Basket. Roberto ha collezionato 450 partite in Serie A, Beatrice ha appena iniziato: qualche settimana fa hanno diretto un match insieme
PAESE. Il sorriso emozionato ed orgoglioso del papà. Quello più timido e felice della figlia. Si abbracciano, fissano l’obiettivo con una luce speciale negli occhi. Sono Beatrice e Roberto Chiari, di Castagnole, arbitri di basket con una bella storia da raccontare.
Papà Roberto è anconetano di nascita, ma già da giovane si trasferisce nella Marca dove svolge molti lavori fino a diventare, nel 1995, private banker in un importante istituto di credito.
In parallelo, Roberto porta avanti la sua grande passione per l’arbitraggio della pallacanestro, scalando ogni categoria ed arrivando alla serie A ed oltre: 450 partite arbitrate nel massimo campionato italiano, un’esperienza in campo internazionale di prim’ordine e tanti match da batticuore nel curriculum.
Basti pensare che l’ultima partita arbitrata in serie A è stata gara-7 della sfida scudetto tra Sassari e Reggio Emilia del 26 giugno 2015, vinta dai sardi dopo 40’ di vera battaglia nell’anno del famoso triplete (Menetti, ahilùi, se la ricorda...).
Beatrice è la terzogenita di Roberto e Nadia. Ha un fratello e una sorella più grandi, Sebastiano ed Eleonora, e una sorella più piccola, Matilde.
Ha diciotto anni e frequenta il liceo scientifico Da Vinci di Treviso. Beatrice ha sempre giocato a basket da bambina, nelle file del Ponzano, fino a quando la società ha sciolto la squadra dell’under 18.
A quel punto, ecco la sorpresa come racconta papà Roberto, non senza orgoglio: «Beatrice ha fatto il corso per diventare arbitro in maniera totalmente autonoma, senza dirmi niente. È stata davvero una sorpresa, sono stato molto orgoglioso del percorso che ha fatto».
Qualche settimana fa avete arbitrato assieme una partita di serie C femminile. Era la prima volta?
«Sì, la partita era Conegliano-Virtus Venezia. A dire il vero era già capitato altre volte, un paio di anni fa, ma era la prima vlta con i “grandi”. Diciamo che la pandemia ha un po’ sparigliato le carte, avevamo diretto solo un match di under 14 assieme, poi sono state sospese tutte le attività e anche solo avere il certificato medico per l’idoneità è diventata un’impresa».
Chi era più emozionato dei due?
«Entrambi, anche se in modo diverso. Per me, più che per il match, è stato emozionante essere in campo con lei. Beatrice invece era molto tranquilla, e se l’è cavata davvero bene».
Che sogno ha Beatrice? Magari quello di seguire le gesta di Silvia Marziali, che abita in serie A?
«Sembrerà strano, ma tra di noi non parliamo di arbitraggio. Guardiamo insieme le partite, lei conosce tutto delle squadre Nba e di Eurolega, ma non le do consigli, cerco solo di essere un buon esempio. Diciamo che ho un atteggiamento da drone, lei deve essere libera di fare il suo percorso con i suoi istruttori federali. Può essere un fardello pesantino avere a che fare con papà “ingombrante”, e non voglio in alcun modo che abbia trattamenti di favore perché è la “figlia di Roberto Chiari”».
Lei invece è rimasto attivo nel mondo della pallacanestro?
«Certo, per raggiunti limiti di età, oltrepassati i 50 anni non posso più arbitrare in serie A, ma sono ancora arbitro a livello regionale e giovanile. Inoltre sono istruttore sia a livello regionale che a livello Fiba, uno dei 10 internazionali e in questo periodo sto facendo corsi di aggiornamento al Cairo e a Ginevra».
Nel frattempo si guardano i referti. E no, Chiari-Chiari non sarà certo un errore, anzi, solo una bella favola della pallacanestro. —