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foto da Quotidiani locali
In settimana in Fvg circa 40 mila persone vulnerabili potranno prenotare la vaccinazione in farmacia o attraverso i call center. Si tratta di persone, non necessariamente anziane, che soffrono di particolari patologie. Pubblichiamo le storie di chi è affetto da malattie gravi e invalidanti e da mesi sta affrontando una situazione di incertezza in attesa di poter finalmente ricevere il vaccino.
MARTIGNACCO. Ci sono zone più rosse di altre. Sono quelle delle persone più fragili che, dentro le limitazioni date, si trovano costrette ad ulteriori misure di sopravvivenza. Patologie genetiche, autoimmuni o acquisite le rendono vulnerabili.
Benedetta De Cecco, ventottenne, è una di queste persone indifese. Affetta dalla nascita da amiotrofia muscolare spinale, una malattia genetica grave che incide sui muscoli e comporta una sostanziale perdita della forza fisica, vive da quasi 400 giorni chiusa in casa, a Martignacco, con i genitori, costretti alle sue stesse limitazioni per proteggerla, in attesa del vaccino.
Giorni fa ha rivolto un appello alla Regione, chiedendo il motivo del ritardo della vaccinazione rispetto a persone con la sua stessa malattia residenti in altre regioni. «Non ci sono dosi» è stata la risposta immediata giunta dalla segreteria regionale, che ha lasciato Benedetta perplessa: «Se in altre parti d’Italia le dosi ci sono, credo il problema sia dato dalle priorità».
Ha voglia di vivere, ma farlo è sempre più difficile. Laureata in Relazioni pubbliche con un master in sport business management, si occupa di comunicazione ed è capitana della Iop-Madracs, la squadra di hockey in carrozzina di Udine.
Non parla solo per sé Benedetta, che ha interrotto anche la terapia in piscina per i troppi rischi e la rigidità dei protocolli, ma a nome degli altri dieci compagni di squadra e di tutti i giovani disabili.
«Attendiamo di tornare alle attività lavorative, sportive, terapeutiche, non di fare l’aperitivo in centro». Il ruolo di Benedetta è “T-stick”, di protezione del portatore di palla.
Forse dovremmo diventare tutti “T-stick” dei più deboli, forse il segreto di questa partita contro il Covid sta nel fare un gioco di squadra, come l’hockey.
UDINE. Ivano Marchiol è un disabile motorio al cento per cento, costretto a muoversi su una sedia a rotelle. Ha 38 anni e anche lui, come molti altri udinesi nelle sue stesse condizioni, è in attesa di sapere quando potrà ricevere il vaccino contro il Covid.
«Da un anno ormai non esco di casa – racconta – ma per fortuna posso lavorare in smart working. Da troppo tempo si sente dire che i soggetti fragili saranno sottoposti alla vaccinazione, ma nei fatti, ancora nulla è successo».
La gran parte delle volte, accanto alle patologie più evidenti, come quelle motorie, i soggetti fragili si portano dietro anche complicanze di tipo respiratorio o cognitivo. Sono quindi ad alto rischio di contagio.
«Ogni giorno chiamo il Cup per sapere se si è sbloccata la situazione e se, finalmente, posso prenotare il vaccino – aggiunge Marchiol –. In queste settimane sono riuscito a prenotare la dose per mio nonno di 97 anni, che ha già fatto anche il richiamo, e per me nulla da fare. Purtroppo assistiamo a tanti buoni propositi ma a pochi fatti».
È amareggiato Marchiol, che si sente vittima di un’ingiustizia sociale: «Se posso permettermi di dare un consiglio, meglio sarebbe farle le cose e poi parlarne, anziché annunciarle con mesi di anticipo lasciando le persone in sospeso».
In altri casi, accanto alla rabbia, c’è la rassegnazione per essere stati messi da parte. Un sentimento comune a molti soggetti fragili, contro cui le famiglie devono combattere ogni giorno nonostante si parli da tempo di sbloccare la situazione con l’apertura delle prenotazioni.
