Il freddo del Friuli, location dalla quale risponde, Riccardo Maria Manera lo combatte studiando il copione della nuova serie alla quale sta lavorando e concedendosi, da grande estimatore di Star Wars qual è, una nuova puntata di The Mandalorian. «In questo periodo poter girare è una grande fortuna. Dovrei baciare terra» spiega Riccardo al telefono in attesa di rivedersi nel ruolo di Matteo Baldini, il figlio di Giorgio Pasotti, nella seconda stagione de Il silenzio dell’acqua, la fiction che si prepara a tornare su Canale 5 venerdì 27 novembre in prima serata. «Questa volta ho ritrovato Matteo più adulto e autonomo, più pronto a prendersi delle responsabilità di quanto non fosse prima» insiste Manera che, oltre ad aver stregato il cuore di decine di ragazze, macina il palco da quando aveva 4 anni.
Lei l’autonomia quando l’ha conquistata?
«Molto presto, da circa 3 anni. Adesso ne ho 26, penso di avere tantissime cose da imparare nel lavoro e nella vita».
Lei è di Genova, ma vive a Roma da 6 anni. Il primo lockdown dove l’ha passato?
«A Genova con i miei perché avevo firmato il contratto di affitto della nuova casa a Roma proprio il 9 marzo, quando ha chiuso tutto. Ho preferito passare la quarantena dove sono cresciuto anche se, con il senno di poi, forse sarei rimasto a Roma. Voglio ai miei genitori un bene dell’anima, ma la situazione di costrizione nella quale eravamo era davvero stressante e ha influito negativamente su tutti i nostri caratteri».
I suoi genitori sono entrambi attori: se ha iniziato a fare questo mestiere è stato soprattutto grazie a loro.
«Quando ero molto piccolo ho fatto due anni di tournée teatrale e un film, il remake di Incompreso. Poi, però, non ho fatto più nulla fino ai 20 anni: non è mai stato un mio desiderio fare questo mestiere».
Era un desiderio dei suoi?
«Visto che, quando ero molto piccolo, erano impegnati nello spettacolo Pensaci, Giacomino di Pirandello e mi avrebbero dovuto portare con loro comunque, proposero di farmi recitare per iniziarmi alla professione. Penso che all’epoca ero molto più bravo di quanto non lo sia oggi, fa parte dell’imprevedibilità dei bambini».
Forse anche dell’inconsapevolezza. Lei che ricordo ha di quegli anni?
«Nessuno, me lo hanno raccontato. Ricordo in maniera sfocata solo la prima del film che ho fatto a 6 anni, io che faccio gli inchino e tutti i miei compagni dell’asilo presenti in sala. Quando recito oggi cerco, però, di tornare alla mente com’era recitare a quel tempo: è molto utile tentare di tenere questo bambino interno dentro di me».
Poi smette di recitare. Cosa succede?
«Sogno di diventare giornalista sportivo così, dopo aver finito il liceo, mi iscrivo a Milano a Lettere Moderne. Per cercare di dare una mano ai miei per pagare le bollette, mi consigliano di fare delle foto e di mandarle alle agenzie. Risponde una che mi porta sul set dell’opera prima di Veronica Pivetti nella quale interpretavo la parte di un marchettaro romano: lo switch dentro di me c’è stato il quel momento. Fino a quel momento sognavo di diventare il nuovo Caressa ma poi, una volta sul set, ho capito che quello sarebbe diventato il mio lavoro».
I suoi erano contenti?
«Assolutamente no. Mio padre, conoscendo le sofferenze e i sacrifici che bisogna fare tutti i giorni per portare avanti questo lavoro, a un certo punto mi chiede se non preferissi fare il palombaro».
Gli studi li ha finiti, invece?
«No, studiare non faceva per me».
Le rimane, però, la passione per il calcio. Lei gioca?
«C’è stato scambio tra passione e hobby. Sono grande tifoso del Genoa, ma, a parte qualche partita con gli amici, non mi ci dedico. Sono più tifoso che giocatore».
Intanto sui social riscuote un grande successo femminile. La imbarazza?
«No. Devo dire grazie ai miei genitori, perché io non ho fatto nulla. Da parte mia, posso solo cercare di mantenere un certo decoro».
È vanitoso?
«Posso risponderle che sono un Leone. In genere, però, non amo stare ore e ore davanti allo specchio a guardarmi. Anzi, ci sto davvero poco».
Sta poco anche sui social. Come mai?
«Sono scarsissimo, tant’è che mi faccio aiutare dai miei cugini di 15 e 8 anni. E pensare che con i social ci sono cresciuto, mi diverto anche a vedere le “belinate”, come si chiamano a Genova, che scrivevo su Facebook nel 2008. Quando ho scoperto Instagram, invece, i social li apprezzo molto di più, metti una foto e via. Non scrivo mai chissà quali didascalie, i messaggi a cui tengo cerco di trasmetterli attraverso la recitazione e i miei personaggi».
Sogni in sospeso?
«Visto che sognare è gratis, perché non dire l’Oscar? Sono, però, un ragazzo con i piedi per terra, vedo quello che mi regala la giornata. Spero solo di fare tanti lavori che mi diano soddisfazione dal punto di vista professionale».
Tipo?
«Mi piacciono le produzioni nel quale dialogano tutti i reparti, fare un grande lavoro di squadra. Mi diverte pensarmi a recitare un giorno in un film in costume, fantastico o fantascientifico. Anche all’estero, magari dopo che riuscirò a ripassare le lingue».
È un fan di Star Wars, magari potrebbe finire lì.
«Essere un Jedi sarebbe incredibile, ma quello è un altro campionato. Per adesso cerchiamo di classificarci bene in Italia, il resto si vedrà».
(Foto in apertura di Francesca Marino)