TRIESTE. Tra i lavoratori di Wärtsilä c’è un’aria d’attesa che la puoi toccare. L’atmosfera sta fra un racconto di Buzzati e una novella di Pirandello. Operai e impiegati hanno piantato il presidio fuori dallo stabilimento di Bagnoli, ma i motori che la società ha deciso di spostare non si trovano più lì da prima dell’annuncio dei 450 licenziamenti. Almeno sei propulsori sono già nel piazzale della Sea Metal, a pochi metri dal canale navigabile.
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A Bagnoli si aspetta che da “giù” parta il segnale. Arriverà a giorni, a ore. Col sole o di notte, chissà. «Appena lo sapremo, ci precipiteremo lì», dicono i sindacalisti. Perché la decisione unanime è impedire che i motori partano.
Lo spostamento dei motori sarà il banco di prova del possibile innalzarsi della tensione, a quasi un mese dalla decisione di Wärtsilä di chiudere la produzione a Trieste. Non è un caso che la società abbia sollecitato la Prefettura a tutelare il proprio diritto a spedire i propulsori. Sei sarebbero dovuti partire per la Corea del Sud il 23 luglio. Quel giorno sono bastati pochi lavoratori per far rientrare il gigantesco carrello che stava trasportando il primo motore dalla Sea Metal verso la Frigomar, il piccolo terminal che presta a Wärtsilä la banchina per l’imbarco. Tra i due siti c’è da percorrere un breve pezzo di strada e lì si sono messi con le auto i lavoratori. In quell’occasione la società non aveva voluto forzare, preferendo sostenere i costi di una nave arrivata e ripartita con la stiva vuota. Ma ora Wärtsilä vuole spedire ciò che i clienti reclamano, agitando le costose penali per i ritardi.
I lavoratori non temono veri e propri blitz, perché l’operazione non è di quelle veloci a farsi: per spostare un singolo motore serve un’ora. Al presidio di Bagnoli non resta che aspettare. Gli operai e gli impiegati di turno li trovi seduti attorno al tavolo, sotto il gazebo, mentre fuori il sole spacca le pietre. «Arriverà il momento e saremo pronti», dice il rallista Cristiano Visintin, che è «pronto a prendere una denuncia perché qua difendiamo il lavoro e non abbiamo molto da perdere ormai». Con la sua specializzazione potrebbe cercare lavoro in porto, ma lui in fabbrica ci lavora da 15 anni e «deve restare aperta: abbiamo professionalità, siamo diventati una grande famiglia e ho il mutuo da pagare».
«La situazione è abbastanza tragica», dice l’operaio Gabriele Milotic, ma a due metri scoppia la risata. «Xe rivadi i pedoci!». È il collega Roberto Castelli, con la sua coda, la canottiera e un vascone di cozze già pulite. Sorride mentre taglia il prezzemolo, ma quando gli chiedi come sta cambia faccia: «Non dormo la notte, sono avvilito. Riesco a farmi una risata solo al presidio, perché qua ci capiamo tra noi». Pure lui è pronto a mettersi davanti ai cancelli di Sea Metal: «Non faremo cambiare idea all’azienda, ma è una cosa che va fatta. Finora abbiamo scherzato, ma ora si fa sul serio e servono le istituzioni al nostro fianco». Concorda Armando Svetina: «Blocchiamo fino a che lo consente la legge. Wärtsilä si muove a Ferragosto, ma io sono restato a Trieste con i figli e il mutuo da pagare. Noi siamo qui». Accanto Milotic rincara: «Ci vogliono le istituzioni e tutta la città: i motori li fermiamo solo se siamo tanti. Le istituzioni si sono esposte e ci aspettiamo facciano il loro».
Le istituzioni. Al tavolo le chiamano in ballo tutti. E questi tutti sono uomini (oggi si direbbe a sproposito ragazzi) fra i 30 e i 50 anni, il mutuo sulle spalle e i figli piccoli. Sull’orlo del licenziamento e con un’età che non consente scivoli verso la pensione. Il più giovane al tavolo è Alessio Busletta, 33 anni, entrato in Wärtsilä a 19: «Assurdo chiudere una fabbrica sempre in attivo, collegata via mare, con lavoratori formati. Sarebbe bello che in canale navigabile arrivassero sindaco, governatore e presidente di Confindustria perché, se arriveranno le camionette, che possiamo fare noi?».
Alle sue spalle il collega Massimiliano Stocovaz dice che «ora bisogna studiare come procedere perché ci saranno momenti di tensione e non dobbiamo peggiorare la situazione con le denunce che peserebbero sul futuro». Massimiliano infatti sul futuro ci spera: «Guardo questo baratro, ma sono pronto a ricominciare dal basso. Speriamo che qualcuno sia riassorbito da Bat, ma qui sta morendo l’industria di Trieste».
Il segretario provinciale Cgil Michele Piga evoca in giornata il rischio di tensioni fuori dai cancelli e chiede ordinanze per tutelare i lavoratori: «La difesa della fabbrica e della battaglia sindacale – dice – deve passare per un atto politico dei sindaci e della Prefettura. Serve un’ordinanza che blocchi il movimento di camion e mezzi pesanti nelle aree di Wärtsilä e Sea Metal: i motori non si toccano e va salvaguardata la sicurezza dei lavoratori».
Il segretario nazionale Fim Cisl Massimiliano Nobis attacca intanto «l’azienda senza vergogna, che pretende che i lavoratori siano parte attiva nello smantellamento del sito. Il presidio pacifico rimarrà fino a quando non ci saranno le condizioni per discutere un serio piano industriale». D.D.A.
