Al Nazareno i capi corrente facevano e disfacevano segretari. Loro, sul territorio, si sporcavano le mani. Pure troppo, talvolta. Erano gli alfieri. I sindaci delle capitali dem, eletti e rieletti a furor di popolo. La favola del buongoverno s’è però trasformata in una serie criminale per stomaci fortissimi. Non c’è soltanto la Suburra pugliese. O l’assonante inchiesta di Torino. Milano, ormai, è Gotham. Ma anche Bologna e Firenze sono assediate dalla criminalità. Così come Roma. Tutte guidate da celebrati piddini, appunto. Bandiera rossa non trionferà. Bari rischia di venir commissariata per infiltrazioni mafiose. E negli altri cinque capoluoghi, il Viminale è stato costretto a mandare l’esercito per pattugliare strade e quartieri. Del resto, sono in cima all’ultima classifica delle città più pericolose d’Italia, elaborata dal Sole 24 ore sui dati del ministero dell’Interno. Al primissimo posto, quindi, si piazza Milano. Al secondo c’è Rimini, su cui sventola sempre bandiera piddina. Segue la capitale, dove denunce e furti sono in vivace crescita. Dunque: Bologna, Firenze e Torino. Rispettivamente in quarta, quinta e sesta posizione nella poco invidiabile classifica. Un ignominioso en plein.
Altro che superiorità morale o perizia amministrativa. I granducati dem tribolano e tremano. A partire da Bari, ovviamente. Dove, a ulteriore riprova della sconfessata teoria, impera il sindaco dei sindaci: Antonio Decaro, presidente dell’Anci. A dispetto della Suburra alle cime di rapa, sarà trionfalmente candidato alle prossime europee: «È uno dei sindaci più bravi» assicura la segretaria del partito, Elly Schlein. «Ha contribuito con la sua amministrazione alla rinascita della sua città». Che rischia lo scioglimento. Una scena madre che resterà negli annali politici. Il disinvolto governatore pugliese, Michele Emiliano, ricorda dal palco di aver chiesto protezione per Decaro a una sorella del boss Capriati. L’inchiesta per corruzione elettorale, che coinvolge altri illustri piddini, prosegue. Dalle carte riemerge l’indimenticabile metodo dell’ex sindaco partenopeo, Achille Lauro. Scarpe spaiate: una prima del voto, l’altra fuori dal seggio. Solo il conquibus si adegua ai tempi: cinquanta euro, la bolletta pagata, un buono spesa, il cambio gomme.
A Torino e dintorni furoreggiava invece l’inaffondabile ras locale, Sasà Gallo. Si sarebbe magistralmente adoperato per far eleggere tre consiglieri comunali nel 2021, che appoggiavano l’attuale sindaco, Stefano Lo Russo. Lo accusano di aver barattato voti con favori eterogenei: condoni edilizi, spostare una fermata del bus, evitare la lista l’attesa per un intervento chirurgico. Ma l’inchiesta riguarda pure le infiltrazioni della ’ndrangheta negli appalti pubblici. Comunque sia: indagini a parte, Torino non appare in forma smagliante. I militari pattugliano, fino a notte fonda, mezza città. Le due stazioni ferroviarie. I perigliosi dintorni. Ma soprattutto il quartiere Barriera di Milano, banlieue avviluppata da spaccio e degrado. Il riferimento televisivo opportuno, in questo caso, diventa allora Narcos. Solo nei primi due mesi del 2024 sono stati sequestrati 110 chili di droga. Con ben 186 arresti.
A guidare la classifica delle città più pericolose d’Italia resta però Milano. Bontà sua, sempre all’avanguardia. Non è solo Gotham: la minacciosa metropoli da 6.991 reati denunciati ogni 100 mila abitanti, l’indiscussa supremazia in furti e rapine, il degrado sociale nelle periferie, le discariche a cielo aperto di San Siro, il ghetto islamico in via Padova. Milano è anche un po’ Suburra. Trent’anni dopo Mani pulite, la gloriosa procura meneghina sembra aver trovato un nuovo fecondo filone investigativo: l’urbanistica. Le inchieste avanzano minacciose. Sono almeno nove quelle note. Ma è solo l’inizio. Nei giorni scorsi i magistrati hanno chiesto l’elenco di tutti i palazzoni oltre i 25 metri, con vincoli di costruzione, sorti negli ultimi anni. Ci sono altri casi eclatanti, in cui l’agevole «segnalazione certificata di inizio attività» ha sostituito il ben più ostico «permesso di costruire»? Come in piazza Aspromonte, dov’è stata alzata una torre di 27 metri dentro un cortile. O il grattacielo di 82 metri, nato in via Stresa al posto di un angusto palazzotto di tre piani. O le due torri di Crescenzago, spuntate dal nulla. Fioccano quindi gli indagati: costruttori, architetti, funzionari comunali. Ma pure le conseguenti polemiche.
