Decisione del gip di Modena. Deve rispondere del prelievo di 120mila euro dai conti del suo centro benessere. Il suo legale: «Era a casa infartuato»
Serena Arbizzi
scandiano. Andrà a processo per bancarotta fraudolenta, Hermes Ferrari, lo sciamano dei ristoratori noto per aver manifestato a Roma, davanti a Montecitorio, nei panni di Jack Angeli, che fece irruzione a Capitol Hill. Il giudice per le indagini preliminari di Modena, Carolina Clò, ha infatti rinviato a giudizio nei giorni scorsi il ristoratore che, nelle prossime settimane, dovrà quindi affrontare il processo.
La vicenda risale a quando Ferrari svolgeva l’attività di imprenditore nel mondo del benessere, prima di aprire attività nel settore della ristorazione. Il centro, che si trovava a Modena nei pressi di via Emilia Ovest, è stato sottoposto alla procedura di fallimento. A Ferrari viene contestato di aver effettuato un prelievo sostanzioso dai conti. Lo sciamano, infatti, è accusato di aver “distratto” – prelevato, in altre parole – 120mila euro dai conti. Una somma che non gli spettava, ma che lo sciamano dice di non avere mai prelevato, respingendo ogni accusa a suo carico.
La difesa di Ferrari, rappresentata dall’avvocato Gianluca Vinci, dichiara l’imprenditore «completamente estraneo ai fatti. In quel periodo il mio assistito era a casa, infartuato e sotto misura cautelare. Inoltre, era sottoposto a una misura cautelare e, pertanto, in quella circostanza, non aveva accesso né ai conti, né all’home banking. Chiarisco, inoltre, che non viene accusato di avere sottratto dei soldi alla società, ma di averli dati a un consulente, sul cui conto sono stati accreditati. Questo l’unico fatto che viene contestato all’imprenditore».
In fase di indagine, Ferrari era stato interrogato, respingendo anche in quel caso le accuse e specificando che non avrebbe avuto alcun senso accreditare a un’altra persona quella somma. Viene accusato di aver distratto 120mila euro.
«Noi ci difenderemo pienamente davanti al giudice, non abbiamo scelto riti alternativi perché siamo convinti di poter dimostrare la nostra innocenza – rimarca il legale – Per 30 anni Ferrari ha lavorato nel mondo del benessere. Il caso si riferisce al centro benessere in città: lo ha gestito per un periodo di circa cinque anni. E il reato contestato si riferisce a una bancarotta che, quindi, noi riteniamo che non si sia verificata».
La difesa, quindi, conferma la sua tesi anche in seguito al rinvio a giudizio: ovvero, che non sia stato Hermes Ferrari a effettuare quel prelievo consistente.
«Queste operazioni le ha svolte un’altra persona a sua insaputa – ribadisce Vinci –. Dopo quell’episodio, Ferrari ha deciso di iniziare a lavorare nel mondo della ristorazione. Noi riteniamo che tutte le sfumature della vicenda siano già chiare».
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