«Capiamo che siamo nel bel mezzo di un’emergenza – conclude Marchiol – , ma la vita delle persone fragili è davvero difficile in questa fase».
AZZANO DECIMO. È più giusto vaccinare contro il Covid un paziente oncologico che ha meno di 50 anni o un operatore scolastico? È la domanda che Massimo Canton, in cura all’istituto tumori di Milano, rivolge all’Azienda sanitaria Friuli occidentale e alla Regione.
Canton, che abita ad Azzano Decimo e da sei mesi vive isolato da moglie e figlio, ha scelto Fb per rivolgersi alle istituzioni. Lo ha fatto dopo aver provato a mettersi in lista per il siero: riferisce di essersi sentito rispondere che non ci sono liste per persone fragili, ma che se fosse un bidello si potrebbe vaccinare.
«Non voglio che il mio sia considerato uno sfogo personale – chiarisce –, penso anche a chi non può vivere in isolamento. Non voglio animare polemiche, vorrei chiarimenti».
Su suggerimento del suo oncologo, Canton ha chiamato il numero di prenotazione. «La risposta è stata: “Attualmente non vacciniamo, non abbiamo una lista per persone fragili o con patologie a rischio e non sappiamo quando lo faremo’’.
Allora chiedo: “E se fossi un bidello invece di un malato oncologico? ’’. Con non poco imbarazzo, l’operatrice mi conferma che verrei vaccinato».
Canton osserva: «Ho meno di 50 anni, l’oncologo dice che posso fare qualsiasi vaccino: perché il Fvg non li prevede come in altre regioni e non ha un sistema di prenotazione? Vivo lontano da moglie e figlio da 6 mesi, un contagio comporterebbe l’interruzione della chemioterapia, che non verrebbe ripresa».
«Come me, molti malati oncologici under 60 che hanno affrontato operazioni e chemioterapie non si fanno di sicuro tante domande per un po’ di malessere. Cosa stiamo aspettando? Perché il Fvg è cosi indietro?».
E conclude: «Preferisco rimanere isolato altri sei mesi che togliere il vaccino a un 80enne che vive con la famiglia, ma mi chiedo: sarebbe meglio proteggere un malato a rischio (non solo quelli oncologici) o proporre il vaccino a una segretaria di una scuola che in questo periodo non vede mezzo bimbo e che magari posta le sue paranoie dicendo che i vaccini sono pericolosi? ».
UDINE. Il piano vaccinale sta mettendo in difficoltà tante famiglie con bambini o ragazzi autistici. «Purtroppo i nostri figli non sono stati considerati una categoria a rischio per questa pandemia – si sfoga una mamma di un diciassettenne autistico –. Ho tentato di chiamare il numero verde per fissare una prenotazione del vaccino, ma mi hanno rimandato al medico di base, il quale però, non sa darmi risposte né sulle modalità, ne sui tempi. Eppure stiamo parlando di una categoria non solo fragile, ma anche a rischio».
Le famiglie nella situazione di questa mamma, in Friuli, sono tante, e la stanchezza comincia ad affiorare. Poiché “gestire” una persona autistica, specialmente in un periodo di libertà limitate, è davvero complicato.
«Stiamo vivendo una “quarantena” di pena e di difficoltà – continua nella sua testimonianza la mamma del ragazzo –. Le famiglie sono totalmente abbandonate a se stesse. Se non facciamo da soli nessuno fa per noi. Lo Stato non pensa ai nostri figli e nemmeno a noi genitori».
La realtà di questi minori autistici è resa più complicata dalla mancanza di quella che fino a qualche mese fa era la loro quotidianità, e quindi la scuola e i compagni, le attività pomeridiane, le uscite con i famigliari e con i conoscenti.
«La nostra vita – conclude la mamma anche a nome di tante famiglie che si trovano nelle stesse difficilissime condizioni – si è trasformata in un isolamento totale. Prima uscivamo per andare al cinema o per bere un caffè, o semplicemente per fare un giro. Oggi invece siamo isolati da tutto e da tutti».
Una condizione che per le persone autistiche pesa molto di più rispetto a chi non soffre di tale patologia.
