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Allarme Anac: “Tra 2015 e 2020 casi di corruzione in un Comune ogni quattro sopra i 15mila abitanti”

Allarme Anac: “Tra 2015 e 2020 casi di corruzione in un Comune ogni quattro sopra i 15mila abitanti”

Mentre procede l’inchiesta ligure sul sistema “Toti” che ha mostrato ancora una volta il banale volto della (presunta) corruzione in Parlamento il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) ha presentato la relazione 2024 relativa all’anno scorso. Dal rischio per l’aumento dei costi della diga di Genova, alla necessità di non bloccare il cammino del Pnrr, Giuseppe […]

L'articolo Allarme Anac: “Tra 2015 e 2020 casi di corruzione in un Comune ogni quattro sopra i 15mila abitanti” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mentre procede l’inchiesta ligure sul sistema “Toti” che ha mostrato ancora una volta il banale volto della (presunta) corruzione in Parlamento il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) ha presentato la relazione 2024 relativa all’anno scorso. Dal rischio per l’aumento dei costi della diga di Genova, alla necessità di non bloccare il cammino del Pnrr, Giuseppe Busia ha illustrato ancora una volta quanto l’Italia sia ancora troppo indietro sulla lotta alla corruzione che “inquina la democrazia” ed è anche responsabile delle vittime sul lavoro.

Un dato su tutti – come si legge nella relazione a pagina 86 tra 2015 e 2020 – il 27% dei Comuni con più di 15.000 abitanti (203 su 745) si è verificato almeno un episodio di corruzione. A testimonianza di come e quanto sia diffuso il reato. L’analisi ha portato anche a osservare che circa il 46% di tali eventi (93 su 203) ha riguardato l’area di rischio dei contratti pubblici, “confermando l’opinione, diffusa nella letteratura e nella prassi manageriale, che i processi di procurement risultano essere un’area particolarmente esposta a rischi di fenomeni corruttivi”. Nel documento si chiedono anche “correttivi” al codice degli appalti che nel 2023 nel 90% dei casi sono stati affidati direttamente. Ancora una volta l’attenzione poi è posta sul reato di abuso d’ufficio, la cui abrogazione dovrebbe imporre un rafforzamento dell’Anac. Senza contare che in Italia manca ancora una disciplina che regoli le lobby.

Pnrr, no a battute d’arresto – “Il Pnrr rappresenta un’opportunità irripetibile per colmare le lacune e i ritardi storici del Paese. Alla sua attuazione il Governo attribuisce ben il 90% (+0,9%) della pur modesta crescita attesa per il 2024 (+1%). Risulta evidente, quindi, che non possiamo permetterci insuccessi o battute d’arresto, specie per quanto attiene alle riforme in esso previste. Positivi – dice Busia – sono gli sforzi diretti a concentrare il Piano sugli interventi effettivamente realizzabili entro il 2026 e, soprattutto, a coordinarne i contenuti con tutti gli altri ingenti fondi europei, sui quali l’Italia sconta da sempre rilevanti ritardi. Certamente positiva è anche la funzione di impulso data dal Pnrr alla contrattualistica pubblica, confermata dall’andamento del 2023 – prosegue -, con un valore complessivo degli appalti avviati di importo pari o superiore a 40.000 euro che si attesta attorno ai 283,4 miliardi di euro, facendo registrare un aumento del 36,4% a confronto con il 2021, e addirittura del 65,9% rispetto al 2019″.

“La corruzione inquina la democrazia” – Un lungo capitolo della relazione è ovviamente dedicato alla corruzione con i suoi danni ed effetti collaterali sul tessuto economico e non solo. “La corruzione mortifica legittime aspettative, deteriora la qualità dei servizi pubblici, rafforza le mafie, inquina la democrazia. Ha un costo, quindi, sociale, civile e umano, oltre che economico – dice il presidente È essenziale, quindi prevenirla ancor prima che reprimerla, per evitare che la sua ombra si distenda sulla società, sull’apparato pubblico e sul tessuto produttivo, pregiudicando prospettive di lavoro e di vita. Anche quando non uccide – scrive il presidente dell’Anac -, la corruzione arreca danni inestimabili, affinando le sue armi con mezzi sempre più subdoli. Opere non ultimate, o completate con smodati ritardi e sperpero di risorse pubbliche. Imprese sane che falliscono a causa di un mercato poco aperto e trasparente. Giovani eccellenze costrette a cercare all’estero chances di realizzazione professionale, sottratte in patria da concorsi poco trasparenti”.

