Marchesi: «Non stiamo andando per niente bene». Mazzi: «Archiviata l’opzione dell’ospedale da campo»
REGGIO EMILIA. «Ogni settimana il quadro relativo all’emergenza Covid peggiora e la pressione si sente». Con queste parole Cristina Marchesi, direttore generale Ausl Reggio Emilia, ha aperto la consueta conferenza stampa del venerdì relativa all’andamento della pandemia sul nostro territorio. «C’è un impatto forte su tutto quello che è il servizio sanitario, dall’attività di tracciamento a quella in ospedale fino al mantenimento della campagna vaccinale – ha continuato –. Stiamo costantemente tra i 250-300 casi al giorno. Quando in fase uno si è presentata questa situazione siamo saltati sulla sedia: oggi, purtroppo, non dico sia la nostra normalità, perché di normale non c’è nulla, però è il punto a cui siamo arrivati. Abbiamo notato che in questi ultimi giorni c’è stata una sorta di stabilizzazione su numeri comunque alti. Chi ci sta “di fianco” come Province, soprattutto ad est, sta andando anche peggio di noi a livello di casi e decessi, il timore però che questa ondata ci investa c’è. Tutto ciò ci fa pensare che probabilmente siamo in grado di gestire questo urto, a patto di continuare con le vaccinazioni».
Tra le timide buone notizie si possono sottolineare il rapporto tra focolai e casi sporadici e la percentuale di pazienti che presentano sintomi rispetto a quelli asintomatici. Nel primo caso l’Ausl ha riferito che nell’ultima settimana si sono evidenziate situazioni, grazie all’attività di tracciamento, in prevalenza riconducibili a focolai già noti, al contrario delle settimane precedenti dove i casi sporadici sembravano prevalere; attraverso il tracing si è anche capito che la percentuale di coloro che presentano sintomi è stata spesso sotto il 50%, permettendo in questo modo di aprire le quarantene in modo tempestivo».
«Ci tengo a ribadire – ha voluto chiarire la dottoressa Marchesi – che le modalità di fine isolamento sono cambiate e che vanno rispettate a fronte delle decisioni prese a livello regionale. Più giorni di quarantena e uscita solamente dopo aver effettuato un test molecolare con esito negativo». E ancora: «Non stiamo andando bene. Siamo da tempo ben oltre la soglia dei 250 casi per 100mila abitanti che delimita l’entrata in zona rossa. Vediamo cosa accadrà».
Dal punto di vista ospedaliero il quadro presenta una situazione decisamente importante.
«Siamo arrivati a una sovrasaturazione dei reparti Covid, con particolare riferimento alle terapie intensive e semi-intensive – ha dichiarato Giorgio Mazzi, direttore del presidio ospedaliero –. L’incidenza ad oggi è di 362 casi per ogni 100mila abitanti, un dato che è quasi triplicato da metà febbraio. Nonostante ciò il tasso di mortalità a Reggio Emilia è inferiore a quello regionale, così come da settembre il rapporto tra casi e decessi rimane tra i più bassi». Gli accessi giornalieri in pronto soccorso sono stati circa 300 in media, 45 dei quali sono Covid positivi, e la media di ricoveri al giorno per questa patologia si aggira sui 23. «Tutti i letti di terapia intensiva (30) giovedì erano occupati – ha spiegato Mazzi –. Nel momento stesso in cui ci si trova in questa situazione ovviamente la preoccupazione cresce ulteriormente. Nell’ultima settimana, l’occupazione delle terapie intensive è arrivata al 95%, dato che fa accendere una spia rossa perché vuol dire essere vicini alla saturazione, tenendo anche conto che in media un paziente vi rimane 22 giorni. Non sono possibili i trasferimenti viste le condizioni similari che presentano le altre province. Al momento si contano a Reggio Emilia 24 posti occupati su 26 e 4 su 4 a Guastalla. Ciò ha costretto la dirigenza a riconvertire tutto questo reparto dell’ospedale della Bassa in reparto Covid».
Preoccupante è anche l’aumento percentuale relativo all’occupazione dei posti letto nei reparti ordinari, dal 70% al 78% in una settimana. Le riconversioni negli ultimi giorni hanno riguardato tutta la Pneumologia del Santa Maria Nuova (32 letti), 20 letti in lungodegenza e il reparto di medicina di Scandiano. «L’attività chirurgica non urgente resta sospesa negli ospedali Covid, mentre alcune prestazioni vengono effettuate nelle altre strutture – ha concluso il dottor Mazzi –. Siamo alla continua ricerca di un corretto bilanciamento per evitare il collasso. Oggi rispetto a un anno fa stiamo lavorando su più fronti e alcune situazioni sono cambiate, come il divieto assoluto di circolazione. L’opzione dell’ospedale da campo al momento resta archiviata poiché destinata a pazienti che presentano un quadro clinico medio-basso, che riusciamo ancora a gestire con le riconversioni». —
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