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Un’Ucraina europea, la vera paura di Putin

Un’Ucraina europea, la vera paura di Putin

L’obiettivo dell’invasione è bloccare l’adesione all’Ue, non alla Nato perché senza Kiev il progetto euroasiatico del Cremlino non ha futuro

Fin dall’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina lanciata dalla Russia il dibattito internazionale, e soprattutto quello italiano, è stato monopolizzato dall’assunto che a causare la fiera sia stata l’espansione della Nato a Est. In esulta, il vero problema per la Russia è sempre stata l’integrazione dell’Ucraina nella Ue, non nella Nato.

In seguito alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, ci sono stati diversi tentativi di rimuovere processi di integrazione nello spazio postsovietico. Erano emerse una serie di organizzazioni a guida russa - la Comunità di Stati indipendenti (Csi), l’Organizzazione nel trattato sulla sicurezza collettiva (Csto), che fungevano prevalentemente da piattaforme di cooperazione, più che di integrazione. Dopo diversi tentativi falliti di promuovere l’integrazione nello spazio post sovietico, il 1 gennaio 2015 venne fondata l’Unione economica euroasiatica (Uee), nella quale la Russia ha unito il Kazakhstan, il Kyrgyzstan, la Bielorussia e l’Armenia. Lo scopo dichiarato era la formazione di un mercato comune per materie prime, servizi, capitale e lavoro; per l’elettricità, il petrolio e il gas; l’eliminazione di barriere amministrative e tecniche per incentivare il commercio tra gli Stati membri; lo sviluppo dell’infrastruttura dei trasporti. Gli interrogativi retrostanti erano due: quali erano gli obiettivi principali della Uee? Era un’organizzazione finalizzata alla cooperazione economica, o soltanto un tentativo del presidente Putin di creare una cornice istituzionale per la sua sfera d’influenza nel cosiddetto «vicino estero»?

All’epoca, il tasso di transazioni tra i membri dell’Unione aveva mostrato un’integrazione molto squilibrata, con tendenze negative nel commercio della Russia con gli altri Stati. Inoltre, una dinamica lenta del movimento dei capitali e della forza lavoro, così come una asimmetria nella distanza tra i centri delle economie della Russia e della Bielorussia e quelli della Russia e il Kazakhstan, hanno rappresentato ulteriori sfide a un processo di integrazione economica alla crescita del commercio interno all’Uee. La Russia aveva anche avvertito l’impatto negativo della riesportazione di beni attraverso Paesi terzi via Kazakhstan e Bielorussia.

Più in generale, dopo il collasso dell’Urss il peso economico e il volume commerciale della Russia rispetto ai Paesi postsovietici era sceso in maniera considerevole. Oggi, la zona della Csi possiede un’influenza molto limitata sull’economia russa e pesa meno del 14% del commercio estero russo e meno dell’1% dei suoi investimenti esteri. L’economia russa è - sarebbe più corretto dire «era» - molto più interconnessa con quella dell’Ue, che insieme alla Cina era diventata la principale protagonista del commercio nella regione, non solo con la Russia.

L’Europa ha iniziato a sviluppare le sue relazioni economiche con i Paesi postsovietici nell’ambito del programma «European Eastern Partnership», e nel caso di Ucraina, Georgia e Moldova le aveva rese più profonde grazie all’accordo «Deep and Comprehensive Free Trade Agreement» (Dcfta). Questo programma ha spinto le economie postsovietiche a orientarsi ulteriormente verso l’Europa a scapito della Russia, come era già successo in precedenza negli Stati Baltici. L’anno scorso, per esempio, l’Ue era diventata il maggior partner commerciale ucraino, con una quota del 39,5%. L’Ue era diventata anche il principale investitore in Ucraina.

