Igienizzanti, barriere in plexiglas, distanze di almeno due metri tra i tavoli: finito il lockdown bar e ristoranti hanno riaperto così, con un volto tutto nuovo, per ridurre al minimo le possibilità di contagio e consentirci di riprovare il piacere di mangiare fuori in sicurezza. A fare la differenza, però, siamo anche noi che ci sediamo a quei tavoli, perché piccoli gesti possono determinare potenziali rischi. Per capire cosa fare, o non fare, abbiamo chiesto a un esperto come si comporta lui a pranzo e cena fuori: ecco le risposte di Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università degli Studi di Milano e Direttore Sanitario dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi.
Ci va al ristorante?
«Per ora non ho avuto tempo ma vado tutti i giorni a mangiare in mensa, seduto ad almeno un metro di distanza dai miei colleghi. Il progetto di tornare a mangiare fuori c’è: ho appuntamento con degli amici nel ristorante di un compagno di scuola».
Andrebbe in un ristorante che non conosce?
«Certo, l’importante è che siano garantite le distanze e che il locale dia una dimostrazione di sicurezza e di igiene. Il resto sta alla responsabilità individuale: ora siamo a noi a fare la differenza».
Mangerebbe allo stesso tavolo con amici di amici che non conosce?
«Si, se l’amico dell’amico sta almeno a un metro di distanza da me. E ci andrei con lo stesso piacere di sempre: questa ora è la nostra vita, e dobbiamo viverla imparando nuove regole. Mi rendo conto che per chi ha vissuto il lockdown stando sempre in casa è diverso: ora bisogna anche riallenarsi a uscire. Io sono sempre uscito per lavoro, negli ultimi mesi sono stato a contatto con tante persone, e sono più abituato di altri a non stare dentro casa».
Tavolo all’interno del ristorante o dehor: cosa sceglie?
«Sicuramente più bello fuori, ma anche più sicuro».
Il ristorante ha tavoli solo all’interno, resta?
«Si, ma sempre con grande attenzione alle distanze. Il metro è il compromesso perfetto tra me e l’altra persona».
Si metterebbe sotto il bocchettone dell’aria condizionata?
«Si, molto meglio sotto il bocchettone dell’aria condizionata che di fianco al tavolo di un potenziale contagiato che sta sotto il bocchettone, che quindi potrebbe orientare il flusso d’aria passato da lui verso di me».
Ci andrebbe in bagno?
«Si, ma con buon senso: cercherei di toccare meno punti possibile, e appena finito laverei le mani molto accuratamente».
Aperitivo (o caffè) al bancone: si o no?
«Si, a un metro di distanza da un altro cliente e purché il barista abbia la mascherina. Ancora più sicure barriere di plexiglas in punti che ci obbligano a stare l’uno di fronte all’altro come la cassa».
Meglio un cameriere con i guanti o senza?
«Per me senza: con i guanti si pensa di essere più tranquilli ma così si rischia di abbassare il livello di attenzione. Sarebbe meglio che il cameriere non avesse i guanti, e che lavasse le mani dopo aver toccato piatti, bicchieri o posate usate dai clienti».
Sì o no al buffet se servito dai camerieri?
«No, è una potenziale fonte di contagio e perciò va evitata. Dobbiamo pensare a un nuovo stile di uscite, non meno rilassanti, ma a debita distanza anche da cibi o oggetti toccati da altri».
Al suo tavolo arriva un piatto da condividere come antipasto o aperitivo: si serve anche lei?
«No, per lo stesso motivo del buffet: è rischioso. Ora bisogna essere così bravi da non fare più cose semplici e spontanee come questa, ricordandosi sempre che è fondamentale evitare contatti e vicinanza fisica. Una volta che avremo imparato come funziona questa “nuova normalità” ci sembrerà davvero normale».