foto da Quotidiani locali
Quanti sono stati i portieri che tra gli anni 50 e 70 riuscirono a non incassare gol da Edson Arantes do Nascimento, meglio noto come Pelè?
Pochi, pochissimi. Tra questi fortunati, anche un estremo difensore per il quale gli appassionati calcistici della provincia di Belluno provano ancora oggi un affetto enorme. Neanche a dirlo, ci riferiamo a Giovanni Bubacco, al solito in splendida forma a dispetto delle 85 candeline che spegnerà il 27 agosto. E conta poco il fatto che in realtà stiamo parlando di un’amichevole estiva. Più precisamente, del match disputato dal Venezia a Riccione il 20 giugno 1967 contro il Santos. Sì, quel Santos. Durante la tournee estiva italiana dei brasiliani accompagnata da costanti tripudi di folla, ci fu infatti anche l’incrocio con la squadra veneta da poche settimane retrocessa in B. A difendere i pali proprio “Buba”, al quale l’unico gol della gara non glielo segnò Pelè, ma un altro attaccante bianconero.
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Signor Bubacco, immaginiamo quanta soddisfazione ci sia nel poter raccontare di aver sfidato Pelè in amichevole.
«Bè, un qualcosa di enorme. Ricordo quella serata nei minimi dettagli. D’altronde, per noi giocare contro l’allora più forte calciatore del mondo era speciale. L’occasione si era presentata in concomitanza con la trasferta italiana del Santos, nel corso della quale avrebbe disputato una serie di amichevoli. Contro di noi si giocò a Riccione, località balneare gremita di turisti. Fu qualcosa di magico e alla fine perdemmo solo 1-0. E Pelè non mi fece gol. Un altro aspetto però mi rammarica ancora oggi».
Ossia?
«Dovetti abbandonare il campo dieci minuti in anticipo sul fischio finale. In una delle mie consuete uscite un po’ spericolate, incassai una pedata sullo stinco e mi portarono fuori in barella. Al termine della gara tutti poterono scattarsi delle foto con il campione brasiliano, mentre il sottoscritto non era proprio al massimo della forma… Però ho ancora la medaglia d’argento che ci venne consegnata! Il miglior cimelio di una serata magica».
Altri aneddoti che le vengono in mente?
«La musichetta che accompagnava il Santos durante il riscaldamento. Facevano ogni esercizio a ritmo brasiliano e mostravano massima concentrazione. Infatti, il vero momento conviviale e di scambio di battute con loro avvenne solo nel terzo tempo. Quanto a Pelè, senza dubbio non giocava al massimo delle proprie potenzialità. Ad ogni modo era evidente che stessimo parlando di un talento dalla classe elevatissima».
Pelè o Maradona?
«Due giocatori diversi, ritengo non abbia senso fare un paragone. Un po’ come Cristiano Ronaldo e Messi. Maradona era un palleggiatore, un giocoliere, sempre pronto alla scelta di classe in campo dettata da un talento sconfinato. Pelè invece badava più al sodo, in velocità non lo prendevi mai ed inoltre era parecchio abile nel gioco aereo. Ma soprattutto intuiva in anticipo lo sviluppo dell’azione».
Quanto a lei, gioca ancora con i Veterani Belluno?
«No, in campo non ci vado più. Però sto assieme a loro, partecipo a partite, trasferte ed eventi. Sapete, essendo rimasto vedovo, apprezzo sempre di più la compagnia di questo gruppo di amici. Finché la salute me lo consente, mi godrò ancora certi momenti».
Lo scorso anno il suo Venezia è tornato in serie A, nonostante abbia fatto seguito l’immediata retrocessione.
«Un’occhiata alla squadra la do sempre, ma dopo la fusione voluta dall’allora presidente Maurizio Zamparini tra Venezia e Mestre nel 1987 la passione si è un po’ affievolita. Manca il vedere quella meravigliosa maglia neroverde, adesso non mi piace proprio. Tra l’altro lo stesso Zamparini in una delle sue ultime interviste ammise l’errore».
A proposito di fusioni. Lei in provincia ha legato il suo nome al Belluno negli anni della serie C, allenando poi sempre i gialloblù e pure la Feltrese. Un’estate e mezza fa è nata la Dolomiti Bellunesi da una tripla fusione che tutt’oggi fa discutere.
«Ecco, a questa invece sono stato favorevole fin da subito. Venezia e Mestre non aveva senso, trattandosi di grandi città con trascorsi calcistici prestigiosi e tifoserie ben definite. Qua da noi invece andavano unite le forze per provare ad ottenere qualche risultato in più. Io quando riesco vado sempre allo stadio a tifare Dolomiti. Sono bellunese ormai, fermarmi qui a vivere è una scelta che rifarei mille volte».
Da portiere a portiere: chi ammira tra i numeri uno del giorno d’oggi?
«Rispondo così: mi ha esaltato Emiliano Martinez, neo campione del mondo con l’Argentina. Sapete come mai? La parata di piede nei secondi conclusivi della finale contro la Francia ha replicato un intervento che in serie A riuscii a compiere su Omar Sivori della Juventus. A proposito di talenti del calcio…».