Kiev si era rifiutata fin dall’inizio di aderire alla Unione economica euroasiatica di Putin. Oltre a un ragionamento geopolitico, questa decisione era stata dettata dalla razionalità economica, in particolare dopo l’esperienza negativa di Armenia e Kyrgyzstan, ai quali la Uee aveva chiesto di alzare le tariffe doganali oltre i limiti imposti dalla Organizzazione mondiale del commercio (Wto), della quale erano membri. Se l’Ucraina avesse optato per la Uee, avrebbe messo a rischio la sua permanenza nella Wto: in Ucraina la tariffa doganale era del 5,8%, e in Russia del 7,8%: l’Ucraina avrebbe dovuto quindi compensare agli altri membri della Wto perdite per quasi 2 miliardi di dollari, oltre a perdere la libertà di commercio verso Paesi terzi e organizzazioni commerciali. Non soltanto: l’adesione di un Paese postsovietico alla Uee avrebbe rallentato la sua modernizzazione, in quanto le tecnologie e i know-how venivano solitamente importate dall’Europa.

Avendo chiara questa visione, si potrebbe affermare che fino ad ora l’Unione Eurasiatica si sia espansa solo grazie alla coercizione e alle sovvenzioni. Riguardo alla partecipazione della Bielorussia alla Uee, Putin era stato molto chiaro: «Il prezzo del gas praticato per la Bielorussia beneficia dello “sconto integrazione”». In effetti, Minsk resta dipendente dalle risorse energetiche russe e dalle sovvenzioni del Cremlino, e oggi la sopravvivenza stessa del regime di Lukashenko viene garantita essenzialmente da Putin.

Mosca ha esercitato il suo potere anche sull’Armenia, a più livelli. L’Armenia dipende dalle rimesse dei migranti che lavorano in Russia, che inoltre possiede le sue infrastrutture energetiche e delle comunicazioni. La Russia opera la centrale atomica di Metsamor e ha una base militare a Giumri. Con la prospettiva di un avvicinamento dell’Armenia all’Ue attraverso la Eastern Partnership, e in attesa della firma di un accordo di associazione nel 2013, la Russia aveva iniziato ad aumentare le pressioni su Yerevan. Nel 2013 Putin visitò Baku e firmò con l’Azerbaigian un accordo per massicce vendite di armi, mentre contemporaneamente il Cremlino aveva alzato il prezzo del gas per l’Armenia del 50%. Per ragioni di sicurezza legate al conflitto all’epoca irrisolto con l’Azerbaigian sul Nagorno-Karabakh, le autorità armene furono costrette ad abbandonare ogni idea di un accordo di libero commercio con l’Ue e a optare invece per l’adesione alla Uee. In cambio, la Russia premiò l’ Armenia con una riduzione del prezzo del gas (circa 140 milioni di dollari l’anno).

Putin cercò di usare le stesse carote con l’Ucraina, per convincere l’allora presidente Victor Yanukovych ad aderire alla Uee. In più, promise che la Russia avrebbe pagato le multe alla Wto per le tariffe doganali incrementate. L’accordo di Kharkiv, firmato tra Russia e Ucraina, avrebbe dovuto ridurre il prezzo del gas per l’Ucraina, ma si rivelò una finzione. In cambio, l’Ucraina accettò di prorogare l’affitto alla flotta del Mar Nero russa a Sebastopili per altri 25 anni. Invece di ricorrere agli strumenti legali per ricevere lo sconto, il governo di Kiev optò per una soluzione politica, e la Russia offrì di nuovo condizioni inaccettabili per l’Ucraina: aderire alla Unione doganale e creare joint venture con Gazprom, allo scopo di entrare nella gestione del settore del gas ucraino. Mosca non riuscì a persuadere Kiev e quindi negò uno sconto sul gas.

Prima del 2014, le relazioni tra la Russia e l’Ucraina si erano sempre basate su una dipendenza reciproca, con frequenti scontri in seguito ai tentativi di Mosca di imporre all’economia Ucraina norme euroasiatiche e spostarla nella sfera dei propri interessi economici. La Russia voleva che Kiev aderisse alla Unione doganale e abbandonasse l’idea dell’accordo Dcfta con l’Europa. Dal punto di vista ucraino, il modello di integrazione promosso dalla Russia è sempre stato un problema, in quanto Kiev aveva scelto l’integrazione con l’Ue. Kiev aveva sempre visto l’eventuale adesione alla Uee come la trasformazione in «partner minore» di Mosca, alla quale avrebbe dovuto delegare le decisioni cruciali in politica estera.

