TREVISO. Fioccano le telefonate ai centralini del sindacato: «La nostra badante non si è vaccinata e non vuole farlo». L’obbligo di Green pass non sembra scalfire lo zoccolo duro delle centinaia di colf e collaboratrici domestiche “No vax”, una quota significativa delle cinquemila “badanti” regolari della provincia di Treviso. Circa il settanta per cento di queste, secondo alcuni rappresentanti di società cooperative che ne gestiscono la collocazione, non vorrebbero vaccinarsi, e dovrebbero pertanto ricorrere a un tampone ogni due giorni. «Ma dare un numero preciso è impossibile» ribadiscono all’unisono Cisl e Cgil, che evidenziano anche un altro problema: l’alto tasso di lavoro nero del settore rende più difficili i controlli.
i numeri
Il sindacato parla di circa cinquemila assistenti familiari regolarmente assunte in provincia di Treviso. All’inizio della campagna di vaccinazione, tuttavia, gli addetti ai lavori stimarono in altre 4 mila addette senza contratto la quota di lavoro sommerso. In totale, un gruppo di quasi diecimila lavoratrici, per la maggior parte donne, impegnate nell’assistenza dei congiunti non autosufficienti.
La loro adesione alla campagna vaccinale è tiepida, per usare un eufemismo. Lo dicono le stime delle cooperative, che attestano una quota di non vaccinate tra il 50 e il 70 per cento. Ma lo confermano anche le recenti notizie dell’Ulss in merito ai focolai di rientro nelle comunità dell’Est Europa, dove la percentuale di persone immunizzate è ancora molto al di sotto della media.
famiglie in allarme
«Con l’introduzione del Green pass, più di qualche famiglia ci ha telefonato per sapere cosa fare visto che la loro assistente non intende vaccinarsi» commenta Patrizia Manca, segretaria generale Fisascat Cisl Belluno-Treviso. Non solo: «Abbiamo riscontato che diverse lavoratrici hanno comunicato, al termine delle ferie, che non sarebbero rientrate in famiglia. Il timore è che vogliano sottrarsi al contratto per poter lavorare in nero. Il sommerso in questo settore è molto difficile da monitorare e da quantificare».
Un fenomeno segnalato anche da alcune cooperative per la fornitura di personale, secondo cui le addette preferirebbero rimanere in patria nell’attesa che in Italia decadano restrizioni e divieti. «In ogni caso, però, non credo che l’obbligo di Green pass favorirà il lavoro nero» evidenzia Manca, «sarà un’occasione per svolgere il ruolo in maniera ancora più responsabile». E Cisl accenna a una dinamica emergente: «Nell’ultimo periodo abbiamo avuto tre casi di operatrici socio sanitarie di strutture private che si sono dimesse per andare a lavorare come assistenti familiari».
«rischio per la sanità»
Alberto Irone, segretario generale della Filcams Cgil Treviso, lancia un appello alla vaccinazione: «Devono proteggersi sia le badanti che i loro assistiti, auspichiamo un successo il più largo possibile per la campagna vaccinale». Su badanti e Green pass, la speranza è che i controlli permettano di identificare le situazioni a rischio: «Il pass può essere chiesto solo a lavoratori contrattualizzati. Ci auguriamo che le istituzioni favoriscano la lotta al lavoro nero e sommerso, perché in questo caso non sarebbe solo un problema sociale ma anche di tutela della salute pubblica. È un settore in cui in molti casi esistono irregolarità. Qualcuno si prenda l’onere di fare i controlli».
