In tema di Superbonus «il governo ci ripensi. Le modifiche, con la previsione di passare dal 110 al 90%, penalizzerebbe le fasce più deboli della popolazione e impedirebbe i lavori di riqualificazione energetica maggiormente necessari, quelli nei condomini». A chiederlo è Roberto Contessi, presidente di Ance Fvg, l’associazione dei costruttori aderenti a Confindustria.
Presidente Contessi, sul Superbonus pare che il governo tiri dritto.
«Temo che le decisioni siano già state prese, vedremo che cosa verrà deliberato».
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Ad annunci confermati, ovvero con il bonus che scende dal 110 al 90%, che cosa succederebbe?
«E’ una penalizzazione secca per i condomìni. Basta pensare che in questi complessi, soprattutto quelli più vecchi e quindi quelli più bisognosi di interventi di riqualificazione anche energetica, vivono famiglie con una soglia di reddito medio-bassa che non sono in grado di sostenere la spesa che una ristrutturazione richiede, né hanno capienza fiscale, perché cedere un credito al 90% significa recuperare il 65%. Capisco che quella di cui discutiamo è una scelta politica, ma sia chiaro che è una scelta che privilegia i ceti medio-alti. Mi chiedo come si pensi di raggiungere gli obiettivi che l’Europa ci chiede, anche in termini di emissioni, se non si interviene nel settore residenziale che vale il 70% dei consumi energetici complessivi».
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Altra nota dolente: i crediti legati ai vari bonus che molte aziende hanno in “pancia” a causa del blocco delle cessioni. Anche su questo fronte si sta lavorando, un’ipotesi è il ricorso al credito bancario. Secondo lei?
«Ance aveva avanzato la proposta di utilizzo dell’F24 per recuperare dalle imposte i crediti fiscali maturati con il Superbonus, ipotesi che aveva trovato concorde anche dall’Abi. Ora invece si pensa di dare il classico colpo al cerchio e alla botte trovando una strada che non giova a nessuno perché non risolve il problema. Le imprese che hanno il cassetto fiscale pieno di crediti si trovano ad affrontare diversi problemi, e uno di questi è con le banche. Credo sia intuibile che se io realizzo delle opere per terzi che non mi corrispondono il saldo della fattura che mi arriverà invece dall’erario, avrò la necessità di chiedere alla banca la liquidità necessaria per l’attività. Ci sono alternative? Certo, c’è chi si offre di rilevare il credito fiscale ma non è un’operazione priva di costi, anzi! Quindi il rischio che intravedo è che, senza una soluzione vera, molte aziende saranno costrette a chiudere».
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Altro tema “caldo” è il nuovo Codice degli appalti che promette di mettere ordine, semplificando, la materia.
«E’ un tema di dibattito anche in seno ad Ance dove esistono due scuole di pensiero. Personalmente mi auguro che la stella polare sia la conferma della norma attuale (in scadenza a giugno) che dà la possibilità, per le stazioni appaltanti che varano gare di importo inferiore alla soglia comunitaria (5 milioni di euro) di accedere alla procedura negoziata. Non è pensabile che tra un’impresa operante in una determinata regione ed un’altra che ha sede a 500 chilometri di distanza, la seconda sia davvero in grado di competere, rispettando le regole. Solo i costi di trasferta per distanze modeste sono un deterrente alla partecipazione a gare; figuriamoci centinaia di chilometri! Accade solo in Italia, e direi che sarebbe ora di mettere un freno. E sul tema, la Regione Fvg è un passo avanti».
