TRIESTE La breve lettera in cui Claudio Sterpin ha messo nero su bianco la sua verità sulla fine di Liliana Resinovich, è ora nelle mani degli inquirenti.
L’ottantaduenne Sterpin, con cui la donna aveva una relazione da qualche mese, è stato convocato in Questura dopo aver rivelato pubblicamente che quel biglietto con la sua versione dei fatti era stato da lui stesso consegnato a un’amica, una poliziotta in pensione e vicina di casa di Liliana e del marito Sebastiano Visintin.
Gli investigatori della Squadra Mobile hanno voluto capire se in quelle poche righe ci fossero elementi diversi da quelli che Sterpin aveva già fornito presentandosi spontaneamente in Questura il 15 dicembre scorso, il giorno dopo la scomparsa di Lilly.
Claudio è una figura chiave nel mistero: lui e Liliana si conoscevano da quarant’anni, ma avevano ripreso a frequentarsi da poco tempo. «Avevamo riallacciato, la nostra era un’amicizia affettuosa», così l’ha definita l’uomo.
In quel biglietto non ci sono tre nomi come era emerso da alcuni programmi sulle reti televisive nazionali: non c’è quindi un elenco di sospettati, ma un’ipotesi articolata mettendo in fila una serie di possibili elementi sulla vicenda.
Dalla telefonata delle 8.22 tra Liliana e Sterpin, a quando il fratello Sergio quella stessa mattina intorno alle 9.30 invia a Lilly dei messaggi senza ricevere risposta. In quell’ora il buio ha inghiottito la vita della donna. Nella ricostruzione di Claudio, LIliana è uscita di casa circa alle 8.30 per raggiungere gli autobus di piazzale Gioberti, con l’intenzione di recarsi prima al negozio della Wind di via Battisti e poi a casa di Sterpin nella zona del Burlo Garofolo. Ma in prossimità di quel piazzale, poco prima di salire sull’autobus, sempre secondo le ipotesi dell’uomo, la sessantatreenne potrebbe essere salita nell’automobile di qualcuno. Qualcuno che conosceva. Sterpin ha spiegato che ha deciso di consegnare la sua “verità” nelle mani di un’amica, perché vista l’età si sente più sicuro a lasciare uno scritto con le proprie conclusioni.
Nel frattempo ieri sono iniziati gli accertamenti biologici sulla bottiglia trovata vicino a Liliana al momento della scoperta del cadavere nella boscaglia dell’ex Ospedale psichiatrico e anche sui sacchi neri che avvolgevano la donna. All’interno della bottiglia c’era del liquido, ovviamente pure quello sarà analizzato. Gli esami sono eseguiti a Padova, presso il Laboratorio chimico del Gabinetto interregionale della Polizia Scientifica del Triveneto. Si tratta di un “accertamento tecnico non ripetibile”.
Per le risposte i tempi non sono affatto brevi: ci vorrà almeno un mese, se non di più, per avere l’esito completo dei test: oltre al liquido, gli specialisti hanno il compito di cercare sulla plastica della bottiglia possibili tracce di tipo biologico. In particolare le impronte papillari latenti, vale a dire le secrezioni della pelle, non visibili a occhio nudo. Stesso discorso per le eventuali impronte che saranno rilevate sui sacchi neri della spazzatura.
Su quei reperti, da quanto risulta, sarà necessario anche l’esame del Dna.—