Lo scopo principale della Uee era invece sempre stato quello di coinvolgere l’Ucraina, fondamentale per la sua riuscita economica. Essendo il secondo Paese per dimensioni della Csi, l’Ucraina avrebbe automaticamente garantivo agli altri membri della Uee un mercato più grande di quello di qualunque altro Paese postsovietico. Secondo, non essendo basata sul settore minerario, l’economia Ucraina è molto più diversificata, e poteva offrire grandi opportunità di ampliare i commerci all’interno della Uee. Putin aveva sottolineato in diverse interviste che, senza l’Ucraina - con i suoi 45 milioni di abitanti, la sua industria e i suoi legami economici, culturali e storici con la Russia - l’Uee non sarebbe stata un progetto importante. Come aveva detto l’ideologo di Putin, Aleksandr Dugin, «la battaglia per l’integrazione dello spazio postsovietico era la battaglia per Kiev». Eppure fin dall’inizio fu chiaro che l’Ucraina non era interessata a un’adesione a pieno titolo alla Uee: rimase a titolo di osservatore nella Comunità economica euroasiatica (EurAsEc) limitandosi a sviluppare relazioni commerciali bilaterali con i membri della Csi.

La Russia si è sempre opposta alla firma da parte dell’Ucraina dell’accordo di associazione e dell’accordo Dcfta con l’Europa. Mosca sosteneva che questo le avrebbe impedito di commerciare con i suoi vicini per via dell’incompatibilità tra il sistema tariffario dell’Ue e quello della Uee. Però, anche se ciò è vero, la Russia mantiene ancora accordi di libero commercio in ambito Csi con Ucraina, Moldova e Georgia (che mantiene un accordo di libero commercio con la Russia anche dopo essersi ritirata dalla Csi in seguito alla guerra con la Russia nell’agosto 2008. L’articolo 18 comma 1 della carta della Csi stabilisce che «il presente trattato non preclude agli Stati membri di partecipare a unioni doganali, di libero commercio o di commercio frontaliero che rispettino le regole della Wto».

Nel settembre 2013 il consigliere del presidente russo Sergey Glazyev aveva ammonito l’Ucraina che, in caso di firma del trattato di associazione con l’Ue, la Russia non solo avrebbe reagito imponendo sanzioni economiche, ma il Cremlino «non avrebbe più garantito lo status dell’Ucraina come Stato, e avrebbe potuto intervenire se le regioni filo russe si sarebbero rivolte direttamente a Mosca». La guerra in Ucraina fu infatti il risultato dell’opposizione russa alla decisione Ucraina di preferire l’integrazione con l’Unione Europea al progetto geopolitico putiniano della Uee.

Questa strategia di coercizione ha portato alla Russia come membro della Uee soltanto benefici economici insignificanti, e questo porta a ipotizzare che il progetto euroasiatico sia essenzialmente di natura politica, permettendo a Mosca di rivendicare il suo status di grande potenza nella regione e nel mondo, garantendo la sua posizione dominante nello spazio postsovietico. Timofei Bordachev e Andrei Skriba hanno affermato nelle loro analisi che «nella visione delle relazioni internazionali degli autori della politica russa, lo status di grande potenza non è mai stato legato direttamente alla efficienza economica o al benessere nazionale, ma è semmai condizionato dalla capacità di ricorrere al potere della nazione per garantire interessi russi». Secondo questi autori, la creazione dell’Unione economica euroasiatica era stata la reazione di Putin alle «rivoluzioni colorate» e alla «Eastern Partnership» dell’Europa (percepita dalla Russia come ingerenza occidentale in quello che considerava ancora il suo «vicino estero»), con lo scopo ultimo di riaffermare lo status della Russia come grande potenza nell’intera regione.

* traduzione di Anna Zafesova

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