Da domenica pomeriggio riprende il tradizionale spettacolo con Alessandro Mizzi, Laura Bussani e Stefano Dongetti
TRIESTE I protagonisti del radio-dramma che li ha resi celebri avranno divorziato? E i loro monologhi saranno ancora surreali o più veri del vero perché ormai la realtà ha superato la fantasia? Manca poco per scoprirlo, perché i mattatori del Pupkin kabarett finalmente ritornano, e lo fanno con un doppio appuntamento nei soliti bizzarri orari, nel pomeriggio di domenica alle 18.03 e alla sera di lunedì alle 20.23, sempre al Teatro Miela. E a partire dal Pupkin del 7 febbraio l’appuntamento riprenderà con cadenza quindicinale sempre al lunedì, sempre alle 20.23.
Un ritorno con una formula rinnovata tutta da scoprire, ospiti di cui si è sentita la mancanza e, non ultima, la messa in scena firmata da un grande amico della compagnia, Paolo Rossi, a fare da perno al magnifico trio Alessandro Mizzi, Laura Bussani, Stefano Dongetti, quest'ultimo impegnato a svelare qui qualche anticipazione.
Siete stati a lungo lontani dal vostro pubblico: da quanto non vi vediamo più sul palcoscenico del Pupkin?
«Da talmente tanto - risponde Dongetti - che non me lo ricordo. Al Teatro Miela, direi dalle prove aperte con Paolo Rossi della primavera 2021; poi abbiamo fatto qualche puntata estiva in giro, sempre nella forma delle prove aperte con Paolo, al Lunatico Festival all'Opp e ad Aurisina. Questa volta, invece, debuttiamo con la messinscena firmata da lui, che non ama il termine "regia": per le serate di cabaret dice che è più un allenatore. Per quanto stavolta abbia dato, in realtà, un'impostazione molto sua, e molto diversa rispetto a quella tradizionale».
Cosa dobbiamo aspettarci?
«Tutto è partito da un nostro interrogarci: abbiamo a lungo riflettuto su cosa riteniamo abbia bisogno il pubblico oggi, in questo particolare momento storico. E da un'idea narrativa, uno spunto: che sia noi che gli spettatori dobbiamo un po' ritrovarci, recuperare la memoria del pubblico come anche quella del Pupkin. È fondamentale, come dice Rossi, recitare non per il pubblico ma con il pubblico, perciò cercheremo di farci aiutare proprio da lui, a ritrovarci. Il tutto da sperimentare in progress: in questo senso la regia può fino a un certo punto e ci sarà molta improvvisazione, a seconda anche di come risponderà la platea».
Che tipo di coinvolgimento cercherete?
«Di ricordare, ad esempio, alcuni momenti del Pupkin passato rifacendo anche alcuni pezzi attualizzati, e poi ci saranno ospiti a ruotare attorno a me, Laura Bussani e Alessandro Mizzi. Tornerà Massimo Sangermano: anche lui cercherà di recuperare la memoria dei suoi pezzi per noi (magari anche l’irresistibile rassegna stampa del Piccolo ndr); stavolta ci saranno anche Ivan Zerbinati, Erin McInney, Stefano Bembi, Tiziano Bole e Chiara Gelmini».
Il vostro "allenatore" Paolo Rossi?
«Con lui collaboriamo da anni, siamo stati anche suoi autori e lui ospite nelle nostre serate. Ora che si è trasferito a Trieste aumenterà la sua collaborazione con noi e con il Miela. Per queste prime puntate non ci sarà ma tornerà nei prossimi Pupkin. Molto intenso l'allenamento con lui, tipo Iron man: nuotavamo, correvamo, quindi fisicamente siamo preparatissimi però non ci ricordiamo niente, purtroppo».
Sarà l'ansia da pandemia. Ne parlerete?
«Ci saranno dei riferimenti, ma ormai ne parlano troppo. Già il fatto di trovarci in questa situazione di recupero della memoria e di spaesamento è dovuta a questo: perciò cercheremo di divertirci assieme e condivideremo con il pubblico uno stato d'animo. Ogni giorno stiamo cambiando delle cose: a parte gli scherzi dell'allenamento, il cabaret è più facile per certi aspetti ma più difficile per altri. Come la capacità di cambiare tutto in corsa, perché senti gli spettatori che rispondono in altro modo».
Siete molto in sintonia con il vostro pubblico.
«La nostra reazione di gente che si esibisce su un palco è di capire e cercare assieme conforto e divertimento: se riusciamo a fare questo è già tantissimo. Anche perché a detta di molti che si sono esibiti prima di noi, oggi il pubblico reagisce diversamente: è meno prevedibile, sta cercando di tornare alla vita di prima che non c'è ancora, è spaesato anche lui».