“Nonostante gli sforzi compiuti, l’Italia registra ancora dati poco incoraggianti. La classifica degli Stati membri sullo Stato di diritto, contenuta nell’ultimo Rapporto dell’European Court of Auditors, la Corte dei conti europea, vede il nostro Paese in una posizione ancora troppo arretrata. Dal rapporto 2023 sulle attività della Procura europea (EPPO), l’Italia risulta il Paese con il valore più alto in termini di danni finanziari al bilancio dell’Ue stimati a seguito di frodi e malversazioni, anche riconducibili alla criminalità organizzata – sottolinea Busia -. Nel progetto di Direttiva presentato dalla Commissione nel maggio 2023, ora all’esame del Consiglio, viene proposto un modello di prevenzione della corruzione sostanzialmente in linea col paradigma italiano. Il nostro Parlamento, pur critico su altri profili della proposta, si è espresso invece favorevolmente sugli articoli dedicati alla prevenzione. In tale parte, il progetto è anche frutto di quanto avevamo richiesto. insieme alle Autorità degli altri Paesi membri. Auspichiamo per questo che il Governo ne sostenga l’approvazione, così da poter disporre quanto prima di uno strumento normativo tanto essenziale per assicurare in Europa una crescita ispirata ai suoi valori fondativi”.

I morti sul lavoro vittime della corruzione – Nella presentazione alla relazione annuale 2023, il presidente dell’Anac Giuseppe Busia ricorda le vittime della corruzione, “persone alle quali la corruzione ruba opportunità, prospettive, benessere, talvolta persino la vita. Sono vittime della corruzione, intesa in senso amministrativo e non solo penalistico – scrive -, le donne e gli uomini sepolti vivi sotto le macerie di infrastrutture ed edifici costruiti con la sabbia al posto del cemento; i lavoratori schiacciati o soffocati nei cantieri perché chi avrebbe dovuto vigilare sulla loro sicurezza è stato indirizzato verso altri obiettivi; i pazienti che scontano la scarsa qualità di attrezzature sanitarie acquistate attraverso procedure opache; i bambini malnutriti, nei Paesi più fragili, a causa di aiuti umanitari che si perdono nelle pieghe di torbidi intrecci tra burocrazia e malaffare”.

“I contratti pubblici – continua Busia – sono e debbono rimanere il luogo privilegiato della tutela dei diritti e del lavoro regolare e protetto. Purtroppo, l’Italia ha chiuso il 2023 con un allarmante numero di infortuni mortali sul lavoro, e il 2024 conferma la tendenza”. Il presidente Anac invita poi a una “vigilanza rigorosa” sui subappalti, “posto che i rischi appaiono crescenti man mano che si scende lungo la catena degli affidamenti e dei sub-affidamenti”.

Gli appalti – Busia, evidenzia i risultati ottenuti dall’Italia grazie al Pnrr e giudica “positivo” l’impulso dato alla contrattualistica pubblica “con un valore complessivo degli appalti avviati di importo pari o superiore a 40.000 euro che si attesta attorno ai 283,4 miliardi di euro”. Si tratta di un aumento, scrive il presidente, “del 36,4% a confronto con il 2021, e addirittura del 65,9% rispetto al 2019”. Questi numeri, avverte però Busia, “non dicono tutto”. “Avviare un procedimento non significa che si sarà in grado di chiuderlo in tempo, come aprire un cantiere non basta ad assicurare il completamento dei lavori in tempo utile e in modo adeguato”, avverte Busia. “La strada è ancora lunga e, con l’avvicinarsi della scadenza del 2026, la salita diverrà sempre più ripida. Per percorrerla, servirà lo sforzo congiunto di tutte le istituzioni, ai diversi livelli territoriali”.

“Nel 2023, gli affidamenti diretti hanno rappresentato, per numero, oltre il 90% del totale (78% se si escludono dall’insieme i contratti sotto i 40.000 euro, registrandosi naturalmente la massima concentrazione nei rapporti di piccole dimensioni ed essendo naturalmente diverse le percentuali per valore). La percentuale sale oltre il 95% se si considerano anche le procedure negoziate”.

