Speravamo che quella bacchetta non avrebbe mai smesso di muoversi nell’aria e che quella mano non avrebbe mai smesso di comporre partiture ma, in cuor nostro, abbiamo sempre saputo che il mito avrebbe resistito alla prova del tempo e pure alla morte, perché i grandi come Ennio Morricone scrivono la storia e lasciano un’impronta, marchiano i cuori e sopravvivono a tutto, alle ere glaciali e alle pandemie. Le colonne sonore di Morricone, dopotutto, ci hanno tenuto compagnia per tutta una vita e sono talmente tante e talmente diverse che certe volte non siamo nemmeno certi che siano le sue. Quella de La Piovra, la popolare fiction di Raiuno con Michele Placido, ad esempio, porta la sua firma a partire dalla seconda stagione, dimostrando come il Maestro, così come lo chiamavano nell’ambiente e non solo, non disdegnasse nulla e riuscisse a ridare dignità a qualsiasi genere e a qualsiasi filone.
https://www.youtube.com/watch?v=HJDN1e_OIKwIl suo nome, tuttavia, rimane legato ai grandi classici del cinema italiano e internazionale, dai capolavori di Leone come C’era una volta in America e Per un pugno di dollari a quelli di Tornatore, dalla Leggenda del pianista sull’oceano a Nuovo Cinema Paradiso, passando anche per Stanley Kubrick (Barry Lyndon), Elio Petri (Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto) e Quentin Tarantino, che gli permette di ritirare l’Oscar nel 2016 per The Hateful Eight, il suo ottavo film. Sul palco del Dolby Theatre Morricone ci era salito solo un’altra volta, nove anni prima, quando fu insignito dell’Oscar alla carriera, premio che strinse tra le mani tra gli applausi generali e una commozione viva, sincera, che accompagnò le poche parole che riuscì a pronunciare in diretta in italiano e che l’amico Clint Eastwood tradusse in inglese con piglio sicuro e navigato.
L’immagine di quest’uomo schivo, con gli occhiali spessi e innamoratissimo di sua moglie Maria, di questo professionista che non ha mai ammainato la penna e la bacchetta e che, in occasione dei sessant’anni di carriera, ha girato l’Europa in un tour che ha permesso al pubblico di ripercorrere i suoi successi, rimangono l’emblema dell’orgoglio italiano più fulgido, della grandezza di un mito che ai riflettori ha sempre preferito l’intimità dello studio, bardato in quegli maglioncini colorati che sfoggiava agli inizi degli anni Settanta che sopravvivono negli archivi fotografici. «Più è pesante l’uomo, più profonde sono le sue impronte» diceva Philippe Noiret in Nuovo Cinema Paradiso e, se ci pensiamo, non potrebbe esserci definizione più calzante per descrivere Ennio Morricone.