Giocare con i videogiochi d’azione potrebbe attenuare le difficoltà nella percezione dei suoni del linguaggio? A questa domanda ha cercato di rispondere un team di ricerca di Padova, Bergamo, Pavia, Milano, Varese, Lecco e Parigi che ha messo in luce come, giocando con un videogioco d’azione, si normalizza la percezione dei suoni del linguaggio, i cosiddetti fonemi, in bambine e bambini prescolari con difficoltà di linguaggio.
Perché è così importante intervenire precocemente, prima dell’inizio della scuola primaria? Perché la scienza mostra un’alta percentuale di casi in cui il disturbo del linguaggio si correla alla dislessia, disturbo specifico dell’apprendimento che può essere certificato solo dopo i 7 anni, in seguito all’apprendimento della lettura e della scrittura.
Tuttavia, sebbene giocare sia considerato indispensabile per lo sviluppo cognitivo, sensomotorio e sociale di bambine e bambini, c’è ancora una certa resistenza nel pensare che un simile ruolo possa essere svolto anche dagli attuali videogiochi. Eppure, diversi studi hanno dimostrato che nei bambini e nelle bambine con dislessia, la velocità di lettura può migliorare in seguito a un trattamento riabilitativo con videogiochi commerciali che stimolano le abilità attentive, fondamentale per riuscire a leggere le lettere. Infatti, se nella dislessia il fulcro del problema riguarda la lettura e il riconoscimento delle lettere e delle loro combinazioni, la scienza ha rilevato che spesso questi bambini presentano dei deficit a livello della memoria a breve termine e della capacità di mantenere la concentrazione durante un compito.
Con queste premesse, lo studio “Action video games normalise the phonemic awareness in pre-readers at risk for developmental dyslexia”, pubblicato sulla rivista «NPJ Science of Learning» del gruppo Nature, condotto da un team internazionale di ricerca coordinata dalle Università di Padova e di Bergamo, con l’Università di Pavia, la Sigmund Freud University di Milano, la ASST di Valle Olona di Saronno (VA), l’IRCCS “E. Medea” di Bosisio Parini (Lecco) e l’Université Paris Cité, ha illustrato come il linguaggio possa trarre un beneficio dai videogiochi.
«Da queste premesse abbiamo ipotizzato che i videogiochi d’azione potessero migliorare anche la percezione dei fonemi» spiega Sara Bertoni, del Dipartimento di Scienze umane e sociali dell’Università degli studi di Bergamo e prima autrice della ricerca. «Questo studio di prevenzione ha coinvolto 120 bambini dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia. Un sottogruppo di essi presentava difficoltà nei prerequisiti della letto-scrittura, e quindi erano a rischio per una futura dislessia. Lo studio dimostra che con solo 20 sessioni di gioco con un videogioco d’azione da 45 minuti ciascuna si annullano specificatamente i disturbi nella percezione dei fonemi».
«Questi risultati» aggiunge Andrea Facoetti, professore del Dipartimento di Psicologia generale dell’Università di Padova e coordinatore della ricerca, «combinati al fatto che la memoria fonologica e la denominazione rapida non sono state modificate, rivoluzionano le attuali conoscenze condivise sulla dislessia come un puro deficit linguistico dell’emisfero sinistro, suggerendo il ruolo causale del controllo automatico dell'attenzione dell’emisfero destro nella percezione dei fonemi».
«Il miglioramento nella percezione dei fonemi era presente nella maggior parte dei bambini e delle bambine. Questi progressi risultavano più del doppio di quelli ottenuti dopo il trattamento linguistico tradizionale e perduravano a distanza di sei mesi dalla fine del trattamento. Inoltre» affermano gli autori e le autrici della ricerca «dimostriamo il ruolo come un’esperienza divertente, che allena l’attenzione, migliori la velocità di elaborazione del linguaggio che, come hanno dimostrato alcuni dei nostri precedenti studi, è alla base delle future abilità di lettura».
Questi risultati sono cruciali per futuri programmi di prevenzione dei disturbi del neurosviluppo, come i disturbi dell’apprendimento, del linguaggio, della coordinazione motoria e dello spettro dell’autismo, estremamente comuni nella società contemporanea.