Correttivo al codice degli appalti – Relativamente al nuovo Codice dei contratti pubblici vi è “la necessità di alcuni puntuali correttivi, quali quelli che, in spirito collaborativo, abbiamo segnalato al Governo, per superare le rilevanti criticità emerse nella prima fase applicativa” secondo il presidente dell’Anac che sottolinea come “il 2023” sia “stato l’anno del nuovo Codice dei contratti pubblici: un passaggio fondamentale, richiesto anche dalla Commissione europea. Paradossalmente, abbiamo però anche assistito al ripetuto ricorso a deroghe e discipline parallele, spesso legate alla nomina di Commissari, contrariamente alla evidente necessità di garantire il consolidamento delle nuove regole, nel segno di una auspicabile stabilità normativa”.

“Il nuovo Codice, oltre a non prevedere l’obbligo di avvisi o bandi per i lavori fino a 5 milioni di euro, consente di acquistare beni o affidare servizi fino a 140.000 euro senza neanche il vincolo di richiedere più preventivi – prosegue -. In sede di discussione della normativa, avevamo evidenziato il conseguente rischio di affidamenti agli operatori più vicini e collegati, invece che a quelli più meritevoli, con un prevedibile aumento dei costi. Abbiamo salutato con favore il fatto che il Ministero delle Infrastrutture sia poi intervenuto per mitigare tali effetti e sanare un possibile contrasto con i principi delle Direttive, attraverso una circolare interpretativa. Auspichiamo che tale orientamento trovi adesso riconoscimento normativo, nel presupposto che, se non vi sono particolari profili di urgenza, sia opportuno verificare cosa propone il mercato, così da offrire ai cittadini le soluzioni migliori e più convenienti”.

Senza l’abuso d’ufficio, serve rafforzare l’Anac – Anche in quest’ottica il malvisto reato di abuso d’ufficio poteva essere un argine. “Se, con l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, verrà meno la tutela penale” per i conflitti di interesse, “occorrerà rafforzare i presìdi di prevenzione amministrativa, dotando Anac di maggiori strumenti di intervento e prevedendo adeguate sanzioni per chi omette di dichiarare i conflitti e di astenersi dalle decisioni che possono favorire se stesso o le persone vicine” ritiene quindi Busia. “I possibili conflitti di interessi non si esauriscono nel momento in cui si ricopre una determinata carica – sottolinea -, ma si estendono anche a quello successivo. Occorre infatti evitare che qualcuno, grazie alle funzioni esercitate in ambito pubblico ed a discapito dell’interesse generale, si precostituisca lo spazio per essere poi assunto, e così ripagato, dalle imprese che hanno beneficiato delle sue decisioni. Ed è in quest’ottica che abbiamo voluto valorizzare l’istituto del divieto di pantouflage, da ultimo anche con l’approvazione di apposite linee guida. Dobbiamo tuttavia, ancora una volta, sottolineare l’urgenza di un intervento del legislatore, anche per rendere più efficace il divieto nei casi di grandi gruppi societari”.

La diga e il rischio costi – C’è poi il capitolo diga di Genova, su cui l’Anac ha già lanciato l’allarme anche recentemente. Per le regole del Pnrr “previste in caso di annullamento degli affidamenti” si rischiano “significativi aumenti dei costi per la Diga Foranea di Genova sulla quale l’autorità è recentemente intervenuta”. Nella presentazione della relazione annuale 2023 dell’Autorità Busia si riferisce “alle disposizioni che, in caso di annullamento degli affidamenti finanziati dal Pnrr, non prevedono la caduta del contratto affidato illegittimamente, ma riconoscono il diritto al risarcimento agli operatori pretermessi, col risultato che la stazione appaltante finisce per dover remunerare entrambi. In Italia sono state introdotte disposizioni che, oltre a limitare il grado di controllabilità delle procedure, se non adeguatamente presidiate, rischiano di provocare significativi aumenti dei costi dei contratti. Elemento, questo, tanto più delicato nel momento in cui il progressivo esaurirsi di alcuni fondi e la riattivazione dei vincoli di bilancio europei richiederanno un controllo più stringente sulla spesa pubblica”. “Si pensi, oltre che ai mancati risparmi derivanti dalla compressione della concorrenza, alle disposizioni che, in caso di annullamento degli affidamenti finanziati dal Pnrr, non prevedono la caducazione del contratto affidato illegittimamente, ma riconoscono il diritto al risarcimento agli operatori pretermessi, col risultato che la stazione appaltante finisce per dover remunerare entrambi. È quanto rischia di accadere per la Diga Foranea di Genova”.

