PADOVA. È ufficiale. Il primo a scendere in campo per la sfida al rettorato è Fabrizio Dughiero, 57 anni, ordinario di Ingegneria industriale nonché prorettore al trasferimento tecnologico e ai rapporti con le imprese.
Professore, cosa l’ha portata a sciogliere la riserva?
«Nell’ultimo periodo ho dialogato a lungo con molti colleghi, ma soprattutto ho ascoltato. Abbiamo ragionato sulle idee e ho colto una voglia condivisa di mettersi in gioco e andare oltre le certezze consolidate».
Intende quindi portare un nuovo punto di vista?
«Credo che ci sia bisogno di guardare al futuro, partendo da un dato di fatto: la nostra ricerca è eccellente, la didattica e la terza missione lo sono altrettanto. Tuttavia ritengo che, specialmente in questo momento, sia importante definire una nuova missione per l’Ateneo che io amo chiamare “quarta missione”: nei prossimi anni l’Università dovrà porsi come guida e punto di riferimento anche per lo sviluppo del territorio. È venuto il momento di dire: ci siamo, contate su di noi. Nei prossimi anni ci saranno tante risorse a disposizione, pensiamo soltanto al Next Generation Eu. E noi dobbiamo cogliere appieno l’occasione e renderci protagonisti e attrattivi. È il momento di investire: è cambiato lo scenario e dobbiamo farlo anche noi».
Qual è il ruolo dell’Università nel rilancio della città?
«Dobbiamo essere uno dei punti di riferimento cui guardano gli studenti di tutto il mondo, attrattivi per i ricercatori e ospitali per le istituzioni e le imprese. E dobbiamo cogliere le tantissime opportunità che si stanno creando nell’ambito della ricerca che non può più essere considerata solo di carattere disciplinare. Penso alla creazione di “contenitori” di più discipline che si debbano riferire ai grandi temi citati in molti dei documenti di visione e programmazione per i prossimi anni".
"Quantum computing, salute, sostenibilità ambientale, valorizzazione del patrimonio artistico e culturale, inclusione sociale, intelligenza artificiale, sono solo alcuni esempi. La realizzazione del nuovo polo ospedaliero di San Lazzaro insieme alla riorganizzazione e ristrutturazione del polo Giustinianeo rappresentano per l’Università l’occasione per un rinnovamento delle modalità e delle dinamiche di erogazione dei servizi sanitari e della ricerca biomedica, attraverso la creazione di un grande ospedale universitario e di una struttura di ricerca biomedica riferimento internazionale".
"Qui devono trovare pieno sviluppo le più moderne innovazioni e soluzioni, dal punto di vista dei servizi sanitari, della ricerca, ma anche tecnologico, informatico, architettonico, edilizio, impiantistico. Questa è la strada: dare vita a centri di ricerca tematici in grado di attrarre i grandi player istituzionali e privati».
Quale crede che potrebbe essere la sua impronta se diventasse rettore?
«Questa è già un’Università eccellente, lo sottolineo con orgoglio. Vorrei accelerare un processo già in atto, ovvero allargare le prospettive del piano della ricerca liberandolo dai vincoli delle discipline e allargandolo ai temi fondamentali di sviluppo dei prossimi decenni".
"Digitale, ambiente e sostenibilità, inclusione sociale, competenze linguistiche, “allenamento” alla creatività e sviluppo dell’imprenditorialità sono temi trasversali a tutte le discipline. Pensiamo a come si sta sviluppando il tema del “food science” che coinvolge tradizione, ambiente, salute, contesti politici, economici e culturali, agronomia e tecnologia".
"Anche la didattica del futuro dovrà essere inter e multi disciplinare, non più solo travaso di conoscenza ma anche acquisizione di competenze e soprattutto esperienza relazionale. Bisogna creare occasioni di contaminazione vera tra saperi: non dovrebbe essere strano se a ingegneria si insegnasse anche filosofia della scienza. Padova è una grande città, effervescente, che ha trovato un’armonia tra le istituzioni e che va valorizzata al massimo per renderla luogo di attrazione di talenti. In questo la nostra Università deve ritagliarsi un ruolo da leader».
Sta proponendo un piano di rinascita in occasione degli Ottocento anni dell’Ateneo?
«Diciamo piuttosto che vorrei che questo momento così importante non fosse vissuto come un punto di arrivo, quanto piuttosto come un vero e proprio punto di partenza. Fermo restando che la didattica in presenza è irrinunciabile dal momento che concede a docenti e studenti un’esperienza unica difficilmente replicabile, possiamo cominciare a progettare e sperimentare strumenti che migliorino la didattica a distanza, penso ad esempio alle enormi opportunità offerte dalla formazione continua e alla possibilità di raggiungere le persone ovunque si trovino nel mondo".
"La didattica online ci ha aperto una finestra ma, per sfruttarne adeguatamente le potenzialità, supporti tecnologici, strumenti e formazione ad hoc diventano fondamentali. Dobbiamo stare al passo delle generazioni sempre più aggiornate, essere aperti e trasmettere a fondo l’idea che la tecnologia è una grande opportunità, senza snaturarci o cadere in forzature".
"Il mondo è cambiato e anche l’Università va vista in modo diverso: la pandemia ha accelerato l’utilizzo delle tecnologie e ora dobbiamo sfruttarle per raggiungere luoghi altrimenti difficili: il prossimo Einstein potrebbe venire dall’altra parte del mondo ed essersi formato nel nostro Ateneo".
"Questo non significa affatto azzerare la parte umana, relazionale e sociale dell’Università, anzi è una grande occasione per ripensarla e goderla fino in fondo. A riguardo ho una proposta concreta per gli 800 anni: vorrei lanciare un Hackathon tra i nostri studenti per capire come loro vedono l’Ateneo nei prossimi 20-30 anni e per coinvolgerli concretamente nel processo di innovazione».
Come si inserisce in questa visione il progetto di Soft City?
«È un obiettivo importante che mira alla creazione di un boulevard dell’innovazione che si sviluppi dalla stazione al polo della salute. Tuttavia credo che la vera sfida sul fronte dell’innovazione si giochi non tanto sui luoghi quanto sulla contaminazione dei saperi".
"Il luogo deve essere soprattutto occasione di incontro, di conversazione. Il mondo del futuro sarà basato soprattutto sulla creatività: il mio obiettivo è quello di pensare non tanto alle “Stem” che sono di sicuro fondamentali nel mondo del futuro, ma allo “Steam”, avvicinando scienza e tecnologia al mondo delle scienze umanistiche, sociali e all’arte. Una delle sfide dei prossimi anni sarà quella di aumentare l’attrattività delle donne verso le Stem, e dar loro paritarie opportunità di carriera. Ma perché questo avvenga servono servizi mirati, un contributo importante nel welfare».
Ha introdotto il tema di genere. Sembra che le sue rivali per la carica di rettore saranno due donne.
«Mi spiacerebbe che la scelta alle urne fosse guidata dalla questione di genere che è un tema assai rilevante, ma che va affrontato con azioni concrete».
Che sfida si aspetta?
«Basata su un confronto di idee, non su uno scontro e finalizzata a migliorare quanto di buono stiamo facendo e ad arricchire il confronto». —
