Trevignano. Paolo Menoncello, 59 anni, ex imprenditore e agente di commercio, è stato arrestato due volte in quattro giorni per assalti a Poste e banca
TREVIGNANO. «Fino a poco tempo fa per uscire di casa indossavo giacca e cravatta, l’altro giorno mi sono ritrovato a provare un passamontagna. Guardavo l’uomo riflesso sullo specchio e mi chiedevo chi fosse. Ora per la legge sono un rapinatore, in realtà sono soltanto una persona disperata».
Paolo Menoncello, 59 anni, ex agente di commercio, ex amministratore delegato dell’azienda di famiglia, ex marito, padre di un figlio che vede pochissimo, tiene la testa tra le mani e non si dà pace. Arrestato due volte in sette giorni per aver tentato di rapinare prima un ufficio postale e poi la filiale di una banca. Che non sia il suo mestiere sembra assodato ma a questo punto ci è arrivato attraverso un percorso accidentato che nel 2020 trova un baratro. Prima economico e poi anche personale.
«Come si può vivere con 1.200 euro al mese, con la metà che se ne va in tasse, e poi l’affitto, le bollette. Mi sentivo all’angolo, non vedevo soluzioni. Ho comprato una pistola giocattolo e mi sono buttato».
Paolo Menoncello, partiamo dalla fine: le due rapine. Da un giorno all’altro si sveglia e si inventa di andare a rubare in banca?
«Ci pensavo ormai da qualche giorno, mi servivano soldi. Sono andato in un negozio e ho speso gli ultimi soldi che avevo in tasca per una pistola a salve: 80 euro mi è costata. Poi ho fatto le prove con la mascherina chirurgica e il berretto. Sentivo di potercela fare e ho provato».
Venerdì mattina ha colpito all’ufficio postale di Paese, martedì alla Volksbank di Quinto.
«Le Poste sono a circa quattro chilometri da casa mia. Ci sono andato con la mia macchina, una Volvo v40 station wagon, quella che usavo per fare il rappresentante. Quando sono entrato ho provato a fare il duro. Gridavo, chiedevo i soldi ma avevo più paura delle persone che stavano dietro le casse. Mi sono fatto dare il malloppo, sembrava fatta».
E invece cos’è successo?
«Le gambe mi tremavano, avevo il cuore a mille, ero impacciato. Appena sono uscito due persone mi sono saltate addosso e mi hanno fermato. Di lì a poco sono arrivati i carabinieri e mi hanno arrestato. In caserma ho spiegato loro la mia storia».
Le avevano concesso gli arresti domiciliari perché è incensurato. Perché ci ha riprovato?
«Io sono rimasto senza soldi. Come faccio a vivere? Quando una persona è disperata può arrivare a fare anche questo».
Anche in banca non è andata proprio bene, giusto?
«Sono entrato con il volto coperto, ho chiesto i soldi a una impiegata, la quale ha provato a spiegarmi che lì non c’era denaro. Mentre mi parlava è sbiancata, ha perso forza sulle gambe e si è seduta. Mi è dispiaciuto un sacco vederla così provata. Non me la sentivo di continuare e così sono uscito e me ne sono tornato a casa. Dopo poco sono arrivati i carabinieri».
Come si è svolta la sua carriera professionale?
«Ho fatto per tanti anni l’agente di commercio, poi a un certo punto ho rilevato l’azienda di mio padre, la Ctt (commerciale trevigiana Tuttauto srl). Sono stato amministratore per 14 anni. Quando l’ho presa in mano aveva debiti per 3 milioni di euro e la situazione non è migliorata. Nel 2004 siamo arrivati al fallimento. Così sono tornato a fare l’agente di commercio. Ho venduto asciugatrici, sono stato il responsabile di una filiale della Cravedi Spa, negli ultimi 10 anni ho venduto contratti per le utenze di luce e gas».
C’è stata una flessione del mercato anche in quel settore?
«Prima della pandemia guadagnavo più di 2 mila euro al mese, nel 2020 ho dimezzato i guadagni. Con la partita Iva è dura resistere. La gente non ha più soldi e non si fida più di nessuno. Con il porta a porta è dura. Niente contratti, niente soldi».
Le va di parlare della sua vita privata?
«Mi sono separato nel 2019 e mio figlio lo vedo pochissimo».
Ora c’è qualcuno che la sta aiutando?
«Due amici mi hanno detto che mi presteranno i soldi per l’affitto: pago 400 euro al mese. Per quel che ho fatto mi sto difendendo con l’avvocato d’ufficio. Spero di uscirne, in qualche modo».
Come si sente in questo momento?
«Ho paura, il futuro mi terrorizza. Ho paura di finire in galera ma mi spaventa ancora di più di restare senza un soldo in tasca e, magari, anche senza un lavoro».
C’è qualcosa che vorrebbe dire?
«Vorrei chiedere scusa a tutti, ai dipendenti delle Poste e della banca. Vorrei dire loro che non sono un rapinatore, sono soltanto una persona disperata che non vede più l’orizzonte». —
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