Ha il vantaggio di un esordio ineccepibile, le promesse sembrano «una vacanza dalla realtà»
E così – mentre l’Italia aspetta di vedere se tra tre settimane le elezioni porteranno per la prima volta una donna a diventare sua Prima ministra – l’Inghilterra adesso ha la sua terza, che segue le orme di Margaret Thatcher e Theresa May, tutte appartenenti al Partito Conservatore di destra. Elizabeth Truss, che preferisce essere chiamata Liz, inizia il mandato con un grande vantaggio, a detta di quello che pensano molti elettori britannici: non è Boris Johnson. Tuttavia, dovrà affrontare una sfida difficile, tutta in salita.
Il lungo iter con il quale il Partito conservatore l’ha scelta come sua nuova leader, e di conseguenza come nuova Prima ministra, non le ha fatto sconti. Sono occorsi ben due mesi prima che le elezioni di partito, alle quali potevano partecipare solo 160mila iscritti, approdassero a una conclusione, lo stesso tempo che l’Italia dedica all’intero processo elettorale.
Per tutta l’estate, la Gran Bretagna in effetti non ha avuto un governo, perché Boris Johnson è rimasto sì come Primo ministro ad interim, ma ha trascorso buona parte del tempo in vacanza, rifiutandosi di fare alcunché malgrado la peggiore crisi energetica e del costo della vita da una generazione a questa parte abbia iniziato a dilagare nel Paese come un’ondata inarrestabile.
Questo non significa che la Prima ministra Truss adesso avrà il vantaggio di un esordio ineccepibile. Tuttavia, nello sforzo di farsi eleggere, ha dovuto senza dubbio parlare, in qualche caso fin troppo, facendo ogni genere di promessa che appare difficile da mantenere e, in alcuni casi, improponibile, oltre ad aver offeso molti dei più stretti alleati della Gran Bretagna, nello specifico perlopiù i francesi. Michael Gove, uno dei suoi ex colleghi di gabinetto, ha descritto i suoi programmi annunciati «una vacanza dalla realtà».
Ora, la realtà si prepara a sfidare Liz Truss. Senza dubbio lei dovrà scrollarsi dalle spalle ogni tipo di accusa per le promesse infrante e non mantenute. Con ogni probabilità non le riuscirà troppo difficile: adesso il pubblico al quale rivolgersi, quello che conta davvero, è l’opinione pubblica britannica, sono i partner internazionali del Regno Unito, non i membri del suo partito.
Certo, sottovalutarla equivarrebbe a commettere un errore. Nei sei posti ministeriali che ha occupato durante la sua decennale carriera politica, si è costruita la reputazione di politica determinata e talvolta caparbia. In nessuno dei posti che ha occupato può però indicare il raggiungimento di un grande risultato: dopo tutto, non ha occupato nessuna carica per più di due anni consecutivi.
Questo, in ogni caso, è già meglio di quello che si potrebbe dire di Boris Johnson. Nella sua carriera politica ventennale, culminata nei suoi tre anni e sei settimane da Primo ministro, Johnson in sostanza ha dato prova di un’unica vera qualità, una qualità associata in Italia perlopiù a Silvio Berlusconi: è un venditore eccellente e si sa vendere con battute e sorrisi.
Anche le sue disfatte, tuttavia, derivano da quella sua stessa qualità: ha creduto di potersi comprare una via di uscita dai problemi con una flagrante disonestà. In un primo tempo i suoi colleghi di partito hanno considerato quest’ultima qualcosa di divertente. Peccato però che poi si sia rivelata una sorta di disonestà incompetente, perché le sue menzogne hanno avuto la tendenza a venire a galla molto presto. Oltretutto, Boris Johnson non ha accompagnato a questa disonestà di fondo un grande interesse per l’arte di governo, spesso ardua e complessa, e si è comportato in modo incoerente e da incompetente.
La Prima ministra Truss sorriderà, ma non farà battute. Riprenderà l’ottimismo di Johnson come strumento politico, ma quando lo farà non divertirà mai un’aula o la nazione. Nel governare, finora si è dimostrata più interessata e più diligente. Di sicuro non è disordinata né confusa, e non è stata accusata di incompetenza in maniera convincente.
La prima grande domanda da porsi è se, nella formazione del suo nuovo gabinetto, si dimostrerà interessata a premiare più la lealtà del talento. A prescindere dalle qualità che potrà mettere in mostra, la Prima ministra Truss non è Margareth Thatcher, né in termini di convinzioni politiche né di coerenza intellettuale riguardo la politica. Pertanto, dovrà dimostrarsi brava a delegare il potere e a mettere in risalto i colleghi dotati, pur dando loro naturalmente una chiara direzione strategica. Se il suo gabinetto dimostrerà l’intenzione di ricompensare le fazioni partitiche più che di costruire un team capace, le sue prospettive saranno mediocri.
Il suo compito è immane. Come tutti i governi in Europa, quello della Gran Bretagna deve necessariamente convincere l’opinione pubblica di riconoscere l’entità dell’emergenza energetica che il Paese deve affrontare e mettere insieme in tempi rapidi un piano adeguato che consenta di gestire e superare questa emergenza pur continuando a dare un sostegno esplicito all’Ucraina. Boris Johnson è stato un ottimo sostenitore dell’Ucraina in termini militari, ma è stato un disastro nel tenere sotto controllo l’emergenza.
Resta da vedere se Liz Truss riuscirà davvero a tenerla sotto controllo, ma di sicuro il suo governo sarà migliore in tale mansione rispetto a quello di Johnson. A prescindere da quello che accadrà, tuttavia, la buona notizia è che con ogni probabilità invece di aspettare il 2024 per indire le prossime elezioni generali in Gran Bretagna, non appena la situazione economica apparirà migliorata un nuovo Primo ministro verosimilmente coglierà la prima occasione che si presenterà per indire un’elezione anticipata. Insomma: questo nuovo governo Truss potrebbe durare soltanto un anno, e a quel punto saranno gli elettori – e non soltanto i 160mila Tory – a decidere quale sarà il prossimo. Traduzione di Anna Bissanti