Manca ancora una disciplina sulle lobby – “Nonostante i solleciti venuti anche da organismi internazionali, nel nostro Paese manca ancora una disciplina organica sulle lobby. Una normativa che, rifuggendo da tentazioni criminalizzatrici, si ponga l’obiettivo di garantire piena trasparenza sull’attività dei portatori di interesse, anche mediante la creazione di canali digitali, accessibili a tutti, attraverso i quali tanto le lobby più organizzate e strutturate, quanto quelle dotate di mezzi minori, possano far pervenire le proprie proposte ed osservazioni” osserva Busia.

Danni finanziari più alti della Ue- Non meno importante il capitolo frodi e malversazioni in ambito europeo. “Nonostante gli sforzi compiuti, l’Italia registra ancora dati poco incoraggianti. La classifica degli Stati membri sullo Stato di diritto, contenuta nell’ultimo Rapporto dell’European Court of Auditors, la Corte dei conti europea, vede il nostro Paese in una posizione ancora troppo arretrata. Dal rapporto 2023 sulle attività della Procura europea (Eppo), l’Italia risulta il Paese con il valore più alto in termini di danni finanziari al bilancio dell’Ue stimati a seguito di frodi e malversazioni, anche riconducibili alla criminalità organizzata. Anche per questo, occorre tenere conto dei recenti richiami della Commissione europea – osserva il presidente Anac – sulla necessità di rafforzare la prevenzione della corruzione, come elemento essenziale per tutelare lo Stato di diritto e mantenere la fiducia dei cittadini e delle imprese nelle istituzioni pubbliche, nel contesto di una governance democratica, affidabile ed efficace”, ha aggiunto.

Medici a gettone – “Siamo intervenuti, fra i primi, per segnalare il fenomeno dei cosiddetti ‘medici a gettone’, la crescente esternalizzazione del personale sanitario, caratterizzata da contratti particolarmente onerosi per le amministrazioni, in cambio di servizi non adeguati, spesso con rischi per la salute dei pazienti. Ciò, con un progressivo impoverimento degli organici, perché medici ed infermieri in più casi preferivano lasciare il proprio impiego, attratti dalle più elevate remunerazioni riconosciute per le prestazioni di carattere interinale – prosegue la relazione-. Tutto questo, dando vita ad un circolo vizioso, a causa di una irragionevole concorrenza fra le diverse Asl, come emerso anche da una nostra recente indagine conoscitiva, trasmessa al Ministero della Salute, con il quale abbiamo proficuamente collaborato per individuare talune soluzioni regolatorie”.

Ai e la trasparenza degli algoritmi – Riguardo la sfida dell’intelligenza artificiale “è fondamentale che le decisioni assunte con tali sistemi siano ispirate a rigorosi criteri di non discriminazione algoritmica e che la decisione ultima sia comunque riservata alla persona. Si pone quindi un delicatissimo problema di trasparenza algoritmica – prosegue -, legato alla conoscibilità delle motivazioni e dell’iter logico seguito per le decisioni pubbliche assunte con sistemi di intelligenza artificiale, alla loro giustiziabilità e, quindi, al rispetto di diritti costituzionalmente tutelati della persona. Ciò, sia nel caso in cui gli stessi si riferiscano all’assegnazione di un appalto ad un operatore piuttosto che ad un altro, sia che riguardino le ulteriori ed anche più delicate decisioni automatizzate che potranno essere affidate ai software acquistati sulla base delle nuove disposizioni. Non è un problema del domani, ma del presente, essendo tali disposizioni già pienamente applicabili”

Male la parità di genere – “Per i contratti finanziati dal PNRR, si è prevista, pur con deroghe motivate, l’introduzione di specifiche clausole che vincolino le imprese a riservare all’occupazione giovanile e femminile una quota pari almeno al 30% delle assunzioni necessarie. Purtroppo, però, i dati non sono confortanti: dal 2022 al 2023 non è aumentato l’uso di tali clausole, la crescita non raggiunge il punto percentuale, risultando di poco superiore alla metà del totale” si legge nella relazione.

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