foto da Quotidiani locali
UDINE. La guerra scatenata dalla Russia non arresta il progetto del laminatoio su cui la multinazionale ucraina Metinvest ha avviato un anno fa il confronto con la Regione. Procede il dialogo in Friuli Venezia Giulia (ma pure quello in Emilia Romagna) e nei giorni scorsi si è tenuta una riunione riservata, durante la quale l’assessore alle Attività produttive Sergio Bini e l’assessore all’Ambiente Fabio Scoccimarro hanno dato però solo metà delle rassicurazioni chieste dalla società.
Regione e Autorità portuale hanno garantito l’assenza di ostacoli all’allungamento della banchina del porto di Monfalcone, necessaria per valutare l’impianto del laminatoio dove oggi sorge la cartiera di Duino. Gli assessori non hanno invece chiarito la variabile delle tempistiche. Nel corso dell’incontro è rimasta sul tavolo l’ipotesi di San Giorgio di Nogaro, ma l’opzione Ravenna al momento resta quella più avanti.
Metinvest è una compagnia registrata in Olanda, ma le basi operative si trovano in Ucraina e più precisamente a Mariupol e Donetsk. Il ceo Yuriy Ryzhenkov in una nota sottolinea come Metinvest sia concentrata «a salvaguardare la vita dei dipendenti e delle persone che vivono nelle città in cui il gruppo è presente», ma anche a dare «assistenza alle forze di difesa territoriale e alle forze armate dell’Ucraina.
Per prevenire incidenti, appena sono iniziate le ostilità, abbiamo messo le nostre imprese in modalità di conservazione a caldo. Prima abbiamo chiuso entrambe le acciaierie di Mariupol, lo stesso è stato fatto a Zaporizhia. Restano in funzione l’acciaieria a Kamianske e le attività minerarie a Kryvyi Rih. La catena logistica interrotta rimane l’ostacolo principale alle esportazioni».
Metinvest si è pure messa a produrre ostacoli anticarro e blocchi di cemento per la creazione di rifugi e sta fornendo gratuitamente ad altre imprese i materiali necessari a fare lo stesso. Inoltre, continua Ryzhenkov, «stiamo trasferendo attrezzature alle forze armate: più di 50 veicoli di vario tipo». E il presidente della società Rinat Akhmetov ha stanziato «10 milioni di euro per elmetti, giubbotti blindati e kit di pronto soccorso».
Vengono così smentiti i dubbi sulla parte scelta dal magnate Akhmetov nell’ambito della guerra. Mentre il gruppo si adopera per sostenere lo sforzo bellico e umanitario dell’Ucraina, all’estero continua a ragionare sullo sviluppo dei propri progetti. Il nuovo incontro con la Regione dimostra come per ora il conflitto non abbia fermato l’idea del nuovo laminatoio.
Dopo aver abbandonato l’ipotesi triestina delle Noghere, la società si sta concentrando sulle alternative di Duino e San Giorgio. Nel primo caso, Metinvest ha domandato alla Regione assicurazioni sulla possibilità di allungare la banchina del porto di Monfalcone, che accoglierebbe i carichi d’acciaio da lavorare nello stabilimento che i privati valutano di costituire rilevando e riconvertendo l’attuale cartiera Burgo, che ha smentito tuttavia l’esistenza di trattative.
Metinvest aveva chiesto un impegno chiaro entro febbraio: la Regione garantisce sull’allungamento ma non ha dato indicazioni temporali. Il nodo è centrale per una cordata che vorrebbe iniziare a produrre in tempi rapidissimi e per questo le parti si sono aggiornate ad aprile, quando dovrà arrivare una risposta definitiva sui tempi di costruzione del tratto di banchina.
Per non lasciare niente di intentato, la Regione tiene viva l’alternativa friulana di San Giorgio, dove operano alcuni laminatoi, uno dei quali già di proprietà di Metinvest. Qui però il problema è il dragaggio di tre metri di fondale, necessario per far attraccare le navi che trasportano il metallo.
Se ne riparlerà tra un mese, guerra permettendo. Gli ucraini restano positivi sul progetto in Italia, tanto da aver individuato una propria società di diritto italiano già esistente, che potrà essere usata come soggetto giuridico per assegnare eventuali consulenze per gli studi di fattibilità. Continua in parallelo il confronto a Ravenna, dove al momento le questioni relative a permessi e tempistiche sembrano meno impattanti. —
