MONFALCONE Il soppalco era costituito da grigliati metallici, l’ambiente era buio e il piano sul quale Sinisa Brankovic stava operando, il sottottetto, a 17 metri e mezzo di altezza, era sprovvisto di finestre. Uno spazio pensato per eseguire le manutenzioni degli impianti: in una zona c’era il deposito delle attrezzature, a disposizione per gli interventi da compiere. L’area di lavoro era «molto angusta», caratterizzata da numerosi «ostacoli», anche delle travi, il che rendeva difficoltoso il passaggio.
Condizioni per le quali il lavoratore non ha notato quel “buco”, precipitando a terra. Un “varco aperto” frutto di una modifica del soppalco in questione, proprio per ampliarne il passaggio. Ai fini di tale ampliamento erano stati utilizzati i pannelli prelevati da altre due capannette adiacenti non ancora in corso di lavorazione. E uno di questi non si poteva posare poiché «non ci stava».
La morte del lavoratore era stata causata quindi dalla mancata chiusura del soppalco mediante quel pannello, ma anche per l’assenza delle protezioni esterne, griglie utili a evitare le cadute in quota.
Era il 2 marzo del 2017 quando si verificò l’infortunio che costò la vita al 40enne di origini bosniache, dell’impresa specializza A.B.L. Srl (con sede legale a Calusco d’Adda – Bergamo), verificatosi alla capannetta numero 2 in fase di ultimazione, all’interno dell’Edificio 42, nel cantiere navale di Panzano.
Nel processo in relazione all’ipotesi di accusa di omicidio colposo sono stati chiamati a rispondere, a vario titolo, 14 imputati, nonché le società Fincantieri Spa, Fincantieri S.I. Spa, Carlo Gavazzi Impianti Spa (con sede legale a Milano) e A.B.L. Srl. Nel procedimento si è costituita parte civile la Fiom Cgil.
Il capannone a uso industriale era stato progettato per ospitare quattro capannette per le attività di veniciatura e sabbiatura di parti di navi. Un’opera complessa, del valore di circa 30 milioni di euro, commissionata da Fincantieri Spa a Fincantieri S.I. Spa, che si era avvalsa dell’impresa d’appalto Carlo Gavazzi Impianti, con A.B.L. in subappalto.
L’altro giorno, davanti al giudice monocratico Caterina Caputo, a fornire gli elementi tecnici e organizzativi in ordine alla realizzazione del capannone, è stato il consulente tecnico del pubblico ministero, l’ingegner Robis Camata.
Le modifiche avevano interessato l’intera superficie della capannetta numero 2: l’impalcato non serviva, presumibilmente per risparmio di materiale. Erano intervenute più variazioni rispetto al progetto iniziale. L’opera aveva subito dei ritardi: la consegna era prevista nel dicembre 2016, ma nel marzo 2017 erano in fase di realizzazione solo le capannette numero 1 e 2, tanto che la committente aveva sollecitato l’accelerazione delle attività, concentrando i lavori sulle prime due, ai fini di una consegna parziale.
Il consulente ha parlato di un sistema operativo molto articolato e minuzioso, con diversi e specifici ruoli in fatto di verifiche dei lavori e compiti sotto il profilo della sicurezza. Un’opera di grande portata, basti pensare che nel capannone lavoravano tra le sette e le 10 imprese, a fronte di un’ottantina di lavoratori da coordinare, implicando una costante “interfaccia” tra committente e ditte. Per ridurre i tempi, inoltre, veniva utilizzato il distaccamento dei lavoratori delle imprese appaltatrici, al fine di consentire l’accesso diretto della manodopera bypassando i controlli interni, in attesa che si completassero i protocolli e le relative documentazioni circa le autorizzazioni.
Una volta conclusa la procedura, era cambiato il sistema dei referenti. Brankovic era un lavoratore esperto, aveva seguito tutti i corsi formativi richiesti, assumendo pure il ruolo di capo, ha anche affermato il consulente.—