Il principe Carlo fu interrogato in segreto sulla morte di Diana. Lo ha rivelato al Daily Mail John Stevens, ex direttore di Scotland Yard. L’interrogatorio del principe fu il culmine di un’indagine avviata dalla polizia britannica per fare luce sulle tante teorie del complotto seguite all’incidente d’auto in cui lady D, nel 1997, perse la vita a Parigi a soli 36 anni assieme al compagno Dodi Al-Fayed. Ad esempio Mohamed Al-Fayed, padre di Dodi, puntò subito il dito contro la monarchia britannica. Suo figlio e lady D, come dichiarò pubblicamente nel 1998, erano stati uccisi dai servizi segreti per volontà della Corona. Il movente? Politico: bisognava porre fine alla scomoda relazione tra l’ex moglie di Carlo e il figlio di un potentissimo magnate egiziano, peraltro di religione musulmana. Le accuse erano gravi. La polizia britannica, di conseguenza, nel 2005 aprì un’inchiesta, nota come Operazione Paget, per indagare sulle cause del famigerato incidente sotto il pont de l’Alma a Parigi.
A dare il via alle indagini fu anche la scoperta di un biglietto scritto dalla principessa nel 1995: «Mio marito sta pianificando un guasto ai freni nella mia automobile per causarmi un gravissimo trauma cranico», scriveva Diana ai tempi in cui era convinta che Carlo volesse disfarsi di lei per sposare non Camilla Parker Bowles, come si potrebbe immaginare, ma Tiggy Legge-Bourke, la baby sitter di William e Harry. Diana aveva lasciato il biglietto al suo maggiordomo Paul Burrel, a Kensington Palace, nel 1995. Burrel lo rese pubblico solo otto anni dopo, nel 2003.
Quando la polizia venne a sapere della nota – e considerando le precedenti accuse della famiglia di Dodi a proposito di un possibile omicidio – decise di aprire un’inchiesta. «L’unica cosa che avevamo contro Carlo», ha spiegato John Stevens al Daily Mail, «era l’inquietante messaggio di Diana, che di per sé non bastava a considerare il principe un sospetto. Avremmo potuto interrogare Carlo solo se lui avesse volontariamente deciso di collaborare con la polizia». E così fu.
Durante l’interrogatorio, avvenuto al St. James’s Palace il 5 dicembre 2005, Carlo spiegò di non avere la più pallida idea delle ragioni che avevano spinto Diana a scrivere quel messaggio: «Il principe fu incredibilmente collaborativo perché non aveva nulla da nascondere», ha detto Stevens. Quella nota fu dunque attribuita dalla polizia allo stato confusionale e paranoico della principessa: «Non abbiamo trovato altre prove a sostegno dello scenario suggerito nel messaggio di Diana», ha chiarito al Daily Mail l’ex capo di Scotland Yard che all’epoca non ritenne necessario portare avanti il caso.
L’interrogatorio di Carlo, previo accordo tra il commissario e la casa reale, fu tenuta in assoluta segretezza. Ne erano a conoscenza solo Michael Peat Stevens, all’epoca segretario privato del principe del Galles, e il suo investigatore capo, Dave Douglas. Terminato l’interrogatorio, Carlo firmò una dichiarazione che rimarrà secretata negli Archivi Nazionali di Londra fino al 2038.