria e all’estate che ci aspettava.
Ecco cosa ci manca adesso: mentre prima si vedeva una fine, una luce in fondo al tunnel, ora tutto è incerto, abbiamo capito che questo piccolo nemico non è qualcosa di così piccolo e passeggero, e finché non avremo capito come conviverci non potremo tornare alla normalità. Non è più un periodo momentaneo, se prima incerta era la potenza di questo virus ora incerti siamo noi e la nostra forza.
L’aspetto che più spaventa me e i miei coetanei è il futuro, già di per sé incerto e troppo grande per le nostre giovani vite, ora più che mai sconosciuto. Ci sentiamo smarriti, potrei dire dimenticati dal nostro paese e da tutto. Un paese in cui l’istruzione è considerata una delle migliori ma che poi chiude le scuole prima dei bar.
Senz’altro in un momento così critico la DAD è un bene per noi, se solo fosse successo 10 anni fa tutto sarebbe stato diverso e sicuramente peggiore. D’altra parte la didattica a distanza non può essere considerata un equivalente della scuola in presenza: Scuola non è solo lo studio, i compiti in classe e le interrogazioni. Scuola è umanità, è socializzazione e condivisione. Se ci vengono tolti questi fattori potremmo dire di vivere come dei robot: assimiliamo concetti e formule senza trovarne più un motivo, solo per il dovere di farlo, per poter raggiungere un risultato standard che confondiamo con la felicità.
Ecco cosa ci ha tolto la DAD: la consapevolezza, il conoscere il perché delle cose. Ci sta facendo dimenticare che la vita, anche quella scolastica, non è solo un insieme di voti che ci fanno diventare un numero. La vita comprende le persone, gli sguardi, le risate e anche i litigi. Ci rendiamo conto in questi momenti che le cose più importanti sono le più semplici: prendere il pullman con gli amici, ridere tra una lezione e l’altra, studiare in un bar dopo scuola fino a tarda sera e tornare a casa esausti, ma felici. Felici del contatto umano, dei pochi momenti di spensieratezza nelle pause studio e soprattutto felici di essere insieme.
Quei momenti, piccoli ma essenziali, oggi non ci sono più. Tra una lezione e l’altra ora non si ride più, si sta fissi sullo schermo del cellulare, magari anche parlando con gli amici ma sentendo comunque la distanza. Una distanza che purtroppo non è solo fisica, ma anche emotiva. Ci troviamo sulla stessa barca ma in compartimenti diversi e non raggiungibili gli uni con gli altri.
Questo discorso potrà sembrare superfluo considerando che c’è una pandemia mondiale in corso, ma sono convinta che gli effetti veri e propri di questa pandemia a lungo termine saranno più che altro mentali e sociali (soprattutto per noi ragazzi): mentre impariamo nozioni scolastiche da casa disimpariamo nozioni umane. Le relazioni si guastano e le persone si disabituano a ciò che prima era la normalità, ossia lo stare in mezzo alla società, il vivere in questo mondo.
Il problema è che prima o poi ci dovremo tornare, a questa dimenticata normalità. E in quel momento realizzeremo veramente ciò che la DAD ci ha tolto. Ecco perché trovo che sia importante alzarci ogni giorno con la consapevolezza che prima o poi, tutto finirà; pur non vedendo ancora la luce in fondo al tunnel. Ricordandoci però che quando finirà, dovremo essere aperti a tutto e pur avendo paura, pur essendo intimoriti dal mondo che ci aspetterà, dovremo accogliere tutto a braccia aperte, ricordandoci che Scuola, così come Vita, significa convivere e fare esperienze con altre persone, integrando ovviamente le lezioni e i valori che ci vengono insegnati tra i banchi scolastici (o attraverso uno schermo).
Letizia, Liceo Linguistico Salvatore Quasimodo di Magenta
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