A differenza del mondo Occidentale, in Giappone, il dolce a fine pasto è un’usanza molto rara. Non solo non ci si deve aspettare che venga offerto il menù dei dessert dopo una cena in un ristorante giapponese, ma vanno dimenticate anche crostate o torte pannose. I dolci tipici giapponesi incarnano un modo completamente diverso di vivere e gustare la pasticceria.
La cultura del Wagashi (con il termine si intende la pasticceria tradizionale giapponese) tramanda di generazione in generazione ricette di dolci dai colori, dalle forme e dalle consistenze sorprendenti. Niente a che fare con ciò che siamo abituati a gustare in Italia e nel resto d’Europa.
Così come da noi, i dolci facevano senza dubbio parte della dieta quotidiana degli antichi giapponesi, ma in origine, questi dessert si mangiavano semplicemente come accompagnamento durante la tradizionale cerimonia del tè. Preparati in mono-porzioni, non erano altro che piccoli assaggi con lo scopo, più che saziare, di stuzzicare e ispirare.
Le origini dei Wagashi risalgono al periodo Yayoi (300 a.C.-300 d.C.), quando la parte dolce dell’alimentazione era costituita da frutta fresca, frutta secca e bacche. Dal 710 in avanti (quello che gli storici definiscono il periodo Nara), il Giappone iniziò a subire l’influenza della Cina e del buddhismo, del tè e anche dei dolci. In questo periodo nascono le tecniche di lavorazione dei dolci a base di farina di riso; componente tutt’oggi fondamentale per la pasticceria nipponica. È solo durante l’epoca Muromachi (1336-1573), quando i Giapponesi stabilirono contatti commerciali con i portoghesi, che lo zuccherò entro a far parte degli ingredienti di uso quotidiano. Tuttavia, la cultura gastronomica nipponica si era ormai già formata e consolidata, e non c’era bisogno di inserire un nuovo ingrediente nelle ricette tradizionali.
Gli ingredienti dei tipici dolci giapponesi sono quindi quasi interamente di origine vegetale, come riso glutinoso, soia tostata, fagioli rossi e matcha. Nelle ricette, lo zucchero non compare quasi mai, e il suo scarso uso fa sì che i wagashi siano nel complesso di moderata dolcezza. Questi dessert regalano un’esperienza gustativa strana e insolita: al nostro palato possono infatti sembrare troppo saporiti, un po’ strani, a volte gommosi; ma non per questo meno buoni.
Definire la cucina giapponese un’arte non è un azzardo: per tutti i piatti, anche l’occhio vuole la sua parte. E i dolci non sono da meno. La preparazione dei dessert è infatti curata nei minimi dettagli, non solo per quanto riguarda il sapore ma anche per la forma e il colore. Le basi neutre si modellano e si decorano diversamente a seconda delle ricorrenze, conferendo un’impronta caratteristica a ogni festività.
I nomi di questi dessert sono tutti ispirati alla natura e alla letteratura antica. Il modo più tradizionale di consumare un dolce giapponese è all’interno di un bar o in una delle tante panetterie, solitamente lontano dai pasti.
Nella gallery potete trovare 10 dolci tipici giapponesi da far venire l’acquolina in bocca.