È solo l’ennesimo inciampo per Beppe Sala, giunto a metà del secondo mandato. Intanto, s’è già proposto quale leader nazionale. Certo, le ultime referenze non sono smaglianti. Il sindaco sembra accerchiato: cittadini esasperati, battaglieri comitati, inviperiti ambientalisti. Persino il suo Pd lo detesta poco cordialmente. Il segretario metropolitano, Alessandro Capelli, certifica: il «ciclo iniziato nel 2011» è terminato. La prossima città, spiega, dovrà essere fondata sul concetto di «equità sociale». Una stroncatura clamorosa. Che arriva persino con siderale anticipo rispetto alla scadenza di Sala, fissata tra due anni e mezzo. Lo scornato Beppe abbozza: «Parlare di ciclo finito secondo me è sbagliato». Segue supercazzola: «Bisogna spiegare cosa si vuole fare e come si vuole farlo al di là degli enunciati». Assieme a Sala, nell’ottobre 2021, anche Matteo Lepore diventa sindaco di Bologna. «Quella di oggi è la vittoria della città più progressista d’Italia!» esulta dopo la plebiscitaria elezione. Anche lui, un campionissimo. Nel luogo deputato della sinistra al potere.
Giunto a metà del primo mandato, la decantata «Grande Bologna» rimane però un fuggevole intento. Giganteschi, invece, sono gli affanni. Esemplificati dalla pericolante Torre Garisenda, simbolo felsineo. E poi il discusso limite dei trenta chilometri orari in molte strade cittadine. O gli scontri con gli ambientalisti, sulle nuove scuole Besta nel quartiere di San Donato e il conseguente taglio degli alberi. Ma soprattutto dilaga l’allarme sicurezza. La Confesercenti denuncia una sequela di furti e «spaccate» nei negozi «con un’intensità e una violenza mai viste nel centro storico». E Bologna, secondo i dati del Viminale, svetta anche per stupri nonché percosse: è la seconda in Italia.
Non va meglio nell’altra città emblema della sinistra: Firenze. Pullulante di turisti e crimini. Sempre più nel mirino di cosa nostra, ’ndrangheta, camorra e mafie straniere. Panorama gli ha dedicato un dettagliato servizio nei numeri scorsi. Ancora numeri alla mano, la città guadagna la quinta piazza per numero di reati. Con un’impennata di rapine e furti, anche negli esercizi commerciali. Dario Nardella minimizza. Si voterà a giugno per il nuovo sindaco. E lui ha indicato una fedelissima per la successione: Sara Funaro. Fronteggerà il fiorentino acquisito Eike Schmidt, ex direttore degli Uffizi. Non a caso, sfida l’avversaria con tetri resoconti: «Date un’occhiata al parco delle Cascine» suggerisce in un’intervista al settimanale tedesco Der Spiegel. «Dovrebbe essere l’equivalente fiorentino di Central Park e invece è un centro per il traffico di droga, i bambini vengono picchiati e i cellulari rubati». Aggiunge Schmidt: «Nel centro storico ci sono state aggressioni serali o notturne per le strade e stupri. Negli altri quartieri, dove vive la maggior parte dei fiorentini, i problemi sono ancora maggiori». Slogan elettorali a parte, difficile dargli torto.
Poi c’è Roma. Ormai, un’aspirante Gomorra. Con degrado, spaccio e criminalità olimpici. Ultima emergenza tra le emergenze: le bande di borseggiatori nella metro, diventata un Far West. Ma Roma è anche Suburra. Quella in cui, per ricordarne una, imperversava Albino Ruberti, già capo di gabinetto del sindaco, Roberto Gualtieri, e dell’ex governatore laziale, Nicola Zingaretti. Una leggenda del Pd romano: «A me non me’ dicono “io me te compro”... Se devono inginocchia’ davanti... Io li sparo, li ammazzo» urlava per strada nell’agosto 2022 ai fratelli De Angelis: uno potente assicuratore e l’altro deputato dem. Per fortuna, adesso, c’è Elly nel paese delle meraviglie. Ci penserà lei a far fuori i capi bastone. Difatti Albino, «er Pugile», dopo le minacce di morte ai compagni, ha appena ottenuto la terza poltrona pubblica in meno di un anno: prima vicepresidente di Acea Ato 2, poi amministratore unico di Risorse per Roma e adesso commissario straordinario dell’Ipa, disastrato istituto di previdenza per i dipendenti comunali. Ancora su indicazione di Gualtieri, ovviamente. Quando nel Pd il gioco si fa duro, i cacicchi tornano a giocare. «Patrizi e plebei, politici e criminali, mignotte e preti» dice il Samurai in Suburra. «Sto posto non cambia da duemila anni».
