L’isolamento forzato dovuto al Covid ha portato solitudine e paura. Due ospiti della rsa di Mel raccontano un anno di pandemia
I racconti. Quando una presenza diventa forza che si trasforma in vita. È questo il senso delle storie di Emma e Maria, due anziane ospiti della casa di riposo di Mel. Persone forti, che hanno superato il Covid, l’isolamento, il silenzio e la paura che questo virus porta con sè, grazie al profondo affetto dei loro familiari.
Emma e lo smartphone
Emma, 84 anni, è una donna in gamba, dotata di un carattere forte e tenace. All’inizio di marzo, quando il virus inizia a colpire duro, Emma reagisce, mostrando la sua caparbietà. «Volevo rendermi utile, non potevo restare senza far niente», ci racconta con grande entusiasmo.
«E così mi sono impegnata, piegando i tovaglioli o svolgendo dei lavoretti per dare un aspetto più vivace alla struttura. Nei momenti liberi mi sono dedicata ai miei hobby», dice.
Si, perché Emma è una signora piena di interessi, che non smette mai di coltivare: dalla lettura al lavoro a maglia. «Ogni tanto sbirciavo dalla porta della camera per poter salutare le mie amiche. In quei giorni eravamo tutti confinati nelle nostre stanze, non si poteva uscire per evitare contagi», spiega. Poi, pian piano, anche nella rsa l’epidemia passa e così gli ospiti iniziano a riconquistare la normalità e con essa un po’ di libertà.
In estate riprendono le visite con i parenti all’esterno della struttura. «Non sono mai stata molto espansiva», continua la 84enne. Dietro di lei le operatrici raccontano come «i suoi occhi brillavano di gioia e si scioglievano d’amore ogni volta che vedeva le figlie e l’adorata nipotina».
Con l’estate, ecco la seconda ondata della pandemia, il Coronavirus fa la sua ricomparsa, togliendo nuovamente la libertà di movimento alle ospiti della struttura zumellese. La casa di riposo di Mel, però, decide di mantenere gli incontri con i parenti tramite una vetrata. Ma questo ad Emma non basta. «Il vetro non mi piaceva, così ho deciso di fare a modo mio».
Indossata una giacca, apre la finestra della sua stanza: di fronte a lei, a tre metri di distanza, ecco le figlie e l’adorata nipotina: «È stato come rinascere. Poi mi hanno regalato un cellulare e con le operatrici ho imparato a usare Whatsapp per fare le videochiamate. Mi si è aperto un mondo: ho capito che, tramite quello strano apparecchio, potevo aprire ogni volta che volevo la finestra del mio cuore e raggiungere i miei familiari. È stato bellissimo ed emozionante», conclude felice.
Maria
Maria è una nonna di 94 anni, la sua vita non è stata facile. Nata in montagna, mentre sua mamma pascola le mucche, Maria dà una mano in casa facendo la contadina, lavoro che ha sempre svolto nella sua vita. Entrata nel centro servizi zumellese, all’inizio trascorreva le sue giornate con i figli che ogni giorno si ritagliavano del tempo per starle accanto. Poi il Covid cambia le carte in tavola. La rsa deve chiudere le porte e per nonna Maria inizia un periodo buio, di tristezza, malinconia e apatia.
I figli si danno subito da fare per raggiungerla con le videochiamate, Ma Maria si debilita, fino a quando non arriva l’esito positivo al tampone. Febbre, stanchezza e mal di testa prendono il sopravvento nella sua vita. Ma i figli non mollano e ogni giorno chiamano la loro mamma per incoraggiarla. Maria supera anche il virus, ma questo non l’aiuta a ritrovare la voglia di vivere. Ai figli che la chiamano, Maria chiede sempre: «Quando paseo a catarme?».
Poi finalmente arriva il giorno in cui sono concesse le visite a distanza. Maria può finalmente rivedere i suoi figli. Parlano per un’ora, senza mai fermarsi: è come se non si vedessero da anni. E allora capita il miracolo: Maria diventa più allegra e torna a mangiare. E ora l’isolamento non le fa più paura «perchè i miei figli li potrò sempre vedere», ci dice. —
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